L'apparenza se non inganna comunque puo' farlo. Le recenti polemiche dichiarazioni di Ibrahimovich sono state unanimemente interpretate come un addio al Milan e quindi al calcio che conta.
Secondo me qui sta il nocciolo della questione, perchè per valutare correttamente il suo pensiero dobbiamo sforzarci di guardare la situazione dal suo punto di vista. Il fuoriclasse svedese ha sempre manifestato il suo particolare affetto per il Milan, già messo a dura prova dal "tradimento" perpetrato ai suoi danni 10 anni fa da Adriano Galliani, che - certamente costretto dall'alto a rimangiarsi la parola sulla sua conferma-  lo cedette al PSG, quando Ibra avrebbe desiderato restare e diventare un simbolo del club rossonero.
Ce n'è voluto perchè gli passassero rabbia e delusione e tornare a stringere la mano al dirigente rossonero; dopo poco a seguito delle successive vicende del club meneghino, convinto che i vari fallimenti societari e tecnici, non avessero avuto ripercussione alcuna sullo "stile" sull'"etica" e sulla peculiare capacità organizzativa del club, consolidatasi nel periodo Berlusconiano.
Quando - all'indomani di un KO memorabile come quello subito a Bergamo - cappello in mano Boban e Maldini disperati si presentano al suo cospetto, in rappresentanza degli alti vertici disposti per lui a smentire il loro iniziale progetto anti-campioni a fine carriera, Ibra è lusingato, onorato, affascinato da ciò che gli viene proposto. Il suo compito è doppio, dentro e fuori dal campo deve insegnare alla squadra a vincere; deve far lievitare il rendimento dei giovani compagni; deve trasferire la rabbia e la determinazione di perseguire il massimo risultato cui si puo' arrivare solo con la cultura del lavoro e del sacrificio.
Chiunque a 18 mesi dal dover chiudere la carriera, già con le tasche piene di soldi e con allettanti proposte a latere americane e cinesi, chiunque avrebbe opposto un fermo rifiuto. Lui no, ama le sfide e ama il Milan, non puo' scappare ora che finalmente hanno bisogno di lui; questa stagione è tra l'altro ormai compromessa per lottare ai massimi obiettivi, quindi nella sua testa Ibra ne fa la stagione preparatoria alla successiva, quando attraverso il suo operato si perseguiranno gli obiettivi cui il rango del Milan deve competere
Con Maldini e Boban chiede quindi soltanto una opzione per la stagione successiva, previa verifica dell'effettivo salto di qualit della squadra successivamente alla sua venuta. Le due ex bandiere sono felici, ottengono il si' del calciatore e confermano l'accettazione delle condizioni richieste. Nel mese di aprile gli garantiscono che si tratterà con lui per la eventuale conferma nel 2020/21.

Nei mesi seguenti succede di tutto: la guerra Boban/Gazidis, il licenziamento del primo, le voci e le prime dichiarazioni di Rangnick, la frizione tra questi e Maldini o viceversa che dir si voglia, le dichiarazioni di Gazidis, il malcontento dei compagni in scadenza, l'alternanza di risultati che determinano una classifica ultra-deludente. Ibra capisce che "questo" non è neppure lontano parente del Milan che lui fu costretto a lasciare...
Infine, improvviso ma letale e subdolo, il COVID 19 che ferma il calcio, l'Italia, l'Europa...

Ibra ha fatto tanti sacrifici per dire sì a Maldini e Boban: ha scelto di non portare in Italia la famiglia e chi ha figli sa cosa significa vivere lontano da loro; ha dovuto affrontare una nuova seria preparazione fisica che è costata lacrime e sangue al suo fisico ormai abituato alla MLS. E' il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene agli allenamenti: lo dicono i compagni. In campo si fa sentire, ma è persino commovente quello che mette fuori dal campo: un motivatore unico.

Ora TUTTO E' BLOCCATO FERMO; in Italia addirittura si critica chi fa footing all'aperto, oppure negli scantinati, nei cortili, nelle aree sotterranee di box auto.
Lui non può buttare all'aria tutti i sacrifici cha ha fatto: dalla Svezia lo avvisono che le norme anti-coronavirus sono più permissive; inoltre puo' vivere in famiglia, riabbracciare moglie e figli in un periodo socialmente critico. Parte col permesso del club: chi non lo avrebbe fatto? Eppure i media non gradiscono e lo massacrano di critiche gratuite. Quando finalmente la crisi sanitaria in Italia si ammorbidisce e il calcio programma la ripresa, LUI torna subito, allenato e tirato più di tutti, ma non puo' allenarsi in gruppo: allora sceglie la clausura di Milanello, vive in solitudine da eremita perchè deve farsi trovare pronto alla ripresa agonistica.
In quelle ore ha modo di pensare e non capisce perchè nessuno in Società gli dica niente! Boban se n'è andato sbattendo la porta, Maldini ora si fa vedere raramente il futuro di Paolo è incerto e in questa situazione quali rassicurazioni potrebbe dare a Ibra?
Lo svedese non aveva altra voglia che quella di restare e completare la sua missione: riportare in alto la squadra; i suoi dubbi diventano rabbia che esplode quando si trova davanti Gazidis; chi se ne importa se l'occasione non è quella più opportuna: Ibra arrabbiato non guarda la forma, non guarda l'interlocutore, non guarda nulla; non sa essere politico, non sa contare fino a 10.
Gazidis non se lo aspettava, è spiazzato; ammette qualche colpa, fornisce vaghe promesse di una maggiore frequentazione della squadra, ma non è questo che interessa a Ibra, non è ciò che lo rode, non è quello che vuole sentirsi dire. Forse spera che la sua insubordinazione provochi quella chiamata e quel chiarimento che lui per primo auspica; soprattutto che si possa parlare del suo futuro, del suo commiato non al Milan ma al calcio, alla pletora di estimatori in tutto il mondo.
Vuole rispetto e pretende gratitudine: rispetto per sé, per la famiglia che deve pianificare e organizzare il proprio futuro; gratitudine perchè l'aria è cambiata a Milanello e il Milan si sta rialzando. La conferma della riuscita del suo impegno la danno i risultati ottenuti dalla squadra post interruzione COVID. Il Milan fa tremare la Juve in 10 contro 11 in Coppa Italia, travolge il Lecce, e e batte la Roma. Ma Ibra non viene chiamato a parlare del suo futuro, viene ancora del tutto ignorato, ma questo lo puoi fare con tutti, non con Lui.

Si torna ad affrontare la Juve, questa volta vale per i campionato e i bianconeri ci arrivano da super primi ad un passo dallo scudetto: la squadra e Ibra fanno l'impresa nell'impresa: rimontano due gol, ne segnano quattro, allontanano lo scudetto juventino, segnano gol come non facevano da tempo in generale e alla Juve in particolare; soprattutto marciano come dovessero vincere lo scudetto.
E' nato un gruppo coeso, forte, determinato attorno al loro Leader indiscusso: Gazidis dove sei? Guarda che Milan, guarda che lavoro ho fatto: Ibra non solo lo pensa, lo dice e lo ripete ai giornali, in tv, alla radio e ovunque gli capita. Ibra sostiene che se fosse arrivato prima di gennaio, il Milan avrebbe lottato per vincere; soprattutto aggiunge -udite, udite-  con me il prossimo anno vinceremmo lo scudetto, perché il Milan e Ibra (in terza persona...) non possono lottare per una EL o per un sesto posto!!!
E quale altro grido potrebbe essere più forte e chiaro? datemi un contratto che lo firmo in bianco!
La società (Gazidis?) fa trapelare di non gradire le esternazioni, non capisce e manifesta il malumore con la perpetrazione di un ostentato silenzio; quale differenza esista tra un silenzio dovuto a decisioni non ancora prese e un silenzio dovuto allo sdegno di dichiarazioni sgradite, qualcuno me lo dovrà spiegare...

Intanto Ibra -suo malgrado- continua ad aspettare la proposta del Milan; per lui chiudere la carriera in un Milan competitivo e magari vincente è il massimo delle aspirazioni; che alternativa potrebbe infatti essere un anonimo malinconico epilogo nel suo Hammarby?
Coraggio Gazidis chiamalo e presentagli Rangnick, visto che IBRA ha detto di NON conoscerlo!
Il resto verrà da sé.