Per anni ho pensato che chi, come me, ha vissuto 60 anni di calcio idolatrando da bambino un calciatore fantastico come Pelè, immedesimandosi alla creatività di Sivori, ammirando il genio di Rivera, incantato della mostruosità  di Maradona, avesse omai poco da stupirsi ancora.
Infatti, nonostante l'ammirazione per l'incredibile talento dei vari Messi, Ronaldo (fenomeno) e Ronaldo (CR7), Van Basten e Gullit, Baresi, Maldini, Totti e Del Piero e tantissimi altri top del calcio planetario, nessuno di questi ha più destato in me la stessa unica emozione dei primi 4 menzionati. Almeno fino all'inizio di questo strano campionato di Serie A.
Già, perchè mai e poi mai avrei pensato che un calciatore - da me già "vissuto" senza particolari entusiasmi, già etichettato come "buon calciatore" e basta, addirittura già uscito dai radar del calcio che conta per mercificare al meglio negli USA la parabola discendente della sua carriera- potesse, redivivo come un araba fenice, farmi riprovare l'antica emozione che si sente al cospetto di un uomo/calciatore straordinario.
Signori giù il cappello davanti a Zlatan Ibrahimovich!
Non è Pelè, non lo era a 20 anni e non può esserlo a 40, perchè la "Perla nera" univa fantastiche doti atletiche e dinamiche alla capacità di far gol e farli fare, interpretando indifferentemente e con la stessa concretezza sia ruolo di regista che quello di finalizzatore.
Non è Sivori, perchè il "Cabezon" giocava esclusivamente per la platea, per divertire il pubblico persino passando sopra, con la immensa classe di un piede solo, il sinistro, anche all'etica sportiva, col suo irridente "tunnel", le sue provocatorie proteste, il funambulismo delle sue giocate, troppe volte fini a se stesse.
Non è Rivera, il "Golden boy" intuiva giocate in anticipo rispetto agli avversari, capace di inventare corridoi, imbucate, lanci smarcanti per gli attaccanti e di proporsi in prima persona per il tiro vincente, forte  delle sue inimitabili veroniche, delle sue finte di corpo e dei suoi improvvisi surplace, che disorientavano gli arcigni marcatori e lasciavano a bocca aperta il pubblico.
Non è Maradona, talento calcistico unico e irripetibile; la somma di tutto ciò che sarebbe in antitesi col calcio ha partorito il più grande genio calcistico; partendo da un fisico brevilineo, dotato del solo piede sinistro, pressochè nullo di testa, non particolarmente dinamico nè agonista, il "pibe de oro" riusciva a trasformare il "nulla" in gol e assist; pressochè immarcabile in qualunque zona del campo, Maradona era sempre e comunque un pericolo mortale per le difese avversarie, capace di segnare da posizioni impossibili, in condizioni impossibili, con acrobazie impossibili per i comuni mortali.

Ciascuno di questi fenomeni, pur in grado di "incidere" sulla partita, poteva cambiare il risultato del match in qualunque momento con una giocata geniale, ma avendo a fianco altri 10 compagni non poteva spostare gli equilibri della classifica della propria squadra.
Loro no, ma IBRA sì!

Il gigante svedese che apprezziamo per forza fisica e senso del gol, che eccelle in acrobazia e tempismo, che non ha rivali nei colpi di testa e nel tiro in porta, non sarebbe niente di straordinario se ci limitassimo a queste qualità.
Lukako, per esempio, non è certo inferiore per forza fisica, CR7 gli è di certo superiore per doti acrobatiche, tempismo, senso del gol, Immobile ha dribbling e tiro ragguardevoli, Pavoletti è fortissimo colpitore di testa, insomma il senso del discorso è palese.
Ma IBRA ha un qualcosa di unico ed eccezionale; ha un magnetismo, un'energia, una capacità motivazionale che travalica la leadership propria delle forti personalità, rendendolo un trascinatore straordinario, un riferimento costante per i compagni che elevano le loro prestazioni caratteriali, agonistiche e tecniche al massimo livello.
Essendo sollecitate non solo le virtù calcistiche, ma caratteristiche caratteriali come l'unità di intenti, lo spirito di sacrificio, la cultura del lavoro, l'ambizione di affermarsi, la fame di vittorie, la condivisione di obiettivi, si determina un'esaltazione motivazionale da cui deriva un accrescimento prestazionale di squadra persino esorbitante dalla mera sommatoria dell'apporto dei singoli calciatori.

Lui, Zlatan, l'ha pure detto chiaramente: "Fossi arrivato 6 mesi prima, il Milan avrebbe lottato per lo scudetto". Non era una sbruffonata e la classifica di Serie A sta lì a dimostrarlo, a ricordarci che Ibra, da solo e solo LUI, ha spostato gli equilibri del Campionato.
Ci avreste mai creduto?