Ieri all'89' Mancini ha sostituito Donnarumma con Sirigu, per dare al portiere sardo un'occasione - forse l'ultima? - di giocare in Nazionale. Ma ciò che ha fatto notizia sono stati i fischi al portiere campano; e il pubblico, come spesso succede, si è diviso. Da una parte, i fautori del Lasciateli lavorare; dall'altra quelli che gli hanno dato del traditore - e visto che eravamo all'Olimpico di Roma, e non al "Meazza", più di un dubbio che non fossero solo tifosi milanisti viene. Per capire perché siano un buon indizio, facciamo un passo indietro.

Cos'è una bandiera? Non è un giocatore che indossa sempre la stessa maglia nel corso degli anni, ma, come la parola suggerisce, è un simbolo, ossia un giocatore che impersona i valori di quella maglia, e che desidera trasmetterli per tutta la sua carriera calcistica. Gaetano Scirea, Alessandro Del Piero, Roberto Bettega, Gigi Riva, giusto per citare giocatori non milanisti, sono state bandiere; Beppe Bergomi, Francesco Totti e Giannini sono state bandiere; forse l'unica bandiera che ha cambiato sempre squadra è stata Roberto Baggio, perché, Fiorentina a parte, ovunque sia stato è entrato a far parte di maglia, e storia, di quella squadra.

Gigio Donnarumma ha sempre giurato di voler diventare una bandiera del Milan. Quindi: un giocatore che tifava per quella squadra, ne impersonava valori e simboli, e che avrebbe messo quello davanti a tutto. Per ogni milanista il suo affiancamento con Raiola era sospetto, essendo l'agente italo-belga molto più legato al proprio potere che non al rispetto dei valori del campo. Ma insomma, il rendimento c'era, la presenza anche; e francamente, i tifosi milanisti confermeranno, nell'ultimo decennio abbiamo avuto ben altri problemi.

Ora, passo rapido avanti. Il Milan nel 2017, durante la contrattazione per il prolungamento del contratto, compra il fratello e lo lega con un contratto pluriennale a un milione di euro d'ingaggio, che ne fa di gran lunga il terzo portiere più pagato d'Italia. La sciagurata gestione Fassone-Mirabelli - quella delle campagne acquisti faraoniche con più flop della storia - fa sì che Raiola e Gigio capiscano di poter avere non solo potere contrattuale, che hanno in virtù delle indubbie capacità tecniche, ma anche un potere maggiore: quello del ricatto. Ossia: il mio valore è tale per cui posso importi scelte tecniche; sennò, via tutto.

Passo ulteriore avanti. Il Milan scarica Donnarumma prima della fine delle contrattazioni, estenuato dalle pretese della coppia giocatore-agente; e si mormora che qualche giorno dopo l'acquisto di Maignan Raiola abbia chiamato indietro Maldini dicendo qualcosa del tipo: Ehi, ma sicuri? Donnarumma nel frattempo tiene un comportamento social davvero sconcertante, non commentando mai niente, non spiegando le proprie ragioni, non dicendo Tengo famiglia; ma continuando come se niente fosse a dire Ehi, viva Milan, siamo forti, ce l'abbiamo fatta; quando il noi non sapeva più dove stesse di casa.

E infine, eccoci ai fischi. I fischi del pubblico italiano sono a sancire che questo sistema-calcio, quello di Raiola e dei giocatori che fingono amore per la maglia, non va più. Dovremo perdere? Bene. La Juve ha giocato in serie B - con Del Piero -, il Milan anche - con Baresi -, il Napoli in C1, la Fiorentina e il Parma son fallite. Eppure sono tutte lì. Il tifoso accetta le sconfitte, ma inizia finalmente a non accettare più la negazione dei valori. Da quei fischi i bambini alla tv possono imparare molto di più di quanto non apprendano da una parata spettacolare e una velina sulla Gazzetta. Possono imparare, per dire, che l'amore non è una cosa che prometti e poi svendi. E allora che imparino, interiorizzino, e giochino per strada. Il calcio continua, le maglie pure, i giocatori, per fortuna, non sempre.