I figli di un dio minore” e “i mercenari”

figli di un dio minore” è un'opera teatrale scritta da Mark Medoff nel 1978, in cui si legge la storia d'amore fra un insegnante logopedista, di nome James e Sarah una giovane e bella sordomuta. L'insegnante James viene collocato presso un Istituto per sordi con l'incarico di migliorare lo stato dei suoi allievi-pazienti. Egli cerca di accattivarsi la simpatia di tutti e conquistare il loro interesse mettendo in atto la sua metodologia terapeutica. Ben presto infatti si riscontrano i primi risultati riabilitativi che, riempiono di gioia e soddisfazione l'insegnante, il quale incontra il dissenso iniziale da parte del direttore dell'Istituto. L'insegnante però continua imperterrito per la sua strada, convinto infatti che la bontà dei suoi metodi conquisterà anche (come poi succederà) la fiducia e l'approvazione da parte del suo Superiore.
L'insegnante James nota una bidella di nome Sarah, una bella e intelligente ragazza, che lavora all'interno dell'Istituto, anch'essa sordomuta e abbandonata dalla famiglia, ma adottata dall'Istituto definitivamente in pianta stabile. Essa rifiuta qualsiasi tipo di aiuto e non si vuole sottoporre alla terapia dell'insegnante, che fa di tutto per poterla fare uscire dall'ostinato involucro psicologico in cui la ragazza si è racchiusa. E così, inevitabilmente, poco dopo entrambi si innamorano l'uno dell'altra. E' una bella storia d'amore e come in tutte le storie d'amore, i personaggi vivono momenti di scoraggiamento e momenti con sentimenti più tormentati, ma che contribuiscono a legarli ancora maggiormente. James si accorge via via che non basta l'amore che nutre per lei, occorre qualcosa in più per liberarla dalle sue paure. Egli capisce che l'amore e il rispetto per quella creatura intelligente, deve essere accompagnato dalla pazienza e dall'umiltà per proteggerla e comprenderla ancora di più e vivendo così insieme, finalmente felici.

Volendo accostare i personaggi di questa storia d'amore al nostro mondo calcistico, le similitudini sembrano alquanto scontate e nette.
I tifosi di calcio sono i “figli di un dio minore” proprio come i sordomuti, perchè questa è la considerazione che gran parte dei calciatori hanno nei confronti dei tifosi della squadra in cui essi giocano. Alcuni giocatori infatti, arrivano perfino a dire in maniera alquanto sfrontata che i tifosi non capiscono nulla di calcio. E quindi è meglio che stiano zitti. Altri dichiarano che i tifosi se amano la loro squadra devono dimostrarlo anche quando i giocatori sbagliano, possibilmente senza fischiarli e magari avallando le loro richieste di aumento contrattuali (manco se fossero 2 lire)... Altri ancora minacciano di andare via se le loro richieste pecuniarie non verranno esaudite.... Roba da mercenari tra i più incalliti!

Quei giocatori però non arrivano a capire una cosa importantissima. L'amore che il tifoso nutre ed esterna, non è diretto precisamente a loro, ma è diretto alla società di calcio che per tanti anni ha fatto sempre palpitare i loro cuori, custodendo il sentimento di eterna fedeltà sempre più forte e sempre più sincero.
Questi giocatori però, non si fanno scrupoli quando decidono di non terminare la carriera nella società che per anni li ha fatti crescere. Essi per amore del denaro abbandonano la società che ha fatto enormi sacrifici per valorizzarli, e se ne infischiano dei tifosi sostenitori, lasciandoli con il cuore spezzato dal dispiacere e con l'animo pregno di delusione.

Questi tipi di giocatori non hanno mai letto per esempio, “avere o essere” di Erich Fromm. Impegnati come sono nella spasmodica scelta della società oltreoceano, dove dovranno trasferirsi, essi vivono in un mondo tutto loro dove non c'è spazio per i sentimenti, ma solo per il denaro. Là infatti, oltreoceano, le paghe per i mercenari sono infinitamente più remunerative. Magari con la stesura di contratti faraonici da sottoporre al beneplacito del loro procuratore e alla firma finale per accettazione del giocatore di turno. Diventa poi per loro una recitazione degna dei più grandi attori teatrali, quando nell'uscire per l'ultima volta dal campo, congedandosi da tutti, baciano la maglia che hanno sempre indossato per anni, e per l'ultima volta in quell'occasione. Ma essi farebbero bene a leggere per un paio di orette, magari in aereo durante la trasvolata oceanica, il libro dal titolo “avere o essere” di Erich Fromm, filosofo e sociologo tedesco vissuto nel '900. Egli sostiene se non sia meglio avere o piuttosto sia meglio essere”. Due modi diversi di concepire la vita.

La vita da condurre per “avere” come obiettivo la conquista del potere, l'avidità del denaro e il lusso smodato. Oppure è più importante per un uomo condurre una vita all'insegna dell'“essere” per sentirsi appagati nella forza d'animo, nella virtù di essere di aiuto agli altri, di conquistare la saggezza e la serenità interiore: doti necessarie per vivere una vita di felice appagamento con sé stessi. In sostanza, Fromm evidenzia il fatto che, tutto il valore di queste virtù è certamente superiore alla sete di “avere” ciò che crediamo importante e duraturo, quando invece è soltanto effimero. Infatti...

Tutto ciò che si “ha” si potrebbe perdere da un momento all'altro.
Tutto ciò che si “è”, rimane custodito dentro di noi , radicato per sempre e nulla e nessuno lo potrà mai cambiare.

Ecco, direi che questa categoria di giocatori ha scelto l'“avere”. Beninteso che ognuno di noi è libero di scegliere il destino della propria vita e condurla come meglio crede, ma se pensiamo che poi, allo scadere del loro contratto, essi stessi ritornano di nuovo in quella che credono sia sempre la loro “casa” come fossero “ il figliol prodigo” descritto nella Bibbia, beh allora affermo, senza tema di smentita, che essi sbagliano!

Infatti se la società di calcio li accoglie con rinnovato calore, la stessa cosa non succede con i tifosi o con gran parte di essi.
I tifosi appartengono al “modus vivendi” dell'"essere” e rifiutano dentro il loro cuore ritorni ingiustificati e poco credibili... e perchè, semmai, non dimenticano di “essere” per quella categoria di mercenari “i figli di in dio minore”!

 

1942pipporossonero