Un pareggio a reti bianche nel derby milanese apre l’andata delle semifinali di Coppa Italia. Una partita equilibrata e poco spettacolare, tra due formazioni che non attraversano in questa fase il momento migliore della loro stagione, rimanda alla sfida di ritorno la scelta della prima finalista. Nella seconda semifinale, la Juventus si presenta al Franchi di Firenze per una partita sempre molto attesa dal popolo viola, senza nessuna ragione particolare proclamatosi rivale storico della squadra bianconera. L’attesa è tutta per il ritorno di Vlahovic, soltanto poche settimane dopo il suo trasferimento a Torino, nello stadio in cui si è presentato al grande calcio. Nei giorni di avvicinamento alla partita, l’attenzione dei media era rivolta quasi esclusivamente all’accoglienza che il pubblico fiorentino avrebbe riservato al suo ex centravanti. Il fatto che si dovesse anche giocare a calcio sembrava non interessare nessuno.

La Juventus arriva all’appuntamento con quello che, allo stato attuale delle cose, sembra il trofeo maggiormente alla portata della squadra, con un organico ridotto ai minimi termini da una serie di infortuni, soprattutto muscolari, che nonostante le dichiarazioni di Allegri in conferenza stampa, non possono non chiamare in causa la preparazione atletica svolta. Dopo una stagione trascorsa a guardare la squadra giocare costantemente a bassa intensità e ad ascoltare sempre le solite giustificazioni circa una preparazione mirata per arrivare al meglio nel mese marzo, ci ritroviamo nel periodo decisivo dell’anno con la squadra a pezzi. Non è la prima volta che accade. Le scelte di formazione del tecnico bianconero, sotto certi aspetti obbligate, vengono svelate dai canali di comunicazione della società poco prima del fischio d’inizio. L’allenatore juventino schiera la sua squadra con un 352. Perin in porta. Danilo, De Ligt e De Sciglio compongono il terzetto arretrato. In mezzo, avanti con Locatelli, Arthur e Rabiot, ultimi superstiti tra i centrocampisti della rosa titolare. Sulle fasce correranno a destra Aké, giovane ala della squadra under 23, e a sinistra Pellegrini. Vlahovic, che fin dal riscaldamento ha avuto un assaggio dell’ambiente non particolarmente benevolo preparato per lui, in coppia con Kean, guiderà l’attacco. In panchina, oltre ai due portieri, i soli Cuadrado e Morata tengono compagnia a diversi ragazzi del settore giovanile. La Fiorentina di Italiano si presenta sul terreno di gioco schierandosi con il consueto 433. Terracciano; Odriozola, Milenkovic, Igor, Biraghi; Bonaventura, Torreira, Castrovilli; Ikoné, Piatek, Saponara; sono gli uomini scelti dal tecnico viola per contendere alla Juventus l’accesso in finale in questa gara di andata.

Mediaset apre il collegamento con lo stadio “Franchi” mentre le due squadre sono ancora allineate nel tunnel che conduce al campo. In tribuna, Batistuta raccoglie l’applauso di un pubblico che non lo ha mai dimenticato. Iniziano ad entrare gli staff tecnici e i giocatori destinati alla panchina. Pinsoglio scorta a destinazione i giovani Miretti, Stramaccioni e Soulé. Infine, precedute dall’arbitro Guida, le due formazioni fanno il loro ingresso sul terreno di gioco, accolte da uno stadio gremito nei limiti della capienza concessa e quasi interamente colorato di viola. Una scenografia di ispirazione dantesca copre la curva Fiesole, mentre si alzano fischi e cori contro Vlahovic, più volte cercato dalle telecamere al momento di entrare in campo.

La partita scorre, fin dalle prime battute, secondo il copione più atteso da chi ormai ha smesso di illudersi circa la possibilità di cambiamenti nella proposta di gioco di Allegri, a maggior ragione in una situazione infortunati al limite dell’emergenza. La Fiorentina gestisce il pallone. La Juventus aspetta. La linea di difesa si rivela fin da subito a cinque. La squadra si sistema a ridosso della propria area di rigore e attende le iniziative degli uomini di Italiano. Vlahovic e Kean in avanti rimangono presto isolati, cercati soltanto attraverso rilanci dalla difesa difficili da gestire. Per il serbo la gara diventa presto una lotta. Contro Igor e Milenkovic e contro i suoi ex tifosi. Migliaia di fischietti, distribuiti all’ingresso dello stadio, riempiono l’aria ogni volta che il pallone entra nel raggio d’azione del serbo. Si alza ancora qualche coro non particolarmente amichevole. L’ambiente è ostile ma tutto sommato non accade niente che non si sia già visto, più e più volte, in uno stadio. Non si vedono le scene apocalittiche minacciate dai mezzi d’informazione nei giorni precedenti la partita. Ordinaria amministrazione. I livelli raggiunti dal Camp Nou di Barcellona la notte del ritorno di Figo con la maglia del Real Madrid rimangono inarrivabili.

La squadra viola porta tanti uomini in avanti, ottenendo una costante superiorità numerica su entrambe le fasce. Akè soffre, specialmente in avvio, l’azione continua portata da Biraghi e Saponara dalle sue parti. Ala prevalentemente offensiva, per nulla abituato a coprire da solo l’intera fascia e ancora meno abituato a gestire esclusivamente palloni ricevuti con la schiena rivolta alla porta avversaria, il giovane francese fatica ad entrare in partita. Riesce comunque a cavarsela senza commettere errori rilevanti. Alla continuità di palleggio esibita dalla squadra di Italiano non fanno però seguito vere occasioni da gol. Piatek viene cancellato da De Ligt, che lo soffoca con anticipi puntuali e puliti tutte le volte che l’azione della Fiorentina prova a passare per l’attaccante polacco. Danilo e De Sciglio, con l’aiuto di Locatelli e Rabiot, che offrono costante supporto alla difesa, contengono le iniziative che i giocatori in maglia viola portano dalle zone esterne del campo. Alla resa dei conti, dopo una serie di tiri dalla lunga distanza, tutti terminati alti oppure agevolmente contenuti da Perin, l’unico vero pericolo del primo tempo la Juventus lo corre su un diagonale di Ikonè che sfiora il palo alla destra del portiere, a conclusione di una ripartenza avviata da Bonaventura. 

In attacco la Juventus non si vede mai. Il possesso palla bianconero si risolve in un giro palla conservativo, ai limiti dell’area, che in alcuni momenti diventa avventuroso come quando un rilancio corto di Perin offre a Bonaventura l’occasione di calciare verso la porta a quel punto libera. Il tiro del centrocampista, da una ventina metri, si perde sopra la traversa. Dalle parti di Terracciano la Juventus non arriva mai. Arthur arretra fin dentro la sua area per tentare di avviare l’azione ma la squadra di Allegri fatica a raggiungere la metà campo. La manovra bianconera si risolve sempre con un passaggio indietro oppure con un lancio verso gli attaccanti. Le due punte trascorrono una serata complicata. Kean galleggia ai margini della partita. Vlahovic ingaggia un combattimento fisico ora con Milenkovic, ora con Igor, ai quali l’arbitro Guida concede ampio uso delle braccia, rimediando in qualche caso occhiate perplesse da parte dell’attaccante serbo, disinnescato più da un gioco completamente rinunciatario che dai fischietti fiorentini. Il primo e unico tentativo che possa vagamente ricordare un tiro verso la porta da parte della Juventus, arriva a tre minuti dal termine del primo tempo. Un sinistro di Vlahovic da lontanissimo che, smorzato dalla deviazione di un difensore, viene facilmente bloccato da Terracciano. Il cielo sopra il “Franchi” si riempie ancora del rumore dei fischietti.

Trascorso il minuto di recupero concesso da Guida si chiude il primo tempo. Non una partita spettacolare quella proposta dalla Juventus, alla quale va però riconosciuta la solida prestazione difensiva offerta nei primi quarantacinque minuti. Dai messaggi che arrivano sui vari gruppi di whatsapp non si coglie però particolare entusiasmo. La sensazione diffusa è quella di una partita nella quale difficilmente la Juventus troverà la via della rete e giocare per portare via uno zero a zero, seppure in una situazione resa complicata dall’elevato numero di assenti, di certo non aiuta ad accendere l’entusiasmo dei tifosi. Qualche battuta sui fischietti fiorentini e l’intervallo scivola via. Al rientro dagli spogliatoi, entrambi gli allenatori propongono dei cambi nei loro schieramenti. Italiano inserisce Venuti al posto di Odriozola, infortunato nel finale del primo tempo. Allegri manda in campo Cuadrado al posto di Aké. Schierato evidentemente con l’intenzione di dare riposo al colombiano per almeno quarantacinque minuti, il giovane francese ha assolto discretamente al suo compito. Non si è mai visto, come tutta la Juventus, in fase di attacco ma, dopo un inizio complicato, ha contribuito alla solidità della fase difensiva. Ingeneroso aspettarsi che da solo potesse cambiare l’inerzia di una squadra interamente votata al contenimento. 

Il secondo tempo riprende seguendo lo stesso copione della prima parte. La Fiorentina riparte all’attacco e riesce a rendersi immediatamente pericolosa. Torreira lancia in verticale Ikonè tra Pellegrini e De Sciglio, gli anelli meno solidi della retroguardia bianconera. Il tentativo di intercettare il lancio di Torreira da parte di Pellegrini va a vuoto. Ikonè conquista il pallone ed entra in area. Davanti a lui il solo De Sciglio. L’attaccante francese si libera fin troppo agevolmente del difensore e tira. Il palo salva Perin e la Juventus da un gol che sembrava ormai fatto. Ancora Ikonè, qualche minuto più tardi, chiama Perin alla parata, non troppo complicata, con un sinistro da fuori area. L’incontro sale di ritmo. La squadra di Allegri prova a rispondere. Sull’ennesimo lancio lungo dalla difesa, proposto questa volta da De Sciglio, Vlahovic riesce a prevalere su Igor, aprendosi lo spazio per concludere. Il serbo cerca di scavalcare l’uscita di Terracciano con un pallonetto. La giocata non riesce. Il portiere devia in angolo la prima vera conclusione verso la porta dei bianconeri. Mentre il cielo sopra il “Franchi” si riempie per l’ennesima volta del rumore dei fischietti, questa volta ancora più vigoroso visto il pericolo appena corso dalla Fiorentina, i vari replay lasciano la sensazione che la scelta dell’attaccante serbo non sia stata la migliore possibile. Rimane il dubbio che una conclusione potente avrebbe avuto maggiori possibilità di successo.

Il cronometro raggiunge l’ora di gioco. Per Allegri arriva il momento di mandare in campo Morata. Gli lascia il posto Kean che non è riuscito a lasciare il segno in una partita per lui molto difficile, nella quale la sua capacità di attaccare la profondità non è mai stata innescata. Spalle alla porta, con un marcatore costantemente alle spalle, il giovane attaccante cresciuto nel vivaio ha poco da dire. Nonostante alcune incertezze mostrate da De Sciglio, De Ligt e Danilo, protagonisti entrambi di un’ottima prestazione, mantengono salda la difesa. La Fiorentina trova pochissime occasioni per calciare in porta. Perin respinge una punizione insidiosa di Biraghi da posizione centrale. Italiano prova ad inserire forze fresche. Toglie dal campo Saponara e Piatek, inserendo al loro posto Sottil e Cabral, atteso al varco da De Ligt e quindi  dalla stessa sorte toccata in precedenza al compagno sostituito. La partita viaggia verso la conclusione. L’incontro sembra ora più equilibrato. La Fiorentina inizia a pagare lo sforzo profuso fino a quel momento. La squadra di Italiano è meno aggressiva e meno puntuale nel portare la pressione sull’avvio dell’azione bianconera. La Juventus in possesso di palla riesce adesso a guadagnare più facilmente metri di campo. Arthur si offre come punto di riferimento della manovra bianconera. Bravo a venire a prendersi il pallone e a pilotarlo fuori dalle zone calde della pressione avversaria. La squadra di Allegri si presenta con maggiore continuità dalle parti dell’area viola, pur senza creare concreti pericoli a Terracciano. Cuadrado spreca, con una conclusione da posizione defilata che si spegne sulla parte esterna della rete, una ripartenza avviata da Vlahovic, bravo nel rumore dei fischietti a conquistare palla e servire il colombiano.

La Fiorentina non sembra avere più energie da spendere per impensierire la Juventus, mentre i bianconeri continuano a proporre una gestione, adesso decisamente più disinvolta, del pallone. Italiano cerca di rinnovare lo slancio della sua squadra mandando in campo Gonzalez e Duncan al posto di Ikonè e Castrovilli. Lo zero a zero sembra però a questo punto sicuro, mentre il quarto uomo segnala i due minuti di recupero concessi dall’arbitro Guida. Accade invece che, mentre i fiorentini sugli spalti continuano a soffiare dentro i loro fischietti, felici e ignari di quello che sta per accadere, la Juventus porti il pallone nella metà campo avversaria. Sembra un possesso di palla votato a far concludere la partita tenendo la Fiorentina lontana dalla porta di Perin. Danilo invece verticalizza, premiando un efficace inserimento di Rabiot. Il francese al limite dell’area, attira su di sé tre avversari, protegge benissimo il pallone, quindi lo scarica per Cuadrado libero di affondare sulla destra. Il cross del colombiano è teso, a mezza altezza. Attraversa lo specchio della porta e viaggia verso il secondo palo. Incontra prima il maldestro tentativo di respinta di Milenkovic, quindi la decisiva deviazione di Venuti. La palla rotola lenta ma inesorabile in fondo alla rete. La Juventus passa in vantaggio allo scadere della partita. Mentre la squadra bianconera esulta e l’autore del tocco decisivo si dispera, il “Franchi” ammutolisce. Il tifoso davanti alla tv con un ghigno beffardo pensa adesso a quei tizi in tribuna vestiti di viola e ai loro fischietti, finalmente silenziosi. Vorrebbe quasi suggerirgli un uso ora più appropriato per quei piccoli strumenti di rumore ma alla fine desiste. Meglio lasciar perdere. Troppo bello un gol decisivo al novantesimo per sprecare tempo con loro.

Non c’è quasi nemmeno il tempo di ricominciare. La sfida si conclude. Esulta la Juventus, mentre Venuti, inconsolabile, si agita in mezzo al campo. L’andata della semifinale si tinge di bianconero grazie ad un autogol arrivato poco oltre il novantesimo, in una partita nella quale la squadra di Allegri, anche a causa delle numerose assenze, non aveva cercato in modo insistente la vittoria, puntando prima di tutto a non compromettere il risultato in vista della sfida di ritorno. L’errore di Venuti premia le scelte del tecnico bianconero che, come spesso accade, ha voluto una squadra molto attenta a non concedere nulla. Non è stata sicuramente una partita che, episodio finale a parte, ricorderemo nel tempo, ma è arrivata una vittoria pesante che avvicina la Juventus all’ennesima finale di Coppa Italia della sua storia. Quando si sceglie di seguire una filosofia come quella di Allegri, il risultato finale è probabilmente l’unico metro di giudizio attendibile. Il gol alla fine se lo sono fatto da soli. Continuo a non apprezzare le idee del nostro tecnico ma quella rete è comunque valida e pesante. La Juventus espugna Firenze. I fischietti adesso tacciono.