Era passato da poco il ventiseiesimo compleanno di Mauro Icardi quando, a metà febbraio, cominciò una, se non la più ostica, battaglia psicologica mai combattuta prima dall'Inter verso il, ormai ex, capitano della squadra, considerato sino a quel momento una vera e propria bandiera.
Quel vessillo ora Icardi lo sta inseguendo come pena di contrappasso, impostagli dal Caronte di turno: Beppe Marotta! E come un ignavo l'argentino continua a non rilasciare dichiarazioni, se non filtrate attraverso il suo entourage, si ostina a non voler perdere questa battaglia contro la squadra che dice di amare: Milano è divenuto il centro della sua vita familiare e lavorativa (nonché scenario di ricchi sponsor) e da qui non intende muoversi.
Legittimamente, però, i tifosi interisti, che tanto lo hanno sostenuto ed elogiato per anni, si pongono delle domande più che legittime, quali "hai lasciato la tua squadra nel momento più difficile della stagione?", "volevi fare la storia di questa società chiedendo un lauto aumento ogni anno?" o, quella peggiore, "ami l'Inter, ma andresti solo alla Juventus?"; ed è proprio quest'ultimo quesito che fa si che il popolo nerazzurro si interroghi sull'onestà di Icardi: un amore che sa di amaro.