La società odierna, e i giovani, ma non solo, che si fanno strada in essa, sono drogati di popolarità. Quest'ultimo, però, non è un elemento ricercato solo negli ultimi decenni, ma è un bisogno intrinseco degli esseri umani, quasi fosse fisiologico. La fama porta un senso di appagamento verso se stessi. Se una persona è idolatrata da molti, si sentirà amata, ricca di capacità e potere. La specie ha da sempre bisogno di gonfiare la propria autostima, e qual è il modo migliore se non ricevere pillole di complimenti da centinaia di "amici"? Il successo quindi si raggiunge apparendo.

L'eziologia della malattia da social network si annida proprio in queste semplici dinamiche. I sintomi sono molteplici e colpisce ogni età, sesso e gruppo sociale di appartenenza. L'avvento del selfie ha ingigantito l'ego del web. Il selfie è nato come una modalità veloce, di fissare i ricordi nel tempo un po' come prima si faceva con la carta lucida. I ricordi impressi non devono per forza essere ricchi di significato perché, del resto, essi assumono valenza nel momento in cui vengono condivisi sulla propria bacheca di Facebook, Instagram piuttosto che Twitter. Il selfie, ovverosia l'immagine fatta articolo, appena condiviso, porta autoaffermazione in una società in cui essere omologati è tutto, oltre che necessario, ma, al tempo stesso, è stucchevole risultare uguali agli altri.
Apparire porta inevitabilmente al giudizio della società, il più delle volte artefatta, visto che, al mondo di oggi, con la smania di "rincorsa", il follower diventa una specie di deus ex machina da immolare in un altare fatto di sabbia. Il desiderio di apparire e la popolarità è come il bisogno di omologazione, qualcosa che segretamente tutti desiderano ma che pubblicamente tutti detestano. Infatti la ricerca spasmodica e disperata dei likes è bollata come un comportamento infantile e imbarazzante, da evitare assolutamente, poiché chi ha bisogno di un "pollice", piuttosto che di un "cuoricino", è una persona nascosta nei "meandri" dell'anonimato. Sui social, difatti, si diventa popolari non per grandi meriti ma perché si possiede un punto di vista comune (o diametralmente opposto), un carattere carismatico o si è particolarmente di bell'aspetto. Gran parte di questo mondo gira sull'essere belli, non sulla bellezza che può essere completamente l'opposto. Basta vedere il dilagare di photoshop e filtri per migliorare i propri autoscatti.
Essere piacenti e assomigliare alle celebrità è diventato talmente uno scopo comune, nel ventunesimo secolo, che paesi come la Gran Bretagna, l'Arizona e la Francia hanno obbligato le aziende pubblicitarie a segnalare l'uso di photoshop sulle immagini. Queste organizzazioni infatti "vendono" una tipologia di uomo, donna e famiglia discordante con la realtà che aumenta i giudizi all'interno della società e il desiderio di apparire come le celebrità da copertina.
La mania della condivisione porta, inesorabilmente, a un abuso. Per molti, ed è aberrante, sono diventate delle priorità che fanno passare in secondo piano l'effettivo godersi il momento. Un tragicomico esempio è quello di Piazzale Michelangelo, autentica terrazza su Firenze. Vicino alla Rampe, si può osservare la seguente targa: "GIVSEPPE POGGI ARCHITETTO FIORENTINO. VOLGETEVI ATTORNO ECCO IL SVO MONVMENTO MCMXI". I ragazzi, però, sembrano essere girati sempre dalla parte sbagliata; attenti più alle linee d'ombra piuttosto che alle linee del paesaggio che, leggere, scendono verso la città.

E chi scrive su un Blog? Quale può essere il suo più aberrante sogno? Quello di venire scavalcato, di essere messo in un angolo; di accorgersi di fare la fine della polvere che viene tolta dalla cucina e messa sotto i tappeti del salotto. In sostanza, di venire dimenticato.
E allora, immarcescibilmente, getta il sasso e ritira la mano, come accade anche, purtroppo, nelle favole. 

Ninna nanna, ninna oh
Questo bimbo a chi lo do?
Ninna nanna, ninna oh
Questo bimbo a chi lo do?
Se lo do alla Befana
Me lo tiene una settimana
Se lo do al al Bove Nero
Me lo tiene un anno intero
Se lo do al Lupo Bianco
Me lo tiene tanto, tanto
Ninna nanna, nanna fate
Il mio bimbo addormentate...

Un giorno, i tre porcellini decisero di andare via di casa. Dopo una lunga camminata, si ritrovarono davanti a un laghetto.
Erano molto stanchi; decisero di fermarsi a fare un bagno. Appena si tuffarono si ritrovarono in un altro mondo: il primo, in un abbeveratoio per mucche; il secondo in una pozzanghera su una strada asfaltata nella città di "Wood Town" e il terzo in una fontana davanti a un grattacielo. Il primo andò a bussare alla porta di una cascina e, indovinate chi gli aprì: Cappuccetto Rosso. "Anche tu qua?" - gli disse. "Ci sono finito per sbaglio, e tu?".
"Vieni dentro e ti spiegherò tutto...". Il porcellino entrò e sbalordito per tutto quel lusso chiese: "Come hai fatto a permetterti questa casa?".
Lei, che era stressata e nervosa, urlò con voce stridula: "Siediti, che ti dico". Il porcellino, intimorito, non aprì bocca finché non arrivò nella sala da colazione con un mega schermo al plasma e impianto a dodici casse per ascoltare la musica. La bambina andò a preparare il tè, rigorosamente verde, e accese le casse sulla frequenza radio "Baggians4ever", insomma non quello che si sarebbe aspettato il porcellino. Cappuccetto tornò con un bellissimo servizio di tazzine bianche con fiorellini rosa, ma alzandone una, il nuovo ospite rimase sconcertato dalla scritta "Made in China". Non fece parola non volendo stressare ulteriormente la padroncina di casa.
Lei iniziò a parlare: "Sai, la nonna è morta di infarto quando ha visto che mi ero tinta i capelli di blu con le mèche fucsia..." - tirò un sospiro; "...e allora ereditai tutta la sua fortuna e mi comprai questa cascina, ma...", il porcellino pensò "se la nonna aveva così tanti soldi perché non si è fatta installare un impianto di sicurezza nella casetta?" ma non fece la domanda alla stressata Cappuccetto Rosso, che continuò lentamente a spiegare l'accaduto. "Un signore mi ha rubato tutto il raccolto e le galline, ho il presentimento che mi volesse fare un dispetto. Pensandoci bene sembrava un lupo!".
La piccola, agitata, continuò a parlare: "Certo, ora è un criminale e si vede che mi voleva fare un dispetto per quello che gli aveva fatto il cacciatore". Nel frattempo il secondo porcellino stava percorrendo la strada di Wood Town, e stranamente non vedeva nessun bosco. Cammina cammina, si imbatté in una casa di legno, bussò, e indovinate chi gli aprì: un vecchietto che gli ricordava qualcuno ma non sapeva chi. Fu lui stesso a risolvere questo enigma: "Sono il falegname della città e tutti mi chiamano Mastro Geppetto, piacere, io ti conosco. Sei il secondo dei tre porcellini!".
Il porcellino: "Ma ciao; non ci siamo più visti dal matrimonio della Bella Addormentata. Come stai? E Pinocchio? L'ultima volta che l'ho visto era ancora un burattino". Geppetto, soddisfatto e felice della visita, lo invitò a entrare prima di rispondere: "Pinocchio è cresciuto ha aperto un teatro a Roma, si chiama "Collodi", strano vero?". Nello stesso momento il terzo porcellino entrò nell'ascensore del grattacielo e guardò chi abitava lì. Tra quei nomi scorse "Bianca Neve", gli ricordava qualcuno. Salì al 150esimo piano e, durante il tragitto, si addormentò. Al suo risveglio stava ancora salendo. Quando arrivò al piano erano passate due ore e pensò alla povera Bianca quando doveva uscire. Suonò il campanello e gli aprì la fanciulla circondata da cerbiatti, conigli e uccellini blu, ma non erano pappagalli. "Ciao! Da quanto non ci si vede, pure tu sei venuto sulla Terra?". Il porcellino rispose: "Per la verità mi sono tuffato in un laghetto e sono finito nella fontana laggiù" - indicando un puntolino dalla finestra, e chiese: "Tu come fai a scendere da qua? lo per salire ho impiegato due ore". "Beh, solitamente uso la "funivia-lampo", ma ci vuole comunque mezz'ora. Entra". Quello che gli si presentò davanti era tutto il contrario della casa di Cappuccetto Rosso: mobili usati, parquet graffiato, cucina ammaccata.
Bianca Neve spiegò: "Avevo un'azienda che costruiva case, ma..." - iniziò a piangere "...sigh sigh... mi hanno mandata in rovina... sigh sigh sigh... e questo è il meglio che posso permettermi per continuare a vivere".
Il terzo porcellino ebbe un'idea. Però ora torniamo dalla stressatissima Cappuccetto Rosso che in quel momento si era sdraiata sul suo divano a 7 posti a vedere la sua mega-tv, perché troppo sconvolta dalla scoperta, e cercò di distrarsi guardando "Beautiful", ma essendo la replica di una puntata che aveva visto con la nonna, si mise a piangere.
Allora arrivò la fata madrina che disse: "Perché piangi piccola mia?". Rispose con la sua solita voce stridula: "Hai sbagliato favola!". "Oh, che sbadata!" e scomparì lasciando una scia di brillantini blu.
Il porcellino chiese alla bambina se poteva costruirsi una casetta con la paglia e lei acconsentì. In quel preciso istante anche il secondo porcellino stava facendo la stessa domanda a Geppetto e la risposta fu affermativa. Però l'unico materiale che aveva a disposizione era il legno e il porcellino non ci sapeva fare con l'intaglio, così lo aiutò Geppetto. Non dimentichiamoci della signorina Neve.
Al terzo porcellino era venuta un'idea geniale: creare una nuova azienda, ma come prima cosa costruì una casa per Bianca e per sé.
Ritorniamo da Cappuccetto.
Il porcellino aveva finito la casetta e gli piaceva perché ricordava proprio la sua vecchia casa; la bambina era contenta che qualcuno le facesse compagnia. Un giorno il lupo tornò ma non immaginava di trovare il porcellino: lo aveva cercato così a lungo. Quella che credeva fosse la sua prossima preda si trasformò in cacciatore, il porcellino era preparato e sparò un tranquillante, chiamò la polizia e divenne l'eroe dei contadini del posto. Ormai la sua casa era lì, e non poteva lasciare sola Cappuccetto.
La settimana successiva arrivò un altro ladro che, invece, puntava alla casa, e, travestito da dottore, disse che stava passando a fare una visita di controllo alla bambina ordinato dalla madre. Il porcellino non si accorse di nulla, e nemmeno Cappuccetto. Quando i due si resero conto del furto era troppo tardi e il porcellino pensò "Sono davvero terribili gli umani!".
Intanto il secondo porcellino aveva molta fame e si diresse verso il mercato: pieno di frutta e cibo a volontà, quando vide una bancarella che vendeva le carni, in particolare notò quella di maiale, pensò "La crudeltà degli umani è infinita". La ditta del terzo porcellino andava a gonfie vele e arrivò a vendere ben venti case in un giorno.
Ma la "Regina delle case", che era una donna perfida, non era contenta di questo perché voleva il mercato immobiliare tutto per sé. Con il porcellino collaboravano sette impiegati molto bassi, che prima lavoravano per Bianca, tutti i giorni lo avvertivano: "Non firmare mai contratti senza osservare attentamente, è questo il modo in cui si è rovinata la Signorina Neve!".
Quello stesso giorno, tra i suoi contratti per le case, finì un altro documento che firmò senza guardare, perché pensava che nessuno lo volesse ingannare. Quel certificato fu mandato da Lei, sì, proprio quella che aveva mandato in rovina Bianca. Firmandolo, il porcellino perse la proprietà della ditta. La notizia arrivò alla televisione la sera stessa e il porcellino rimase sconvolto dalla cattiveria degli umani.
Nel frattempo il secondo porcellino stava tornando a casa preoccupato e due truffatori, che si presentarono al personaggio delle favole come "il gatto e la volpe", un nome che gli ricordava qualcosa, riuscirono a truffarlo e lui, ancora più triste di prima, tornò a casa per telefonare ai due fratelli che gli raccontarono le loro disavventure e decisero di tornare nelle menti di ogni sognatore, con i loro amici delle favole, delusi da questo mondo inquinato e ingiusto.

Una mattina ti svegli e dici: "Era solo una favola, magari all'incontrario e sconclusionata...".
Sorridi di te. Ma nel profondo non sorridi affatto. Sai bene che le favole sono l'unica verità della vita. Anche di quelli che pensano sempre, mischiando le carte, di pescare l'asso. E invece contano come il due di picche quando briscola è fiori.

Nella vita, per quanto tu possa fare bene, troverai sempre qualcuno che avrà qualcosa da ridire. Li chiamano punti di vista. Io li chiamo punti di invidia. Del resto, sono quelli che, di solito, quando non hanno più capelli trovano ridicoli i capelli lunghi.