Non abbiamo un centravanti, il nostro centravanti è lo spazio”

Josep Guardiola

La suggestiva frase - quasi poetica - che coglie appieno lo spirito guardiolista, ci racconta di come il calcio sia profondamente cambiato nell'ultima decade. Da un gioco di ruolo questo sport si è man mano evoluto verso un gioco di posizione. L'azione, sia offensiva che difensiva, dall'essere incentrata prevalentemente sulla percezione dell'avversario, si è andata ridefinendo attorno alla coscienza di una coordinata fondamentale: lo spazio appunto. La fisica - il controllo dei corpi, quello dei giocatori e quello del pallone, la potenza, la velocità, ecc. - non basta più, da sola, a spiegare le dinamiche sul campo da gioco e la scienza regina del calcio è diventata sempre più la geometria: le linee di passaggio, i poligoni disegnati sul terreno dalle posizioni dei giocatori e dei fraseggi, in particolare triangoli e quadrilateri.

Ogni giocatore in possesso del pallone ha a disposizione più alternative e diventa fondamentale il compagno che si muove tra le linee, occupando le zone lasciate vuote dagli avversari che si affannano a pressare il portatore di palla, o che si concentrano tutti in una determinata zona del campo, o su determinati giocatori lasciandone altri liberi. In fondo il calcio moderno è un po' come una partita a scacchi a velocità supersonica; il raddoppio su una pedina ne lascia immediatamente scoperte altre, il rinforzo di una zona ne indebolisce un'altra, e questo crea potenzialmente un vantaggio per gli avversari che dovranno cercare, in pochissimi istanti, di approfittarne. Uno scacchista ha tutto il tempo per riflettere su quale debba essere la mossa migliore, i calciatori e gli allenatori no, quindi tutto deve essere previsto e predisposto in anticipo e applicato attraverso degli automatismi o dei canovacci: movimenti prestabiliti e allenati miriadi di volte che scattano al momento giusto in un tempo brevissimo. La squadra migliore è quella che ha meglio predisposto questi movimenti standard e li ha meglio integrati e adattati alle caratteristiche individuali dei giocatori. Diventa perciò fondamentale il dominio del campo: il gioco, anche quello difensivo, deve essere proiettato verso l'azione offensiva, non deve limitarsi a reagire alle manovre degli avversari ma, al contrario, fare in modo che questi siano costretti a reagire alle proprie, nei modi che si desiderano.

Nel gioco posizionale i ruoli sono andati sempre più sfumandosi. Non più compartimentazioni rigide e nette ma assegnazioni mutevoli e aperte: al difensore non basta più marcare e anticipare gli attaccanti, ma egli deve anche possedere buona tecnica e saper impostare l'azione da dietro (si prendano ad esempio Virgil Van Dijk nel Liverpool e Matthijs De Ligt nell'Ajax prototipi del difensore moderno, gli olandesi come al solito fanno scuola!). Il centrocampista non è più semplicemente “colui che passa il pallone”, ma all'occorrenza diventa un attaccante aggiunto o un marcatore; l'esterno o il terzino non può limitarsi a battere la fascia su e giù, ma deve accentrarsi e a volte scambiarsi con i centrali; l'attaccante non sta fermo piazzato in area in attesa di ricevere l'imbeccata giusta, bensì torna indietro a giocare la palla, libera spazi per gli inserimenti dei centrocampisti o degli esterni. Persino il portiere, il ruolo meglio definito del calcio, non è addetto semplicemente alla protezione della porta, ma partecipa al possesso e offre un appoggio ai difensori in fase di costruzione dell'azione. La tecnica è più importante del fisico, la rapidità dei movimenti prevale sulla potenza, il polimorfismo e la malleabilità dei giocatori si fa preferire alla specializzazione. Il calciatore moderno non può dedicarsi a un unico compito e non può esimersi dallo svolgere differenti operazioni che richiedono diverse abilità.

E così il ruolo dell'attaccante è profondamente mutato. Il classico bomber d'area di rigore, che staziona nei pressi della porta e ha sostanzialmente un unico compito, far gol, è sempre più in via di estinzione nel calcio moderno. È interessante notare come spesso si senta pronunciare questa frase: "Alla squadra manca un numero 9". E la ragione di ciò è facile da intuire alla luce di quanto si è detto: il numero 9 non esiste più, per come lo si intendeva fino a 10-15-20 anni fa. Ma questo vuol dire anche che in effetti la presunta necessità di questa figura è in realtà un bisogno fittizio, un tentativo di sopperire a una mancanza del gioco con una soluzione datata. Se Mauro Icardi avesse vissuto alla fine degli anni '90, avrebbe probabilmente riscosso molto successo. Era quella l'epoca degli Inzaghi, dei Vieri, dei Trezeguet. Icardi è l'ultimo esemplare di questa specie. Coloro che lo esaltano hanno probabilmente ancora in mente le gesta di quei goleador di un'altra era. La quintessenza di questa figura è stato senza dubbio Filippo Inzaghi. Egli si era specializzato in una particolare mossa che ne aveva fatto la fortuna: lo scatto al limite del fuorigioco. Abilissimo nello sfruttare la più piccola defezione nell'allineamento della difesa avversaria, si ritrovava spesso solo davanti al portiere. E in ciò era senza dubbio il migliore al mondo, forse di tutti i tempi. Ma, parliamoci chiaro, Inzaghi non era un grande calciatore (nel senso letterale della parola, cioè colui che calcia il pallone) tecnicamente mediocre, non possedeva un gran tiro e non era particolarmente forte di testa, non sapeva dribblare, non sapeva passare... Insomma, può sembrare assurdo, ma per molti versi Inzaghi non era un giocatore da squadra di vertice; eppure per quell'unica capacità - perfezionata a un grado estremo ed eseguita con perizia unica - di scegliere il tempo giusto in cui correre verso la porta, è diventato una pedina essenziale per molte squadre. Era ciò che il calcio allora richiedeva.

Icardi non è a quel livello, intendiamoci, è un calciatore migliore di Inzaghi, pur senza eccellere. Però anch'egli si inscrive in quella generazione lì; ma, purtroppo per lui, è fuori tempo massimo. Pare che la Juve, stando a quello che si dice, sarebbe interessata all'argentino. Alcuni sostengono che ne avrebbe persino bisogno. Ci si sente orfani del centravanti puro. Ma come si concilierebbe un Icardi con la Juve che verrà? Se l'allenatore sarà uno tra Sarri e Guardiola, che hanno un modo molto simile di intendere il calcio, quale potrebbe mai essere la collocazione di Icardi? Se si guarda agli attaccanti di cui disponevano i due allenatori, nessuno assomiglia lontanamente al giocatore dell'Inter. Higuain non è solo un finalizzatore, gioca coi compagni, è abile nel dribbling, partecipa alla costruzione dell'azione. Di Guardiola inutile anche parlarne, che si tratti di Messi, David Villa o Eto'o. Che cosa se ne farebbero di uno come Icardi? E soprattutto, la Juve ne ha davvero così bisogno? I bianconeri hanno già due finalizzatori formidabili, uno è Ronaldo e l'altro è Dybala, sebbene Allegri abbia tentato con scarsi risultati di trasformare quest'ultimo in un centrocampista. Ma, a differenza di Icardi, possiedono innumerevoli altre qualità, come il passaggio, il tiro da lontano, la capacità di saltare l'uomo. Dybala sarebbe perfetto nel gioco di Sarri, ma anche con Guardiola, con la sua caratteristica di rientrare sul sinistro e tirare, fintare o servire il compagno. Sono uomini che creano superiorità e oggi il calcio si basa su questo.

Di tanto in tanto ci si vuole illudere che Icardi migliori e partecipi più all'azione, ma la verità è che prova a farlo per un po' per poi tornare alle vecchie abitudini subito dopo, perché quelle sono le sue caratteristiche. Ma, per questa ragione, non sarà mai un attaccante di livello europeo. Per capire la differenza basta confrontarlo con i principali centravanti in circolazione. Consideriamo ad esempio tre giocatori dei principali campionati oltre l'Italia: Harry Kane del Tottenham, Luis Suarez del Barcellona e Robert Lewandowski del Bayern Monaco. Nella stagione appena trascorsa Icardi ha totalizzato 14,3 passaggi a partita, quasi tutti corti. Kane ha ottenuto una media decisamente più alta, con 19,6 passaggi per ogni gara. La media sale invece notevolmente con Suarez, 29,6, il dato migliore dei quattro, ma anche Lewandowski non si allontana molto da questa cifra, attestandosi a 21,4. Osserviamo ora un altro dato interessante, quello sui dribbling. Anche qui il dato più alto è quello di Suarez, con 2,8 dribbling tentati di cui 1,1 riusciti, seguìto a distanza ravvicinata da Kane con 2,5 tentati e 1,2 riusciti, mentre il più efficace risulta Lewandowski con 1,3 riusciti su 2 totali a partita. Icardi è di molto staccato: solo 0,6 tentati di cui la metà riusciti. Se invece confrontiamo il dato sui gol il rendimento dell'argentino migliora sensibilmente e si avvicina a quello dei suoi colleghi: 0,4 (Suarez 0,5, Kane e Lewandowski 0,6).

C'è sicuramente da considerare il calo di rendimento di quest'anno dell'attaccante dell'Inter dovuto anche a vicende extra-calcistiche. Se infatti osserviamo le statistiche dell'anno precedente troviamo che è praticamente identico a quello di Kane per quanto riguarda la fase realizzativa, ossia 0,8 reti a partita. La media invece torna a essere nettamente inferiore nelle altre voci. Insomma, ciò che emerge è che se Icardi regge ancora il confronto per quanto riguarda la finalizzazione, fa decisamente fatica nella costruzione, nel saltare l'uomo e nel partecipare alla manovra, qualità che nel calcio contemporaneo dovrebbero appartenere ad ogni attaccante. Del resto non si può ignorare come la sua percentuale realizzativa sia altresì condizionata dalla sua quasi totale assenza dal gioco: un attaccante che torna meno ad aiutare lo sviluppo dell'azione si affatica di meno e di conseguenza riesce ad essere più lucido sotto porta. Il numero 9 interista, d'altra parte, per quanto utile in area per concludere l'azione, ha una conseguenza negativa sulla manovra della squadra. Egli infatti tende a monopolizzazione lo sviluppo dell'azione offensiva, che si concentra unicamente su di lui, con un effetto a imbuto. La sua presenza in area catalizza tutti i palloni giocati ed esclude ogni altra soluzione alternativa. Ciò lo si nota in particolare nell'Inter dell'anno scorso, dove tutto il gioco tende a svilupparsi dalle fasce verso il centro dell'area, con Icardi che diventa l'unico finalizzatore. Una simile situazione crea problemi non secondari in una squadra, poiché ciò che è richiesto per sfuggire al pressing avversario e per superare le linee difensive è proprio la varietà di alternative.

L'eventualità dell'acquisto di Icardi, dunque, appare anacronistico, soprattutto qualora dovesse essere seguito dalla cessione di Dybala. Il numero 10 infatti è un attaccante moderno che si adatterebbe ottimamente a un calcio posizionale, sfruttando la sua qualità tecnica per i passaggi chiave e per la finalizzazione. Per caratteristiche è un giocatore pressoché unico nel panorama mondiale, se si escludono Messi e, in secondo piano, Neymar. La Joya ha le doti di un trequartista offensivo, ma possiede allo stesso tempo una abilità realizzativa superiore alla media del suo ruolo. Agli inizi della sua carriera è stato impiegato come punta e potrebbe giocare come falso nove, supportato da Ronaldo e Douglas Costa. Ma anche qualora non si volesse ricorrere Dybala esistono altre valide possibilità: innanzitutto l'impiego di Kean. Il giovane di origine ivoriana ha dimostrato una potenziale maggiore attitudine al calcio moderno rispetto all'interista. La sua velocità e la sua tecnica di buon livello lo rendono adatto sia al gioco in profondità, nello scatto verso la porta avversaria, che al dialogo e nel fraseggio, così come alle percussioni laterali. Ma se non ci si fidasse della precoce età del giocatore (per l'inveterata abitudine tutta italiana di dover “aspettare” prima di lanciare i giovani) gioverebbe ricordare che la Juve è ancora proprietaria del cartellino di Higuain le cui doti e la cui adattabilità a un gioco posizionale votato all'attacco non crediamo siano in discussione.

Qualora, invece, si intendesse intervenire sul mercato, si possono trovare alternative decisamente più adatte rispetto a Icardi a un prezzo nettamente più conveniente. Una di queste fa parte del recente passato della Juventus: ci riferiamo ad Alvaro Morata. Il giocatore, che ha dimostrato un particolare feeling con la Champions League quando vestiva la maglia bianconera, è completo sotto tutti gli aspetti e sarebbe un utile apporto sia allo sviluppo dell'azione, contribuendo a creare superiorità, sia alla finalizzazione. Concludendo, Icardi è un giocatore poco adatto a una squadra come la Juve per la sua scarsa propensione al gioco di squadra; sarebbe pertanto un onere non indifferente dal punto di vista economico cui non farebbe riscontro un rilevante miglioramento della fase offensiva. Non è, infatti, dalla quantità di attaccanti e di finalizzatori schierati in campo che essa dipende, bensì dalla capacità corale di creare spazi tra le linee avversarie. Basti ricordare, a tal proposito, la formazione della Spagna campione d'Europa nel 2012, che giocava addirittura priva di attaccanti e con sei centrocampisti. Senza arrivare a questi estremi, l'attacco della Juve è già completo così com'è, ma anche nel caso in cui si volesse tentare di perfezionarlo esistono vie differenti e decisamente meno dispendiose.