Il Pipita e il doppio Io

Sapete… non mi ha affatto stupito. Nei giorni scorsi ho letto un’intervista di Gonzalo Higuain rilasciata a La Nacion e risultata parecchio interessante, ma non mi ha lasciato a bocca aperta. Della serie: me lo sarei aspettato. Anzi, sono rimasto di stucco in quanto immaginavo che il Pipita potesse addivenire a certe rivelazioni già prima. Ho sempre avuto un’immagine nitida dell’argentino. Un giocatore formidabile. E’ un talento mostruoso. Ha la classe degli eccelsi. La sua qualità non si discute. Si ama. Parla la lingua del pallone. Tocca la sfera come il pianista tasta le linee bianche e nere del suo strumento. Ha la stessa delicatezza che accompagna il papà mentre coccola dolcemente la creatura. Un fenomeno. E’ dotato della visione di gioco dei migliori. Sul campo pare avere la bussola. E’ sempre al posto giusto nel momento più azzeccato e imbecca i compagni con la precisione dell’orologiaio svizzero. Cosa gli manca? Perchè non ha mai vinto la Champions? O un Mondiale? Beh… è stato anche sfortunato in quanto ha vestito maglie come quella del Real Madrid, della Juve, del Milan e della Nazionale Albiceleste, ma non ha mai sbancato il tavolo. Per quale motivo, ai tempi della camiseta blanca, si dice che Ancelotti gli preferì Benzema spedendolo al Napoli? I numeri sembrano aver dato ragione al mister di Reggiolo. Quando si pensa al francese, ci si ritrova di fronte a una macchina programmata per il calcio. Non è un caso, se l’attaccante dei Galacticos ha vinto ben 4 Champions con i vessilli dell’incredibile armata. E non è finita… Higuain, invece, è sempre apparso combattere una complicata e logorante battaglia interiore. Come se il corpo fosse su un campo verde, ma la testa non volesse essere lì. O almeno, non gradisse quella vita. Il Pipa ama il pallone? E’ certo. Altrimenti non si giunge a quel livello e non gli si dedica l’esistenza, ma pare non sopportare l’ambiente in cui deve vivere l’atleta. La galassia ultraterrena in cui è immerso il campione che il covid ha contribuito a rivelare una bolla di sapone. Il calcio sembra emergere dalla normalità ma, fortunatamente, è quanto di più umano esista. Non può trascendere dalle leggi che regolano il tutto come non lo fa alcuna altra disciplina al mondo. Ciò che non è fede, è immanenza. Così, con questo dualismo nell’anima, Gonzalo pare avere condotto la sua carriera. Ora veste la maglia dell’Inter Miami, squadra di MLS americana che sta per iniziare la stagione. A quelle latitudini, come spiega bene il sudamericano, il globo è rovesciato rispetto al Vecchio Continente. La strana bolla di fama e pressioni appartiene ad altri sportivi. Lì, il Pipita ha potuto riunire il suo Io. Ecco perché Higuain non è mai stato un campione completo e non ha raggiunto i livelli che le sue infinite doti avrebbero potuto garantirgli.

Spesso si è criticato il suo peso e la forma fisica. L’argentino non è Cristiano Ronaldo. Non è bionico e non è l’uomo immerso perfettamente nel sistema in cui presta la propria attività professionale. Gonzalo è come quello studente perfetto, e magari figlio d’arte, che non approva i canoni dell’habitat in cui è inserito. E’ l’alunno che giunge all’esame con una pressione micidiale e un gorilla sulle spalle. In quelle condizioni, la stecca è dietro l’angolo anche per Einstein. Higuain sente le tensioni come pochi. In tanti ricorderanno la scenata di rabbia durante Milan-Juve dopo il rigore sbagliato e l’espulsione patita. Questo è il Pipita. Capace di capolavori come i 36 gol in una stagione di serie A con il Napoli, ma pure di errori micidiali nelle gare di Champions. La finale giocata con la maglia dei bianconeri proprio contro il suo ex Madrid non fu certo una serata di giubilo. I tifosi della Vecchia Signora ricordano con rammarico anche la sua prova nell’ottavo di ritorno contro il Lione dello scorso 7 agosto, quando il Pipita si presentò assolutamente fuori condizione. Un uomo così sensibile non può che avere risentito della situazione attuale. Dopo il lockdown, Gonzalo è sembrato nutrire patemi ancora più ingombranti che, forse non a caso, lo hanno condotto all’addio al calcio europeo. Non voglio trattare delle questioni familiari che, eventualmente, avrebbero contribuito a tale decisione.

La bella vita non piove dal cielo

Non solo Gonzalo, però… L’intervista rilasciata dall’attaccante fornisce una miriade di spunti su cui scrivere. Cercherò di essere conciso e partirei dal bambino che sogna di diventare un professionista. L’argentino afferma di essere nel “calderone” da quando ha 9 anni. Una vita, praticamente. Rimarca, quindi, tutte le fatiche che lo hanno condotto a entrare nel dorato mondo pallonaro d’élite. Non è nato con la camicia. Si suol dire. Eh sì… Ha proprio ragione. E’ sempre molto semplice attaccare i calciatori per i loro guadagni e lo stile dell’esistenza... L’etica è soggettiva ma, oserei affermare che, paragonati a molte altre categorie, siano fuori da ogni logica. Non trovo corretto, invece, che si neghi la fatica consumata per giungere a un determinato livello. Vorrei farvi degli esempi. Il ragazzo delle scuole superiori che è parte di una compagine piuttosto importante può affrontare anche 3 allenamenti alla settimana più la gara del weekend. C’è chi esce dall’istituto, prende il treno su cui consuma un pasto frugale, e si reca ad allenamento per poi giocare nel fine settimana. Alla sera rientra tardi. Deve organizzarsi per studiare ed alzarsi alle 6.30 della mattina successiva. Nonostante tutto, non molla. Ma esistono situazioni anche molto più complesse. Bambini che vengono “strappati” alle famiglie per essere condotti nei collegi delle varie squadre. La Masia del Barcellona è moto nota. Messi è cresciuto proprio lì. Non sono certamente trattati come Cenerentola. Anzi… Ma, per un pargolo, lasciare il nido non è sempre semplice. Penso agli sforzi del padre di Dybala che, a lungo, l’ha condotto agli allenamenti lontani da casa e alla sofferenza patita dal giovane dopo la scomparsa del suo vecchio. La Joya ha lasciato la mamma e ha seguito la sua passione. Pardon, professione. In quanti giocatori vivono distanti migliaia di chilometri dalle loro origini?! Provate a estirpare il fiore dalla radice e a piantarlo in un habitat completamente diverso. Controllate, poi, quanto reggerà. Le persone non sono troppo diverse... Dietro al campione c’è sempre un uomo e alle spalle dell’essere umano si trova costantemente una storia di vita. Questa non può esulare dalle sofferenze. Il Pipa afferma che i soldi non fanno la felicità. Sarà un modo di dire parecchio inflazionato, ma è realistico. Per carità, risolvono molti problemi. Sarei ipocrita a negarlo. Ma non tutti.

Onori e oneri

Si giunge, quindi, alla carriera del calciatore e alla sua fase matura. E qui, penso, potrei stupirvi. Perchè? Sarò franco. Concordo solo in parte con Higuain che mi pare abbia disegnato un quadro troppo negativo della situazione. D’altro canto, ognuno è influenzato dalla propria esperienza e dalla propria storia. Gonzalo parla di tifosi e stampa che lo criticano per il suo aspetto fisico, persino per il taglio di capelli o la barba. Non si riferisce solo a una questione atletica. Tratta di pressione che evidentemente ha sempre percepito in maniera troppo importante. Mi verrebbe da dire: “Caro ragazzo, questa è la vita della star! Tanta gloria, molti oneri!”. Le stelle sono sovra pagate, ma soprattutto godono delle reverenze di chiunque. Non ci si nasconda dietro un dito. E’ vero che le si critica costantemente ma, quando manifestano una necessità, sono tutti pronti ad accoglierla. Dalle mie parti si direbbe: “Bocca mia, cosa vuoi?!” Questa è la doppia identità che dovrebbero valutare molti individui quando tastano il tema. Non si può attaccare una categoria nei discorsi per poi “genuflettersi” al momento opportuno. Serve una barra diritta e un equilibrio. Altrimenti ci si comporta alla stregua di Pietro: “Prima che il gallo canti, mi rinnegherai 3 volte”. E’ chiaro che il paragone con Gesù è assolutamente forzato. Non intendo urtare la sensibilità di alcuno, ma solo rendere l’idea. Altrimenti, e forse ancor peggio, si agisce come chi sparla alle spalle per poi fingere una stima inesistente. Ciò ammesso, di fronte a tanta grazia ed eccesso di gaudio, non si può pensare di vivere una vita normale. Assieme al pranzo nel miglior ristorante o alla serata nel locale più in, c’è la critica per la barba troppo lunga. C’est la vie… Urge essere molti fortunati e attorniati da amici in grado di rendersi utili nel distinguere l’attacco dal consiglio costruttivo. A questo si deve aggiungere un’ampia dose di freddezza che non tutti posseggono all’interno del loro DNA. Non è facile perché l’uomo è sentimento per natura. Non è semplice avvicinarsi agli automi.

Non rimprovero, quindi, al mondo del calcio la sua “malvagità”. Le virgolette sono esplicative del significato che dono al vocabolo. I tifosi hanno il sacrosanto diritto di sfogare le loro frustrazioni sul pallone, ma lo devono attuare comprendendo sempre il limite. Dai, bando alle ciance, la parolaccia rivolta al giocatore è ammessa. Altra cosa, invece, è l’insulto razziale o alla famiglia. Lo stesso vale per i media. Ci sono persone che fanno di parte della loro professione un atteggiamento critico nei confronti della vita. E’ un mestiere come un altro. E’ fondamentale e assolutamente rispettabile perché, senza, ognuno di noi vivrebbe fuori dalla realtà. Anche qui, però, non si deve varcare una determinata soglia. L’esempio più classico è il politically correct che, a tratti, diventa quasi censura. Si pensi a quanto accadeva nel Rinascimento con personaggi come Galileo Galilei posti al bando dalla Chiesa. Ora ci troviamo circa in una situazione opposta in cui in tanti temono a manifestare dissenso nei confronti di un qualsiasi dettame della scienza per paura di essere considerati beceri o ignoranti. Se lecita, ogni opinione è rispettabile e non si deve avere remora nel manifestarla. Nessuno può essere messo a tacere.

I problemi di tutti

Non è, però, tutto oro ciò che luccica e l’ambiente del pallone ha sicuramente più di un problema. Si diceva che il calcio è una componente della realtà e, come quest’ultima risulta perfettibile, pure esso ha molte magagne. Mi limiterò a scrivere dell’Italia, ma immagino che altrove non sia tutto rose e fiori. Si pensi alla gestione della situazione legata all’ingresso del pubblico negli stadi, ai fondi o ai diritti televisivi per il prossimo triennio della serie A. Recentemente si tratta di una sorta di malcontento che alcuni club della massima categoria avrebbero palesato nei confronti del Presidente di Lega Dal Pino proprio in riferimento ai primi 2 punti citati. Se la Federazione riesce a barcamenarsi piuttosto bene, guidata dalle solide mani di Gravina, i vari Presidenti del campionato più importante sembrano avere continui dilemmi dalle soluzioni machiavelliche. Siamo, per esempio, oltre la metà del mese di aprile e ancora non si ha una data ufficiale per l’inizio del prossimo torneo. E’ ammissibile? Sinceramente, lo trovo alquanto evitabile. L’emergenza legata al covid, poi, ha bloccato a lungo il dilettantismo che credo fosse da ristrutturare. Serie D, Eccellenza, Prima, Seconda e Terza Categoria. I tornei sono molteplici e suddivisi su più gironi. Suppongo non sia semplice per la Figc avere il controllo su ogni competizione. Forse sarebbe il caso di ridurre il numero? All’interno di queste manifestazioni circolano importanti quantitativi di denaro… Alcuni atleti riescono ancora a campare di solo calcio, ma sarà molto più difficile dopo lo sterminio economico del coronavirus. I giocatori sono sovente sottoposti a ritmi molto elevati nonostante non siano professionisti e debbano condurre una vita lavorativa alternativa. Potrei ampliare il discorso, ma non voglio uscire dal tema. E’ comprensibile, comunque, che, se in queste realtà il pallone ha risvolti tanto pesanti, la proporzione è mantenuta crescendo di livello. Quanto sta accadendo, potrebbe essere utile a ridimensionare tutto rendendo così meno ingombranti le veritiere dichiarazioni del Pipita.