Lo starter alla partenza ha già da tempo premuto il suo grilletto ed i centometristi sono scattati furiosi, occhi iniettati di sangue, per strappare alla Juve, che da anni vince la medaglia d’oro dei 100 metri, il primato.

La differenza quest’anno è sostanziale: se nelle gare precedenti Napoli e, soprattutto Inter, avevano come massima aspirazione quella di arrivare all’argento o al bronzo, in questa il gradino più alto del podio è sempre più una realtà. Non sono rari infatti i supporter bianconeri che, complice il ritardo su allenatore e ringiovanimento del reparto difensivo, cominciano a sentire il trono che vacilla. Ed hanno ragione.

Mentre il Milan inebetito stava a guardare o, come sospetto, ad incassare no a raffica causa una proprietà che vuole vendere il prima possibile, i cugini ricchi dell’Inter piazzavano due polizze assicurative senza rivali in Europa: prima Marotta, oggi Conte. Entrambe le figure sono garanzia assoluta non solo di un mercato degno di Barça e Real, ma di ipoteca seria sul titolo italiano.

Ieri sera ascoltavo le disquisizioni di un ottimo giornalista finanziario, se non ricordo male accasato con Avvenire, il quale spiegava nei dettagli le ragioni per le quali Elliott è, di fatto, in dirittura di arrivo per la cessione del Milan.

Il fondo americano, che si è sempre dimostrato molto cinico, quindi, molto bravo nel suo campo, pare, nel caso del Milan, aver centrato una delle pochissime bucce di banana del suo eccellente curriculum: per farla breve, le fonti in possesso del cronista, invero assai credibili dal punto di vista sostanziale, avrebbero rivelato l’errore dell’edge found nel trattare e concepire una squadra di calcio come se fosse un’azienda ordinaria, con tutti gli errori che ne conseguono. Difficilmente un club seppur glorioso produce utili a breve o medio termine se proviene da anni di passivi mostruosi: ancor più difficilmente è in grado di generarli se ha non più di un paio di presunti campioncini in organico ed un settore giovanile che ha raggiunto il punto più basso da decenni.

In sostanza non ha le basi per creare valore, anche perché Casa Milan è in affitto, e lo stadio di proprietà una chimera. Probabile che un rilancio dovuto ad una qualificazione Champions avrebbe ridato un minimo di ossigeno e fiducia nel proseguire, ma non averla raggiunta (con i sui 50 milioni di dote), avrebbe portato il fondo ad essere determinato a sbolognare la patata rovente a costo di guadagnarci solo un dollaro senza rimetterci.

Il grosso problema, tuttavia, non riguarda l'appetibilità del Milan quanto a prezzo di mercato che, con questi chiari di luna equivarrà ad un terzo del miliardo agognato, quanto il fatto che una società tecnicamente in macerie produce con allarmante continuità 100 milioni di passivo all’anno. In sostanza, concludeva l’ottimo reporter, oggi, tecnicamente, anche chi rilevasse gratuitamente il Milan avrebbe non una, ma un allevamento di gatte da pelare.

Le prospettive erano facilmente deducibili già ai tempi dei balletti mediatici, un po’ comici e molto squallidi, di mr. Bee : il presentimento che si fosse imboccato un rovinoso burrone cominciava già allora ad aleggiare tra gli osservatori più attenti, non accecati da una passione assolutamente fuori luogo.

Se fossero confermati indizi che circolano sinistri da anni, francamente, azzardare previsioni minimamente credibili sulla rinascita di questa società, sarebbe un puro esercizio dialettico fine a se stesso.