Ero tranquillamente adagiato sul mio letto a pensare a quanto fosse magnifico il Milan post covid. Nella mia mente balenvano immagini di goal, giocate e dribbling prodigiosi compiuti dai ragazzi rossoneri in campo. Ero in pace, che bellezza. Quasi quasi mi faccio un sonnellino...

"Io deve mettere sogno in zucca a quel popollano"

Tutto ad un tratto il mio sonno ristoratore si trasforma fino diventare una baraonda. Ci sono uomini che urlano, altri che piangono altri ancora che sono seduti in silenzio con le mani tra i capelli dipinti del colore della propria squadra per l'occasione. Sono in uno stadio. Me ne rendo conto non immediatamente quasi la mia mente impiegasse più tempo del solito per elaborare tutte le informazioni ricevute. Oh andiamo! Neanche nei sogni non ci deve essere silenzio!?! Mi sveglio di soprassalto tirandomi a sedere. Il movimento improvviso mi provoca un forte dolore ai muscoli della schiena. Ricado supino sul letto e sospiro, non so se di esasperazione, di delusione o semplicemente di stanchezza. Ma di chi era quella voce che avevo sentito poco prima di addormentarmi? Aveva detto una cosa tipo: "devo mettere un sogno in zucca a quel pollo". Boh, mistero. Mi torna però alla mente una storia che avevo letto quando ero ancora agli albori della mia passione per la lettura e la scrittura. La storia del GGG. Il Grande Gigante Gentile. Una bella storia. Mi è sempre piaciuto Roald Dahl.

"La vita è più divertente se si gioca"

Quanta ragione, quanta saggezza. Quell'uomo trasudava saggezza da ogni poro. Un uomo bambino lo definirei io. Un misto tra un nonno e un fanciullo. Ma non voglio dilungarmi ancora più di tanto raccontando la vita del maestro Dahl. Lui ha scritto un libro: il GGG. In realtà ne ha scritti molti altri che consiglio a tutti anche ai più grandi. Inducono a riflettere. Ma voglio focalizzarmi su questo in particolare. Anche in casa Milan c'è un gigante. Insomma a dire il vero ce ne sono due o anche tre ma quello che ci importa davvero è solo uno. Di recente il maestro Massimo 48 ha scritto un articolo su questo portale (VXL) sul medesimo personaggio chiamandolo a sua volta gigante. Articolo stupendo che invito a leggere. Io voglio però dare un risvolto diverso a questa sua idea. Beh, dovevo altrimenti sarebbe stato copiare e non mi piace copiare a meno che non ci sia il secchione di turno in matematica davanti a me... ma non perdiamoci in chiacchiere, ho già blaterano fin troppo per ora.

La storia del GGG si può adattare benissimo a Ibrahimovic tranne per un'aspetto: la gentilezza. Non dubito che nella vita privata sia gentile e premuroso ma sul campo è tutto tranne che gentile. Mi sono spremuto quindi le meningi in cerca della parola più adatta da inserire nell'ultima G. Ebbene mi sono dovuti venire in aiuto i miei fratelli perché io non avevo la benché minima idea di che termine usare. Francesco se ne è uscito con una delle sue solite cavolate: "Giramondo" mi ha detto. Io l'ho guardato nel modo in cui si guardano gli scemi. "E come potrei collegarlo a Ibra?" Povera testa mia! Che ottuso che sono stato! "Beh Ibra ha girato mezzo mondo con tanti club diversi" mi fa lui. Ora è lui che mi guarda come se fossi uno scemo. Questa volta riconosco che mio fratello (strano ma vero) ha avuto una bella idea. Grande e Gigante per il suo aspetto fisico ma anche per le sue prestazioni da gigante per l'appunto sul rettangolo verde. Giramondo per le sue innumerevoli avventure all'estero. Oggi ripercorrero' la carriera di questo grande campione... o gigante passo per passo. Dagli inizi all'Ajax fino all'ultima avventura in rossonero. Buona lettura.

Il Grande Gigante Giramondo

Zlatan Ibrahimovic nasce a Malmoe, in Svezia il 3 ottobre 1981, in un quartiere povero e malfamato. È una storia che si ripete, la millesima che si sente. Moltissimi calciatori sono nati in famiglie disagiate e sicuramente Ibra non è stato l'ultimo. Il giovane si rivela fin da subito un ottimo giocatore sfondando nelle giovanili del Malmoe ed attirando su di sé l'attenzione di diversi osservatori tra cui quelli dell'Ajax.

Arriviamo così alla nostra prima tappa: l'Olanda. Con l'Ajax debutta l'otto agosto 2001 in un match di Champions League contro il Celtic. Sforna una prestazione abbastanza buona e via via acquista sempre più continuità di gioco e minutaggio. Lui è già allora un "bel caratterino", egoista che quando entra in area pensa solo a segnare. Questo ai tifosi non piace e per di più la carriera di Zlatan sembra arrivare ad un punto morto. Non riesce a segnare quanto vorrebbe, si arrabbia facilmente. Ma torniamo con la mente prima del suo passaggio in Olanda quando gli scout dell'Arsenal lo notano e imbastiscono una trattativa. Era tutto fatto ma poi Arsen gli chiede di fare un provino e Zlatan risponde così: "Zlatan non fa provini. O mi prendi o niente". La trattativa messa in piedi con tanta cura da Arsen salta e il giovane svedese passa all'Ajax. In Olanda la sua carriera non sembra decollare e così incontra un procuratore: Mino Raiola. L'uomo che noi milanisti non apprezziamo particolarmente... i due però si piacciono e il grassoccio procuratore inizia a contattare diversi club tra cui anche la Roma. L'operazione di mercato sta per essere conclusa ma all'ultimo si inserisce la Juventus che strappa il giovane Zlatan dalle fauci della Lupa. Per la venerevole cifra di 16 milioni di euro il nostro Grande Gigante Giramondo passa ai bianconeri l'ultima giornata di mercato del 2004. Inizia così la seconda tappa della sua fantastica carriera: Torino.

Dopo la solita ambientazione alla serie a, di rito per i giocatori provenienti da altri campionati, Zlatan diventa subito titolare al fianco di Trezeguet e facendo sedere in panchina delle volte, il grande Del Piero. In poco tempo si prende l'attacco bianconero sulle spalle e finalmente segna come vorrebbe rifilando una tripletta al Lecce ed una doppietta alla Fiorentina. Vince inoltre il campionato italiano che verrà poi revocato. In Champions però le cose non vanno bene. Rimane sempre all'asciutto e la Juve viene eliminata. La stagione successiva segna solo dieci reti tra cui un goal spettacolare alla Roma, proprio quella squadra a cui stava per arrivare solo un anno prima. Vince ancora lo scudetto che verrà poi dato all'Inter. In Champions però le cose continuano a non andare bene e i bianconeri sono sbattuti fuori ai quarti da un fenomenale Arsenal. Nell'estate del 2006 la Juve viene investita in pieno da calciopoli spacciandola e sotterrandola in serie b. Zlatan capisce subito che quello non è un campionato che fa per lui e lascia i bianconeri. Lo svedese ci catapulta nella nostra prossima tappa: Milano, curva nord.

Ibra sceglie quella maglia perché i nerazzurri non vincono da un po', e lui vuole fare la storia. Come sempre vuole dimostrare di essere il migliore. L'allenatore è Roberto Mancini che sa gestirlo. Il primo anno segna una dozzina di squisiti gollettini vincendo il campionato e la Supercoppa Italiana. In Champions ancora un altra delusione. Una delle prime di tantissime altre. Quella competizione sembra non fare per lui. La stagione successiva Ibra domina per davvero segnando ben 22 reti e vincendo ancora il campionato. In Champions i nerazzurri vengono eliminati ancora agli ottavi. Ibra desidera più di ogni altra cosa quella coppa, sente che è l'unica cosa che gli manca per diventare veramente il migliore. Intanto però sulla panchina interista si è insediato Muorinho che tira fuori il meglio dallo svedese. L'obbiettivo questa volta è la coppa dalle grandi orecchie. Segna 29 reti in una quarantina di presenze dominando in campionato. La Champions però continua a sfuggirgli tra le dita e lui decide che è ora di cambiare aria. Mou fa di tutto per farlo restare ma lo svedese è inamovibile e così vola verso Barcellona.

La sua avventura in Catalogna è breve. Per la prima parte la stagione va abbastanza bene, sembra essere in sintonia con l'astro nascente Messi e vince campionato spagnolo, supercoppa Uefa ed il suo primo mondiale per club. Guardiola dopo un po' però inizia a far sedere in panchina lo svedese sempre più spesso. Ibra gli ha detto in faccia che non fa giocare altri ragazzi in favore di Messi. Pep non la prende bene ed alla fine arriva la rottura totale tra i due. A fine stagione Zlatan chiede la cessione. La sua avventura in Catalogna finisce subito senza aver ancora vinto l'agognata Champions League. Galliani, all'epoca dirigente del Milan lo vuole portare a tutti i costi a Milano. Vuole affidargli le chiavi dell'attacco per tornare a vincere. Ibra stuzzicato dall'idea di un ritorno in italia accetta e si avventura verso la nostra nuova tappa. Milano, curva sud.

Ibra si innamora subito del nostro Milan. Come non innamorarsi del Milan? Dopo il brutto periodo a Barcellona vuole dimostrare ancora una volta di essere il migliore e con un nuovo ruolo da liderinizia la sua avventura in rossonero a testa bassa. Lo svedese in quel momento si sente onnipotente... proprio come adesso, in campo e fuori. Trascina il Milan alla vittoria dello scudetto con 21 reti ma in Europa ci sono compagini più attrezzate. La stagione successiva è una delle migliori per lui: segna 35 goal in 44 presenze e si prende una piccola rivincita battendo l'Inter in Supercoppa Italiana. Ibra è felice al Milan. In seguito avrebbe detto che è stata l'unica squadra nella quale sarebbe voluto restare ancora. Galliani quell'estate è costretto a venderlo al PSG degli sceicchi insieme a Thiago Silva per questioni economiche. Finisce dopo appena due anni la più bella esperienza che abbia mai passato il nostro Grande Gigante Giramondo. Senza neanche saperlo si ritrova in Francia a Parigi, con una notizia che lo sorprende. Beh se non altro noi passiamo alla sua ennesima avventura ma siamo ancora lontani dalla fine...

In Francia lo ricoprono di soldi letteralmente. Infatti gli piaceva fare il bagno nelle banconote... no scherzo però gli sceicchi gli concedono la faraonica cifra di 14 milioni di euro a stagione di ingaggio. Ibra arriva a Parigi e fa la storia del club. In quattro anni vince quattro campionati, tre supercoppe, tre coppe di lega e due coppe di Francia. Segna più di 150 reti in 180 presenze battendo anche spesso e volentieri dei record. Numeri allucinanti. Lui sa di essere il migliore, ne è consapevole ed anche superata la soglia dei trent'anni continua imperterrito per la sua strada. Instancabile, duro, egoista, pretende il meglio da parte di tutti. Un campione intercontinentale. Uno dei migliori di sempre. I problemi però restano sempre in Champions nella quale non riesce mai ad andare oltre i quarti di finale. Quella competizione sembra maledetta per lui. Forse è stato proprio Ibra a portare la maledizione della Champions alla Juventus... Alla fine si svincola e nella sua ultima intervista all'ombra della Tour Eiffel disse queste famose parole: "al posto di quella torre vi dovrebbero mettere una mia statua". Per molti la sua carriera è giunta agli sgoccioli ma lui a 35 anni vuole dimostrare ancora di essere tra i migliori anche con l'età che avanza, lenta, subdola ma inesorabile. Gli anni passano anche per Dio. Vola così in Premier League alla corte dei Red Devils dove incontra nuovamente Mourinho. Ha inizio una nuova avventura.

Anche se la stagione del Manchester United è molto altalenante lui fa bene. Vince subito la Community Shild segnando tra l'altro un gol decisivo. Segna in totale ben 27 reti tra campionato, Europa League e coppe nazionali. Tutto questo fino al suo unico grande infortunio. Ibra si rompe il crociato anteriore e posteriore il 20 aprile. Questo infortunio sembra mettere la parola fine alla sua lunga e vincente carriera. La sua squadra vince l'Europa League senza di lui in campo. I medici e lo staff gli dicono che è finita ma lui non ci sta. Vuole giocare. Si fa operare e dopo qualche mese rinnova col Manchester e ritorna in campo. Sul rettangolo verde però non sembra poi lui. L'infortunio sembra aver in qualche modo intaccato il suo carattere forte e la sua determinazione. Prescinde così il suo contratto a Marzo, anticipatamente. Ha capito che la sua carriera è giunta al termine e va a giocare in Major League, in America ai Los Angeles Galaxy.

Lì, in un campionato meno competitivo torna a divertirsi con giocate spettacolari. Resta tre anni e segna 53 goal in 58 presenze battendo ogni record. Si parla sempre di lui, ma come un personaggio mediatico che fa parlare di sé anche fuori dal campo. Nel rettangolo verde però, anche se non vince trofei ritrova la sua antica voglia di competere. La belva primordiale che alberga in lui si è risvegliata. Vuole tornare in Europa per una nuova avventura. Magari in quella squadra che non avrebbe mai voluto lasciare... il Milan.

Il resto è storia recente. Arriva, rialza la testa ferita del Diavolo e da una lezione a tutti con il numero 21 sulla schiena. Una cosa è certa: Ibra non è un giocatore qualsiasi neanche a trentanove anni. Lui è il Grande Gigante Giramondo Zlatan Ibrahimovic che gentile non è.