Nel 1992 Romeo Anconetani propose pubblicamente l’idea di fondere le due società toscane con una nuova denominazione: “Pisorno”.

Secondo questo progetto, la neonata squadra avrebbe dovuto disputare le partite in un unico stadio da 40.000 posti, a metà strada tra le due città e con attività collaterali quali ristoranti, negozi e quant’altro; tutto ciò avrebbe potuto rendere il nuovo team competitivo ad alti livelli in Italia, divenendo un’unica grande potenza.

Il “Presidentissimo”, anticipatore dei mutamenti del calcio, non aveva, però, fatto i conti con l’identità delle due tifoserie, che mai nella storia furono così unite contro tale possibilità: tra proteste e scontri, venne fatto un passo indietro.

Qualsiasi fusione tra due società non potrebbe mai essere vista di buon occhio dai fedelissimi, figuriamoci quando si parla di una delle rivalità riconosciute tra le più acerrime sotto tutti i punti di vista del panorama nazionale, che rivedono nella squadra della propria città un emblema che trascende il semplice risultato alla fine dei 90’ di una partita di calcio.

Questo aneddoto è una delle tante dimostrazioni di quanto sia sentito uno dei derby più suggestivi e carichi di tensione lungo la Penisola: Pisa-Livorno.

  • LE ORIGINI DELLA RIVALITA’

Siamo nell’anno 1284. Pisa è, fino ad allora, una fiorente repubblica marinara, dotata di una potenza marina tra le più importanti e centro culturale di spicco della regione.

Dopo una serie di secolari contrasti con la Repubblica di Genova, la resa dei conti avvenne presso Porto Pisano nella famosissima “Battaglia della Meloria”, che vide prevalere i liguri.

L’indebolimento della flotta causò un inarrestabile declino della città pisana favorendo, viceversa, la crescita della vicina Livorno, che sviluppò un porto che man mano divenne il principale della zona, scatenando l’ira dei vicini: ciò scaturì il sorgere di un conflitto che continua a vivere tutt’oggi.

  • PISA E LIVORNO

Pisa non era soltanto nota per il suo glorioso passato navale: fu Gabriele D’Annunzio a battezzare una delle sue meravigliose piazze elevandola a “Piazza dei Miracoli”.

Il Duomo e, soprattutto, la Torre pendente, sono tra i monumenti più visitati al mondo, emblema dell’orgoglio fortissimo della città ma, più in generale, di un intero Paese, tanto che da oltre trent’anni l’intera piazza è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità.

E’, inoltre, un grandissimo centro istituzionale universitario e di ricerca: è meta di studenti da tutta Europa ed è, tra le altre, la più importante sede del CNR.

Se da una parte troviamo quindi un grande centro storico e architettonico, a soli 30 km di distanza troviamo il simbolo del cosmopolitismo toscano, frutto di complessità multietnica e multiculturale, favorito da una grande espansione del porto (commerciale e turistico), nonostante le crisi degli ultimi anni stiano minando ad uno dei principali sbocchi del territorio. Sede di un Accademia Navale di rilevanza nazionale, Livorno è però anche culla artistica: nacque qui Giovanni Fattori, re della corrente dei Macchiaioli.

La rappresentazione tipica della città era quasi accecante, un misto tra colore e chiaroscuro,

  • PERSONALITA’ DI SPICCO

Pisa e Livorno hanno dato i Natali a diverse personalità storiche.

Tra i personaggi (tantissimi) se ne ricordano particolarmente uno per parte: sotto la Torre vide la luce Galileo Galilei, un autentico rivoluzionario che è considerato il padre della moderna scienza.
Le sue scoperte in campo astronomico e fisico hanno dato un impulso completamente diverso alla disciplina scientifica, facendola evolvere in modo determinante. Il suo avallo alle teorie copernicane eliocentriche ritenute al tempo eretiche gli costarono un processo pesantissimo.

Nasce invece a Livorno Amedeo Modigliani, creativo unico nel suo genere. I suoi ritratti erano noti per la grande velocità con la quale riusciva a concluderli (addirittura gli bastavano massimo due sedute) e non li ritoccava mai.
Chi posava per lui sosteneva di vivere un’esperienza fuori dagli schemi, quasi trascendentale. Morì molto giovane di tubercolosi.
Due personaggi accomunati da un brillante genio con una vita complessa, due personaggi simbolo di due città uniche come loro.

 

  • IL DERBY DELLA MELORIA: CRONOLOGIA DI UN DERBY INFINITO

La storia di questo acerrimo scontro campanilistico si è riversata, inevitabilmente, in ambito calcistico, divenuto terreno di sfottò e di prese in giro a vario titolo, divenuti noti anche oltre i confini delle due province.
Sono ben 82 gli incontri ufficiali fin qui disputati, di cui primi risalgono addirittura ad un secolo fa, quando nel 1919 si batterono nel campionato di Prima Divisione (antenata della odierna Serie A).

Seguirono numerosi derby in Serie C, fino alla metà degli anni ’60 quando prima il Livorno e l’anno dopo il Pisa, salirono in cadetteria.

Stagione 1967/68: sono anni di profondi cambiamenti sociali a livello planetario e Pisa, da nucleo studentesco di riferimento, non mancò di partecipare attivamente con tutta la sua popolazione giovanile.

Il tumulto generale abbracciò anche il lato sportivo: i nerazzurri, dopo 13 anni passati tra Serie C e addirittura interregionale, approdarono nel 1965 in Serie B e ottennero due salvezze consecutive seppur risicatissime.

Ai nastri di partenza nel 1967, non partiva di certo tra le candidate per la promozione e invece, con grandissima sorpresa, stravolse i pronostici: nel girone d’andata, l’Arena Garibaldi diviene un fortino inespugnabile e il 3 dicembre 1967 fa suo il derby della Meloria: un 3-0 senza appello, frutto della doppietta di Sandro Joan (acquistato in estate dal Verona) inframmezzato dal gol di Pierini.

La gara di ritorno sarà vinta dai labronici, che si tolsero una soddisfazione in una stagione che però vedrà trionfare i vicini, che chiuderanno al secondo posto il campionato, approdando per la prima volta dal Dopoguerra nella massima competizione nazionale.

Una squadra che ha mostrato una superiorità incredibile, soprattutto nella prima parte dell’anno: allo storico capitano Barontini si affiancarono elementi di livello come l’ex viola Gonfiantini (che vanta un palmares interessante) e il bomber Manservisi, che diventerà parte della Lazio di Maestrelli campione d’Italia, i quali faranno vivere un’annata magica al popolo pisano che, ovviamente, annoverano la sonora vittoria nel derby tra le gemme più preziose di quel torneo.

Stagione 1978-79: l’acuto di dieci anni prima rimase tale: la permanenza in A durò il tempo di un anno, per poi risprofondare nuovamente in Serie C.

Serviva una svolta, un progetto che permettesse alla squadra di stabilizzarsi nelle leghe superiori.

Ciò arrivò nel 1978: Romeo Anconetani acquistò il club per 300 milioni di lire, intenzionato a portare in alto la Torre.

Un personaggio tra i più noti del calcio italiano: fu lui, ad esempio, ad introdurre la prevendita dei biglietti per le partite negli anni ’50 quando era alla guida dell’Empoli.

Al timone del Pisa sviluppò, grazie ad una fitta rete di osservatori e consulenti, un leggendario archivio, che conteneva, secondo fonti, schede di circa 40.000 calciatori italiani e non solo.

L’acume del presidente andò di pari passo con le imprese sul campo, nonostante diversi cambi sulla panchina (per i quali divenne celebre): al primo anno centrò la promozione in B e fece suo il derby al Picchi, ultimo derby vinto tra le mura ospiti, sempre il 3 dicembre: esattamente 11 anni dopo dall’altro storico derby.

Fu la rete di Barbana, attaccante assoluto protagonista di quell’annata, che fece impazzire di gioia il popolo di Galilei, che si presentava in uno stadio esaurito da capolista.

Come undici anni prima, il Livorno vincerà la sfida di ritorno (sempre di misura) ma a gioire sarà la società del Presidentissimo, che aveva appena iniziato.

-L’Era Anconetani: la promozione in Serie B non bastava alle ambizioni del nuovo proprietario.

Due salvezze consecutive, dopo anni di attese, non saziarono la fame di calcio ad alti livelli e, sempre coerente con la sfrontatezza ormai caratteristica, Romeo Anconetani diede le chiavi della panchina ad un nome su cui molti storsero il naso: Aldo Agroppi.

Senza mezzi termini, l’obiettivo dichiarato è la promozione: con una marea di pareggi strappati (23 sulle 38 gare totali!) il Pisa si troverà a due giornate dal termine in piena corsa promozione.

Il pareggio nel derby a Pistoia e il contemporaneo equilibrio raggiunto dalla Lazio contro la contendente Varese nel penultimo turno, aprirono la strada per i festeggiamenti.

Il 13 giugno 1982, all’Arena Garibaldi, contro la Reggiana (a cui bastava un punto per salvarsi) ci fu uno 0-0 che rese felici tutti, riportando la massima serie in Piazza dei Miracoli.

L’era Anconetani era ufficialmente divenuta degna di tale denominazione!

Gli anni seguenti si alternarono salvezze, retrocessioni e pronte risalite: mito assoluto divenne Gigi Simoni, autore di due promozioni in Serie A nel 1984/85 e nel 1986/87.

Contemporaneamente a questo “ascensore”, il Pisa ottiene per ben due volte il successo nella Coppa Mitropa, competizione di culto per gli amanti del calcio negli anni ’80.

Il tutto si concluse nel 1994, con la retrocessione in Serie C e il fallimento societario, che costrinse il calcio pisano ad una risalita dai bassifondi dei campionati regionali.

Gli anni ’80 furono il periodo di massimo splendore per i neroazzurri, mentre i rivali non riuscirono mai a riemergere da quella Serie C in cui piombarono nel 1972, anzi, nel 1991 fallì anche la squadra amaranto.

Ma, come per il Pisa gli anni ’80 furono pieni di entusiasmo, arrivò il nuovo millennio a regalare la tanto attesa rivincita ai labronici.

-Con il nuovo millennio il Livorno risorge: siamo ormai agli sgoccioli del Novecento quando Aldo Spinelli rileva la squadra amaranto con forti ambizioni.

Anche lui vulcanico e facilmente umorale quando si tratta di avvicendamenti alla conduzione tecnica (l’esonero di Donadoni ancora risuona nelle menti degli appassionati), è il simbolo di una rinascita calcistica per la squadra, da troppo tempo in categorie minori.

Già nella stagione 2000/01, i toscani sfiorano la tanto agognata promozione, terminata nella finale play-off contro il Como solo ai tempi supplementari in modo beffardo e drammatico, calcisticamente parlando: un’autorete di Geraldi al 120’ consegna la cadetteria alla squadra del lago.

E, sempre in quell’anno, divenne purtroppo indimenticabile il derby fuori casa, vinto a tavolino in quanto il match venne sospeso sullo 0-1 per lancio di oggetti in campo.

Ma è l’anno dopo, con mister Jaconi e con un Protti (ex capocannoniere in Serie A nel 1995/96 con la maglia del Bari, retrocesso, insieme a Beppe Signori) fuori categoria, che il Livorno riesce a centrare, dopo 30 lunghissimi anni, il sospirato ritorno nella B.

In una stagione memorabile, il doppio derby vinto diviene ciliegina sulla torta: all’andata, il 14 ottobre 2001, le reti di Protti e Alteri, tandem incontenibile, fanno felici il pubblico del Picchi, che pregustano una stagione da autentici protagonisti.

Al ritorno, con sempre maggior consapevolezza, la squadra va a far visita ai neroazzurri, strappando un 3-1: il vantaggio ospite di Doga viene ripreso da Guariniello, ma è solo un sussulto: Melara e l’allungo del solito ed immenso Igor Protti chiudono la contesa, regalando una gioia straordinaria, che sarebbe divenuta esplosione di felicità qualche mese più tardi.

Il bomber riminese vince per la seconda volta di fila il titolo di bomber, divenendo idolo indiscusso di quegli anni.

Il primo anno di B, con alla guida Donadoni, oltre ad un Protti eterno (ancora capocannoniere con 23 reti) troviamo elementi storici della squadra quali i già citati Melara e Doga, passando per Balleri, Vanigli e Cannarsa, fino ad un giovane Giorgio Chiellini e al futuro portiere facente parte della spedizione Mondiale 2006, Marco Amelia.

Ma è l’anno dopo che la Livorno calcistica compie il passo più importante: al timone c’è un ancora sconosciuto Mazzarri ed in attacco arriva il livornese DOC: Cristiano Lucarelli.

La coppia d’attacco formata da lui e dallo Zar è una delle più prolifiche di tutta la storia dei tornei cadetti: 54 reti in due, una macchina da guerra.

E’ il 29 maggio 2004 allo stadio Garilli: diecimila spettatori al seguito, un’autentica invasione.

Gli amaranto (per l’occasione vestiti di bianco) passano in vantaggio con Ruotolo. E’ la prima avvisaglia: Protti si traveste da assist-man per Melara per il 2-0, fino alla chiusura definitiva del simbolo perfetto di questa cavalcata, il bomber autoctono con la maglia numero 99.

Il goal di Beghetto vale solo per le statistiche: il pareggio dei cugini viola a Catania fa impazzire una città intera, che dopo 55 anni festeggia un clamoroso ritorno nella massima serie.

Il rientro a casa è da favola: trentamila sostenitori ad aspettare i propri beniamini.

Gli anni immediatamente successivi videro la matricola labronica protagonista: al primo anno, centrò la salvezza, con risultati importanti come il pareggio a San Siro all’esordio contro il Milan o alla penultima giornata al Picchi contro la Juventus; Lucarelli divenne re dei marcatori con 24 reti e fu autore di un poker contro il Parma.

L’anno dopo, con la classifica riscritta dal caso Calciopoli, il Livorno ottenne una storica qualificazione alla Coppa UEFA: una partecipazione resa memorabile da goal di Marco Amelia, che da portiere fece ottenere il pareggio contro il Partizan Belgrado.

L’ultima salvezza avvenne proprio nel 2006/07: dopo, la retrocessione concluse un ciclo stupendo ed emozionante.

Il Livorno riuscì comunque a salire altre due volte (e nel mezzo ci furono due derby nella Serie B 2008/09) ma subito retrocesse e sempre come ultima in classifica: non riuscì più a dare continuità.

Il tracollo portò la squadra in Serie C, dove, l’anno scorso, sono avvenute le ultime sfide.

-Le sfide recenti: gli ultimi incroci sono avvenuti appena la stagione scorsa, nel girone A della Serie C.

Il 26 novembre 2017, in una Arena Garibaldi con le curve vuote in segno di protesta a seguito della decisione delle autorità di limitare la disponibilità dei biglietti a poche centinaia di unità per i supporters livornesi, i padroni di casa hanno la meglio con la rete di Eusepi su assist di Masucci (partito in posizione forse irregolare).

La parte calorosa del tifo manca ma la tensione è alle stelle: oltre alla reazione della panchina livornese sul possibile vizio sulla rete del vantaggio pisano, nell’intervallo si accende una vera e propria rissa che l’arbitro fatica non poco a far rientrare.

Sul campo, finisce 1-0.

Ma è nella gara di ritorno che il Livorno fa suo derby e campionato.

Il 14 aprile 2018, in un Picchi tutto esaurito e con un’atmosfera caldissima, gli amaranto vincono 2-0 con mattatore un veterano della categoria che risponde al nome di Daniele Vantaggiato: nel primo tempo l’assist per il vantaggio di Doumbia; nella ripresa, colpo sotto per chiudere il match.

Gli uomini di Sottil, complici il KO del Siena nell’altro derby toscano contro l’Arezzo, scavalcano proprio i bianconeri e vanno in testa al campionato, fino alla fuga finale per la promozione diretta.

Un’annata magica.

 -La situazione attuale: il Livorno sta vivendo il ritorno in cadetteria in modo precario. Un girone d’andata disastroso ha compromesso la situazione; solo un buon filotto di risultati nel girone di ritorno hanno ridato speranze, almeno per andarsi a giocare la permanenza in categoria ai play-out, affidandosi al talento di Diamanti.

Il Pisa sta invece disputando l’ennesimo campionato nelle prime posizioni senza però riuscire a proferire il colpo decisivo: ancora una volta disputerà i play-off, sperando di raggiungere proprio i cugini per dar vita ad uno dei derby più incandescenti che esista.

 

In colpevole ritardo, ho voluto raccontare la storia di una partita che va oltre il rettangolo di gioco: un’eterna rivalità, una continua lotta per la supremazia della Meloria.

 

Al prossimo appuntamento con un altro derby della gente!