"C'eravamo tanto amati" recitava il titolo di un film del compianto Ettore Scola. Quella tra Zlatan Ibrahimovic e il Milan sembra essere una luna di miele giunta al capolinea, dopo le forti invettive lanciate ad Ivan Gazidis che hanno ridotto all'osso le possibilità di una permanenza dello svedese all'ombra della Madonnina.   

IL PROLOGO: 22 dicembre 2019. In quel di Bergamo si consuma una delle prestazioni più umilianti degli ultimi 10 anni. Il tabellino recita chiaro: 5-0 per l'orchestra diretta egregiamente dal maestro Gian Piero Gasperini. La disperazione incombe negli occhi degl'oltre 2000 tifosi giunti al Gewiss Stadium. Tale sentimento non sembra però penetrare nei visi dei giocatori, certo dispiaciuti ma forse non totalmente consapevoli dello scellerato risultato a cui sono andati incontro (eccezion fatta per Donnarumma, uscito dal campo in lacrime ). Dunque tutti sul banco degli imputati, dalla proprietà completamente assente, passando per il presidente Scaroni e l'AD Gazidis , fino ad arrivare a  Boban e Maldini, artefici di un mercato a tratti disastroso. Come non dimenticare ad esempio l'operazione Giampaolo, poco protetto e incapace di reggere le pressioni di un contesto complesso come quello dell'attuale Milan. Ad esso aggiungiamo poi l'acquisizione da trenta e passa milioni del portoghese Leao che ha prodotto in 23 apparizioni la pochezza di sole 2 reti.

IZ BACK: ora è necessaria una scossa all'ambiente e chi meglio di Zlatan per suscitarla. Il momento tanto atteso si concretizza il 2 gennaio, quando dopo una serie di indizi social trapelati dai profili del campione svedese l'AC Milan tramite il proprio sito ne comunica ufficialmente il tanto desiderato ritorno. Ci siamo, dopo 8 anni Ibrahimovic torna a vestire il rossonero con un contratto di 6 mesi a 2 milioni più opzione per la stagione successiva con stipendio raddoppiato. Nella conferenza stampa di presentazione chiarisce subito che non è venuto per fare la mascotte accanto al diavolo ma per mettersi a disposizione di Pioli e aiutare la squadra a risollevarsi.​

PAROLA AL CAMPO: lo svedese torna a calcare il manto di San Siro il 6 gennaio, nell'insipido pareggio maturato con la Sampdoria di Ranieri. Fa il suo ingresso al 55' sostituendo l'impalpabile e fischiatissimo Piatek che li a poco avrebbe lasciato Milano per accasarsi all'Hertha Berlino. L'effetto Zlatan comincia a dare i suoi frutti e nelle successive 3 partite i rossoneri collezionano 3 importanti vittorie che ridanno morale al gruppo. L'Ibra 2.0. sembra girare a dovere: lotta, fa girare bene la squadra , fa segnare i compagni (Rebic su tutti , 5 gol in 6 presenze da inizio 2020), dà consigli. Certo, non corre piu come una volta, ma anche solo la presenza è utile a tenere in allerta i difensori avversari i quali, concentrandosi prevalentemente sul gigante svedese, liberano spazi per gli inserimenti dei compagni. Successivamente arrivano il pareggio con il Verona (Ibra assente causa influenza) e l'amara sconfitta nel derby dove il numero 21 mette la propria firma segnando di testa il momentaneo gol del 0-2 e colpendo un palo sul 3-2 per i cugini nerazzurri.

L'OMBRA DI RALF RANGNICK: mentre sul campo la squadra continua la propria lenta risalita verso un posto in Europa League, voci di corridoio vogliono sempre più insistente la figura di Ralf Rangnick, direttore dello sport e sviluppo calcistico del gruppo Red Bull, come prossimo allenatore e direttore sportivo del Milan. Elliott non smentisce e nemmeno il tedesco, che una volta annunciato l'addio al gruppo austriaco s'imbatte in un paio di interviste dove non fa nulla per nascondere l'interesse del club di via Aldo Rossi. Nel mentre Boban rilascia un'intervista alla Gazzetta dello Sport affermando che, con Rangnick, Gazidis aveva chiuso l'accordo già a dicembre senza avvertire né Maldini né per l'appunto lo stesso Boban, sfociando dunque in un atteggiamento "irrispettoso e inelegante" secondo il dirigente croato.  

CICLONE MILAN: la risposta della proprietà non tarda ad arrivare e si sostanzia nel licenziamento di Zvonimir Boban dall'incarico di Chief Football Officer "per giusta causa". Tale fatto, come è normale che sia, destabilizza l'ambiente e in particolare Zlatan, tornato soprattutto grazie all'ottimo lavoro svolto dal croato per convincerlo a rivestire la casacca rossonera. Ciò che ne consegue è una scialba prestazione del Milan e di Ibra stesso, apparso particolarmente nervoso ed egoista (emblematica l'incomprensibile punizione calciata in curva da oltre 40 metri). Il Genoa ne approfitta e piazza il colpaccio in un San Siro deserto, reti di Pandev e Cassata, che consentono al Grifone di respirare in classifica.

STOP FORZATO E SGUARDO AL FUTURO: l'emergenza manda il calcio in letargo e in attesa di sviluppi, in casa Milan, il momento sembra essere perfetto per riflettere in chiave futura. In bilico la posizione di Maldini, destinato a lasciare perché in contrapposizione con le idee della proprietà e contrario all'avvento di Ragnick (peraltro esplicitamente respinto in un intervista all'ANSA). E Ibra? Lo svedese approfitta della situazione per far ritorno in patria e allenarsi in vista di una possibile ripresa con l'Hammarby, club di seconda divisione del quale possiede il 50% delle quote. Frequenti in quei giorni sono le voci che lo vogliono o in procinto di rinnovare o sul piede di partenza. Ciò spacca in due l'opinione pubblica pallonara: c'è chi sostiene che il 38enne centravanti possa essere un ottima chioccia per far sbocciare i giovani del nuovo corso Rangnick, e chi invece afferma che egli essendo un accentratore di gioco sia un ostacolo per lo sviluppo del calcio verticale e del gegenpressing predicato dal manager tedesco. 

IL DIVERBIO CON GAZIDIS E IL COMPLICATO RINNOVO: mentre Spadafora e soci riorganizzano l'imminente ripartenza, in quel di Milanello s'incomincia a preparare il ritorno di Coppa Italia contro la Juventus, poi conclusosi con un discreto 0-0 nonostante le assenze pesanti di Hernandez, Castillejo e Ibrahimovic. Si fa vivo l'Ad Gazidis che arriva al centro sportivo per dare ai giocatori una buona notizia: l'ok della società per il piano sul taglio degli stipendi proposto dai giocatori. Fin qui tutto sembra rientrare nella normalità, senonché si fa vivo Zlatan che a nome della squadra rinfaccia all'ad sudafricano la poca presenza e la mancanza di un progetto. Critiche che si riassumono  in una frase forte ma quanto mai vera: "Questo Milan non è più il club di una volta"  A questo punto pensare ad un rinnovo per un altro anno mi pare un ipotesi difficilmente realizzabile. Infatti la punta 38enne (che secondo alcune fonti sarebbe vogliosa di restare) chiede per rimanere un ingaggio da almeno 6 milioni di euro, una cifra lontana dai nuovi parametri stabiliti da Elliott per abbassare i costi. Ad esso si aggiunga la poca compatibilità che avrebbe con il gioco dispendioso di Rangnick, anche se quest'ultimo ha avuto già a che fare in passato con giocatori sull'orlo del tramonto, vedasi lo spagnolo Raul ai tempi dello Schalke 04.