Quando una Storia si prolunga e viaggia a cavallo di tre secoli, quando gli eventi di questa Storia assumono spesso il carattere della straordinarietà, quando il protagonista di questa Storia vive costantemente proiettato tra il bene e il male, ma nell'uno e nell'altro caso sempre all'eccesso, quando questa Storia è caratterizzata da sogni impossibili realizzati, incubi terrorizzanti che si materializzano e ripetute estasi paradisiache ripetute, quando tutto ciò accade ebbene questa biografia ha un nome solo: LEGGENDA. Dalla nascita del Milan, datata 16 dicembre 1899 (mai sarà possibile saldare il debito di riconoscenza che i milanisti hanno nei confronti di chi la determinò Herbert Kilpin, neppure la tardiva intitolazione di una rotatoria milanese), il susseguirsi della vita del MILAN è stato il cammino, direi meglio l'epopea di un soggetto che - tra i Club calcistici planetari - ha un imprimatur di esclusività, una unicità che pienamente lo contraddistingue.

In questo contesto è estremamente difficile, per non dire impossibile, estrapolare gli eventi più salienti dovendosi escluderne altri, altrettanto importanti e determinanti; perciò questo modesto contributo non sarà né il solito ripetitivo racconto delle gesta sportive, né il pleonastico retorico tributo alle sua imprese, meravigliose certo, ma ormai ben note a chi segue il calcio. Allora per ripercorrere in queste righe questa incredibile Storia, che addirittura racchiude gli ingredienti della favola, ho pensato di descrivere 5 immagini rimaste nella mente di tutti, milanisti e non, come fossero foto istantanee che ci fanno volare nel tempo e ci riportano, in un battito di ciglia, al momento in cui si fissarono, indelebili, nella mente di ognuno di noi.

La PRIMA ingiallita dal tempo, è il volto di un uomo dove risaltano un cappello, i baffi curatissimi a triangolo e una camicia a strisce verticali. E' lui che ha dato i natali al Milan il 16 dicembre 1899, in tempi pioneristici per questo sport. L'uomo venuto dal Nord (inglese di Nottingham), è il padre, poi giocatore, poi capitano del Milan, club al quale impose una precisa filosofia esistenziale "Saremo una squadra di diavoli. I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari". Il Milan fu vincente subito: Campione nel Campionato di Prima Divisione 1900/1901; poi altre due volte campione d'Italia, prima della dolorosa scissione del 1908 da cui nacque l'altra squadra meneghina e che ci predisse il lungo periodo senza vittorie, interrottosi con la vittoria dello scudetto 1950/51 con il famoso trio di calciatori svedesi soprannominato Gre-No-Li, dalle iniziali di Green, Nordhal e Liedholm. Tra Diavoli, profezie e maledizioni un MILAN PREDESTINATO.

La SECONDA IMMAGINE, è quella di Gianni RIVERA CON UN IMPERMEABILE INDOSSATO SOPRA LA DIVISA DI GIOCO. E' il 22 maggio 1963 e siamo in Inghilterra, a Londra, nel mitico stadio di Wembley; Cesare Maldini ha appena ricevuto la Coppa e la sta alzando verso il cielo londinese accompagnato dalla ovazione del pubblico; a fianco a lui un giovanissimo Rivera, che - avendo ceduta la maglia, non potendosi presentare davanti al Palco Reale a torso nudo - aveva rimediato indossando un anonimo trench di due taglie più grandi. E' l'esplosione della vocazione extra-nazionale del Milan, il Club italiano più titolato nel mondo; la coppa alzata dal primo dei Maldini, Cesare capitano e poi allenatore, proprio come il fondatore del club; il primo di una dinastia che ha  compreso nel cognome il nome della Squadra rossonera, come il marchio della predestinazione. La PRIMA Coppa dei Campioni vinta da una squadra italiana, Milan Campione d'Europa per la PRIMA volta. Da capitano a capitano, Rivera prenderà il testimone e saprà replicare la vittoria di Wembley il 28 maggio 1969, annata strepitosa del Golden Boy, capace di aggiungere al suo palmares anche un Pallone d'oro, il PRIMO vinto da un calciatore italiano. Quante prime volte! MILAN PRECURSORE.

La TERZA IMMAGINE indelebilmente scolpita nella mia mente, forse anche perchè vissuta personalmente, è quella di una STELLA, forse in plastica, che gira su se stessa e viene issata da un tifoso della curva del Milan; sulle 5 punte, sono riportati i nomi dei calciatori della squadra che dopo i 90 minuti sarà Campione d'Italia per la decima volta nella sua storia. Quella stella costituiva una invisibile barriera tra un club anonimo e uno elitario; quella stella ostinatamente inseguita dopo lo scudetto numero 9 e su cui un avverso destino di nome arbitri (o la nostra stessa coda, quella del Diavolo), ci aveva impedito di ottenere fino a quel 16 maggio 1979. Nel mezzo tanti eventi, tante delusioni, tanti soprusi: Lo Bello padre, Michelotti, Barbaresco, una dinastia di arbitri di palazzo anti-Milan, le squalifiche di Rocco e Rivera, gli scippi di partite decisive contro Cagliari, Lazio, Juventus quando - nel ridicolo di un errore arbitrale ammesso - si inventò la moviola; la fatal Verona nel 1973 con la Stella cadutaci di mano all'ultima partita, sacrificata sull'altare di una Coppa delle coppe vinta tre giorni prima, che portò lustro anche alla nostra FIGC, che mentre con la destra ci ringraziava, con la sinistra ci negava il rinvio della decisiva ultima partita di campionato, quindi giocata e persa incredibilmente 5-3. Finalmente dunque quel 16 maggio 1979 si rompeva ciò che era divenuto ormai un autentico tabù, il Milan stellato raggiungeva lo status fino a quel momento esclusivo della Juventus e dell'altra squadra di Milano, che peraltro sopravanzava per numero di trofei internazionali vinti. La muraglia umana presente all'evento era di gran lunga superiore alla capacità di San Siro, una parte del quale era inagibile, ma ugualmente popolata da una marea di tifosi. Forse per la prima volta assoluta, il capitano della squadra Rivera parlò, microfono in mano, alle migliaia di spettatori, chiedendo di liberare il settore inagibile, pena la mancata disputa della partita e conseguente sconfitta a tavolino per la squadra ospitante. Detto fatto, nel giro di pochi minuti i tifosi obbedirono alla richiesta e la partita potè essere disputata regolarmente. Quel trionfo fu dedicato a Nereo Rocco, allenatore grande protagonista del Milan anni '60 e dell'inseguimento alla sospirata stella, venuto a mancare pochi mesi prima. MILAN VINCENTE.

La QUARTA IMMAGINE è di un paio di ELICOTTERI, che docilmente planano all'interno dell'Arena Civica di Milano, gremita ben oltre i limiti della capienza, in un tripudio di colori rossoneri; è il 18 luglio 1986, venerdi: dagli altoparlanti si diffondono le trascinanti note de La Cavalcata delle Valchirie, celeberrima opera di Riccardo Wagner, spesso utilizzata in cinematografia a corredo delle scene belliche; dal primo elicottero scende un uomo di non elevata statura, ma che sarà il PIU' GRANDE PRESIDENTE DELLA STORIA ROSSONERA, soprattutto il più titolato. La saggezza popolare ci tramanda il detto che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi; è quindi previsto nella sua stessa simbologia l'eccesso con cui il Milan percorra i cicli storici positivi e negativi; se, dalla scissione passarono 44 anni prima di tornare a vincere, ben peggio per il club meneghino furono gli anni post stella, quasi che il destino si sentisse in credito per aver concesso l'agognata Stella e volesse essere risarcito con gli interessi. Sono anni di autentica passione per i milanisti: il fango del calcioscommesse, la condanna alla serie B, le lotte intestine per continui cambi di proprietà, la seconda retrocessione dopo un campionato deprimente, ma ancora una volta corredata da episodi poco chiari avvenuti nella partita Napoli-Genoa, decisiva per la salvezza dei rossoblù, a danno ovviamente dei rossoneri; ancora un anno tra i cadetti disputato con la maglia stellata, una beffa; comunque ancora un immediato ritorno in A, ma ancora una volta nelle mani sbagliate di chi stava già creando uno spaventoso il club abisso economico, presupposto del fallimento societario e della fine del club. Eppure il tifoso milanista sempre presente, sempre partecipe, sempre appassionato, capace di riempire lo stadio per una partita di serie B, capace di esultare per l'unica soddisfazione in stagione derivante da un derby vinto e di restare vicino al club in ogni occasione, soffrendo e tremando per le sorti dell'amato Milan; fino al compimento di un autentico miracolo, che ha il volto e il nome di quell'uomo, che quel 18 luglio 1986, scese per primo dall'elicottero all'Arena Civica di Milano: Silvio Berlusconi. Il 20 febbraio 1986 Berlusconi aveva comprato il Milan direttamente dal Tribunale di Milano, dove era in esame la situazione debitoria del club, destinato certamente alla procedura fallimentare e conseguente perdita del titolo sportivo; benchè ancora in fase rampante, il Re delle televisioni private era già universalmente riconosciuto come imprenditore facoltoso e di successo. Finalmente il Milan giungeva in mani sicure. Il tempo galantuomo stabilirà che oltre che sicure economicamente, erano mani competenti, innovative e fortunate anche e soprattutto dal punto di vista sportivo. Quel 18 luglio era dunque il primo raduno del milan Berlusconiano e "l'attacco" non poteva essere più mirabolante e fantasmagorico di quello che riferiamo; da altri elicotteri planano davanti agli sbalorditi spettatori presenti all'Arena, i neo acquisti Donadoni, Galli (Giovanni, ndr), Galderisi, Massaro e Bonetti (Dario, ndr): sono i nomi più celebrati di quella stagione di calciomercato, inseguiti da tutti; Berlusconi, sbaragliata la concorrenza, li ha voluti al Milan e li presenta al pubblico con la originalità e l'assoluto protagonismo riconosciuto al personaggio. E' il primo passo, il primo cambiamento, la prima innovazione che Silvio porta nel calcio, un mondo tradizionalista e conservativo per antonomasia. Seguiranno decine e decine di modifiche, cambiamenti, aggiustamenti che prima guardati con diffidenza, verranno poi presi ad esempio dai top club europei, allorchè saranno i risultati sul campo a confermare la bontà dei cambiamenti. MILAN RIVOLUZIONARIO.

La QUINTA IMMAGINE E' QUELLA DELLO STADIO CAMP NOU DI BARCELLONA STIPATO DI TIFOSI ROSSONERI nelle ore precedenti la Finale della Coppa dei Campioni 1988/1989; centomila tifosi dentro e almeno altrettanti nelle mitiche ramblas... è il più numeroso esodo sportivo che si ricordi, destinato a restare una unicità in quanto IRRIPETIBILE! La impressionante ondata di tifo rossonero, assetata di rivalsa e impreziosita da una squadra assolutamente dominante, oltre che spettacolare, indusse i milanisti, di Milano e non, ad una vera e propria trasmigrazione verso la metropoli catalana. E' la rivincita di un popolo, l'orgoglio di una schiera, la rivalsa della gente che si è purificata attraverso anni bui e dolorosi e che vedeva realizzarsi vittorie impossibili anche da sognare, con prestazioni sul campo spettacolari, sontuose, eleganti; un connubio di doti tecniche e atletiche, un armonia di squadra che rasenta la perfezione o che perfezione era. Il profeta del cambiamento, l'eretico che anteponeva il gioco alle individualità, il sacrificio ai colpi di genio, la voglia di vincere al prima non prenderle, insomma l'attuatore della riforma del calcio in Italia porta il nome dell'allenatore Arrigo Sacchi. Grandi giocatori al servizio della squadra la resero formidabile, inimitabile, imbattibile insuperabile. Nel 2015 il sito UEFA la riconoscerà come "....la più forte di tutti i tempi". MILAN IMMORTALE.

Quando si è in cima si può solo scendere e gli anni successivi all'era berlusconiana sono stati difficili, di lenta ricostruzione e di assenza di vittorie; il tifoso rossonero li ha vissuto nel ricordo del trentennio di vacche grasse, ma piano piano ha nuovamente sentito la voglia di primeggiare. Alcuni "segnali" di crescita si sono cominciati a vedere: una proprietà di nuovo solida anche se di passaggio assicura una stabilità finanziaria che era venuta a mancare, l'ingresso in dirigenza di due colonne innamorate del Milan come Maldini e Boban assicurano serietà di progetto e l'investimento su calciatori giovani e di talento, prima o poi darà i suoi frutti, riportando il Milan nell'Olimpo del calcio. Nel frattempo godiamoci ancora un'immagine, recentissima e iconografica: la suggestiva coreografia creatasi domenica a San Siro, nel giorno dell'anniversario del club: sessantamila tifosi, 120.000 braccia tese a reggere la sciarpa loro donata all'ingresso. Ci auguriamo che sia la PRIMA immagine dei prossimi 120 anni, ancora meravigliosi, per una sola LEGGENDA che ancora CONTINUA e che porta il TUO NOME: AC MILAN.