Vorrei iniziare un ciclo di articoli che ripercorreranno la Storia dei Mondiali di Calcio, come li ho vissuti io, naturalmente da spettatore, con i ricordi e le analogie che spesso ritroviamo nelle storie di tante partite che in fin dei conti si assomigliano anche a distanza di anni. 
In queste partite ritrovo personaggi che ho poi incidentalmente incontrato nel corso delle mie vicissitudini calcistiche, sia da giocatore che da spettatore. 

Cominciamo con una piccola cronistoria. La Coppa del Mondo inizia nel 1930, e si chiama Coppa Jules Rimet, prendendo il nome in onore del Presidente F.I.F.A. , in accordo con il Vice Presidente Henry Delauney, promotore a sua volta della Coppa Europa per Nazioni, che prese il suo nome quando partì nel 1960. 
La Coppa Rimet prevedeva nel suo regolamento che sarebbe stata assegnata definitivamente alla Nazionale che l'avesse vinta tre volte. E, nel 1970 in Messico, viene definitivamente assegnata al Brasile, vincitore nella famosa finale dello stadio Azteca di Città del Messico, proprio contro l'Italia, altra nazionale che se avesse vinto, avrebbe ricevuto definitivamente la coppa, visto che entrambe le nazionali avevano vinto il mondiale per due volte. 
Dopo quel mondiale, si volle continuare con la Coppa del Mondo, e fu data allo scultore ed orafo italiano Silvio Gazzaniga la progettazione della coppa che ancora oggi possiamo ammirare, cambiando il nome in FIFA WORLD CUP TROPHY, a partire dall'edizione del 1974, giocata in Germania. 
Ma torniamo indietro agli albori, la prima finale fu giocata in Uruguay, tra Argentina ed Uruguay appunto, e fu vinta dalla nazionale di casa, nella finale del 30 Luglio 1930, con il punteggio di 4 a 2, nello Stadio del Centenario di Montevideo. Avevano partecipato in tutto tredici squadre, con solo quattro europee. L'Italia, non vi partecipò, la situazione politica e sociale, e la distanza eccessiva, furono un ostacolo impossibile da superare. Ma il mondiale successivo si svolse in Italia, e gli Uruguagi dovettero mettersi in viaggio e portare con loro l'agognata coppa, per poi lasciarla a noi. La nostra Nazionale, in finale, sconfisse la Cecoslovacchia con il punteggio di 2 a 1, maturato nel primo tempo supplementare, nella partita giocata allo Stadio P.N.F. di Roma, il 10 giugno 1934, al cospetto di un Benito Mussolini molto soddisfatto. Era l'Italia di Combi(grande portiere), Schiavio, Orsi, Caligaris e del grande Giuseppe "Peppino" Meazza, oggi ricordato nello stadio di San Siro, che porta il suo nome. L'allenatore era Vittorio Pozzo, il quale aveva fatto leva sul gruppo della Juventus, vincitrice di cinque scudetti dal 1931 al 1935. In quel mondiale si distinse il portiere Zamora, che giocava nella Spagna, che in semifinale perse solo 1 a 0 grazie alle sue parate incredibili. E' ancora ricordato come uno dei più grandi portieri del Mondo, insieme ad altri, che scopriremo in seguito.
L'effetto Mondiale fu benefico, in quanto nel 1936 l'Italia vinse la usa unica medaglia d'oro alle Olimpiadi, a Berlino, anche se la manifestazione patì molte defezioni, a causa del regime Nazista di Hitler, che cominciava a creare non poche preoccupazioni. 

Nel 1938, si giocò in Francia, e l'Italia vinse di nuovo. Gli italiani, dopo avere elminato il Brasile in semifinale, vinsero a Parigi la finale contro l'Ungheria con il punteggio di 3 a 1. L'Argentina e l'Uruguay, non si presentarono per protesta, perchè era stata violata la prassi dell'alternanza, ovvero la disputa alternata Sudamerica/Europa, avendo giocato l'edizione precedente in Italia. La semifinale, non venne neanche disputata, per via dell'"Anchluss" ovvero l'annessione dell'Austria alla Germania,  quindi la partita Svezia e Austria non fu giocata, venendo entrambe elimininate. Quella era l'Italia di Silvio Piola, grande campione dell'epoca, giocatore della  Pro Vercelli. L'allenatore, era ancora Vittorio Pozzo. 

Ed arrivò la seconda Guerra Mondiale, così il calcio si fermò. Il quale già aveva patito la situazione anteguerra, quando le Leggi Razziste del regime Fascista avevano di fatto depauperato le squadre, negando a giocatori di origine ebrea ed anche solo a stranieri, di potere giocare nei nostri campionati. E la situazione era già maturata ancora prima degli anni trenta, con imposizioni che obbligarono molti giocatori rientranti nel novero degli ebrei o anche solo di sospetta origine, ad emigrare all'estero, oppure di non giocare più. 
Ma che fine aveva fatto la Coppa Rimet? Pare che un certo Ottorino Barassi, dirigente della Federcalcio, durante l'occupazione nazista, sia riuscito a nasconderla in casa propria, sotto il letto, in una scatola per scarpe, e che sfuggì per miracolo ad una perquisizione nazista, che se l'avessero trovata, sicuramente l'avrebbero fusa per prendere tutto l'oro che ne costituiva una grande parte. Nel 1946, Barassi la portò in Lussemburgo.  

Dopo i disastri e i lutti della guerra, la Coppa Rimet riprese in Brasile, e l'Italia, partecipò come nazione detentrice del trofeo. Fu un disastro, perchè il viaggio in nave fu lungo e non permise di allenarsi, i palloni erano finiti tutti in mare, senza alcuna possibilità di recupero, alcuni giocatori ebbero il mal di mare. Ma il problema più grosso fu la tragedia di Superga dell'anno prima, che di colpo cancellò dieci undicesimi di quella Nazionale. Era rimasto l'unico titolare della squadra precedente, il portiere della Juventus SentimentiIV.
E qui mi sovviene un ricordo dolcissimo, avevo circa dodici anni, e con la passione e l'ambizione nel cuore andai a provare nel 1968 nei pulcini della Juventus. Non fui preso, ma mi capitò di incontrarlo, perchè lui e Pedrale, erano coloro che selezionavano i bambini, verificando le capacità di ognuno a far parte di una squadra così prestigiosa. E mi capitò di cambiarmi nello spogliatoio, mentre lui vegliava su di noi, perchè essendo bambini, un'occhiata bisognava sempre darla. Eravamo rimasti  in pochi, e conoscendo il suo passato, gli rivolgemmo alcune domande sulle sue esperienze di giocatore. Sul momento ci vergognammo, perchè ai nostri tempi non era concesso fare domande a persone adulte, soprattutto a persone avanti con l'età. Ma lui con un sorriso bellissimo, capì la nostra curiosità, e seppure brevemente, rispose alle nostre domande. Eravamo felici, era come un nonno famoso, che aveva raccontato la "favola" di un pezzo della sua vita ai "suoi" nipotini.   

Ma in quel mondiale, la favola non fu a lieto fine. L'Italia perse all'inizio contro la Svezia, anche per la giornata storta di Sentimenti IV, finì 3 a 2, e  fu inutile battere il Paraguay 2 a 0. La Svezia passò il turno. Ma quel Mondiale rimase famoso, per il "Maracanazo", il primo disastro calcistico del calcio Brasiliano. Il Brasile, perse la finale al Maracanà di Rio, contro l'Uruguay di Ghiggia e Schiaffino (due fuoriclasse venuti poi in italia), il risultato fu di 2 a 1, e la beffa fu anche il fatto che al Brasile bastava pareggiare, perché in realtà era una finale a quattro squadre, ed aveva dominato le prime due partite. La sconfitta fu comunque dovuta alla scelleratezza dei giocatori e dell'ambiente brasiliano. Ancor prima della partita si festeggiava, politici acclamavano il successo, salendo sul carro del vincitore. E peggior cosa, alcuni giocatori, compreso il capitano, erano ancora alle prese della sbronza del giorno prima e dei bagordi della notte precedente la finale. La colpa fu data al portiere Heriberto, il quale sul secondo goal, pare abbia sbagliato l'uscita su Ghiggia, che però si era presentato da solo davanti a lui, avendo saltato la difesa, compreso il terzino destro, che sembrava vagasse per conto suo. Il disastro fu immane, molti cittadini brasiliani si suicidarono (fu proclamato il lutto nazionale) e cominciò la maledizione dei mondiali in Brasile. Infatti 64 anni dopo, la storia lo condannava di nuovo. Ma di questo ne parleremo in seguito. 

Nel 1954, si torna in Europa, in Svizzera, l'Italia partecipa con il blocco Fiorentina/Internazionale, le squadre che vanno più forti in quel momento, la Juventus presenta quattro giocatori, tra i quali Boniperti e Muccinelli. Muccinelli è stato uno dei più piccoli giocatori di calcio apparsi in serie A ed in Nazionale, ma questa era la sua forza, perchè correva velocissimo, ed aveva una tecnica buonissima. Boniperti è ancora oggi conosciuto per la sua storia di grande Presidente della Juventus, autore e fautore di aneddoti divertenti ma consoni al suo incarico di dirigente. Si raccontava, ad esempio, che il motto "l'importante non è vincere, è tutto", fosse di sua coniazione, e tutte le volte che che la squadra non vinceva il campionato, al momento di contrattare gli ingaggi (allora si rinnovavano tutti gli anni), metteva sulla scrivania una foto della squadra che aveva vinto, ricordando all'interlocutore che senza gloria,  doveva abbassare le pretese. Il mondiale andò male, fummo eliminati dalla squadra di casa, anche grazie all'aiuto dell'arbitro brasiliano, che finì la partita letteralmente preso a calci nel didietro da Benito Lorenzi(detto veleno), che aveva un carattere per niente accomodante.  Dopo avere vinto 4 a 1 contro il Belgio, affrontammo la Svizzera  che vinse 4 a 1, ma l'arbitro sull'1 a 1 ci negò un goal per fuorigioco inesistente, e poi continuò con decisioni che ci fecero perdere la testa e la partita. Quello fu un mondiale molto controverso, nella partita tra Brasile ed Ungheria, vinta dai Magiari per 4 a 2, si presero a botte, con bottigliate in testa e l'arbitro che inviò un rapporto piuttosto severo sui fatti accaduti, vide che nessuno fu poi squalificato, e disse che era una partita che aveva sognato di arbitrare, ma che finì in un incubo. Il mondiale proseguì per l'Ungheria che in finale incontrò la Germania Ovest, battuta già negli incontri preliminari, ma dopo essere stata in vantaggio per due reti a zero, fu rimontata e perse 3 a 2. I tedeschi furono accusati di doping, ed in effetti qualche prova c'era, ad esempio alcune fiale di metanfetamina nei rifiuti delle camere dei giocatori tedeschi che  furono ritrovate, ed alcuni giocatori, pochi giorni dopo il Mondiale furono ricoverati per intossicazione del fegato. Ma la cosa più eclatante, fu l'avere battuto una squadra che aveva tra le sue file Puskas, Hideguti, Lantos, Czibor ed altri campioni inimitabili. Puskas finì al Real Madrid, dove vinse insieme a Di Stefano cinque Coppe dei Campioni. Due anni dopo, infatti, l'invasione di Budapest da parte dei carri armati sovietici, mise fine a quella grande squadra, poichè molti giocatori fuggirono all'estero, per non tornare più in patria.

E questa è la fine della prima puntata.