Era il 1990.

Era la Sampdoria dei miracoli quella che, un anno dopo, avrebbe vinto lo scudetto, il primo, e per ora l'unico della sua storia.

Era la Sampdoria dei gemelli del goal, Vialli e Mancini.

Era un calcio che non esiste più.

Per un calcio che non esiste più non intendo solo quello giocato o l’aspetto, ad esempio, dell'attaccamento alla maglia inesistente che tanto rimproveriamo ai giocatori di adesso.

Ci sono episodi che adesso non ci è più consentito vivere.

Per raccontare questa storia del 1990 bisogna partire da un po’ prima. Esattamente dal 1979 quando un giovane tifoso sampdoriano, Claudio Bosotin, fondatore e capo del gruppo “Ultras Tito Cucchiaroni” rimanendo senza lavoro decise di provare a mandare una lettera al presidente della squadra da lui sostenuta, l’indimenticato Paolo Mantovani, il quale, già il giorno dopo lo mise in prova a fare il magazziniere della squadra blucerchiata.

Ecco basterebbe questo per decretare che, certe cose, certe storie nel calcio moderno non si sentono più, almeno in serie A, ma questa storia va avanti e diventa ancora più straordinaria.

9 Maggio 1990, trentesima finale di Coppa delle Coppe UEFA, Goteborg. Sampdoria Anderlecht. Quella partita, chi l’ha vissuta non se la scorderà più. La Sampdoria di un altro indimenticato del calcio italiano, l’allenatore Vujadin Boskov vince per due a zero ai tempi supplementari, entrambe le reti segnate da un altro che rimarrà per sempre nei cuori dei tifosi della squadra del pescatore, il capocannoniere del torneo, Gianluca Vialli.

Bostin era lì con loro e, durante il viaggio di ritorno in aereo, rimirando la coppa disse al suo collega Massimo Rossi «Peccato che mia madre è malata. Fosse qui ora, vedendola, sverrebbe dalla gioia!», non si era accorto che, alle sue spalle lo aveva ascoltato pronunciare questa frase Mantovani.

All’arrivo il segretario, Traverso, chiese a Paolo Mantovani se dovevano portare la coppa in sede e lui rispose «No. La porta a casa Bosotin, così la fa vedere a sua madre.» un poliziotto chiese al presidente se doveva essere scortata, Bosotin, naturalmente incredulo e senza parole non disse niente, ed Enrico Mantovani rispose «Boso non ha bisogno della scorta.»

E fu così che la Coppa delle Coppe rimase in casa della signora Eleonora per due giorni e fu così che molti tifosi facevano su e giù per la casa che aveva dato i natali al magazziniere della loro squadra per poter vedere il simbolo oggettivo di quello che, ai loro occhi, era un miracolo calcistico.