Quando nel 1985, in una giornata d'estate di 34 anni fa, in Belgio nello stadio Heysel in Bruxelles morivano 39 persone, di cui 32 italiani, il mondo si fermò per un momento a pensare, la gente incollata davanti alla tv vide il crollo di quella curva dove si trovavano i tifosi della Juventus, che  venne invasa da alcuni tifosi del Liverpool e che non potè reggere tanto, troppo peso.
Molti si accorsero quasi subito che la struttura stava per cedere sotto le botte e la rissa, ma non potevano far altro che sperare che non accadesse niente, ma alla fine la curva cadde e con lei tantissime persone.
Le urla, il dolore e i pianti hanno accompagnato quelle 39 persone in un altro mondo, diverso da quello terreno, mentre i sopravvisuti tra la paura e le angosce tentavano di aiutare chi era in difficoltà.

Gli anni sono passati, 34 per la precisione, ma il dolore stringe tutti quelli che ogni qualvolta pensano a quella giornata. Sì perchè della partita Juventus-Liverpool, il finale non è mai interessato a nessuno, a nessuno che non fosse buono e comprensivo nei confronti di quelle persone decedute e che ancora oggi riecheggiano nei volti e nei cuori di chi ha vissuto quei terribili momenti. Molte persone sopravvisute si sono chiuse in se stesse, vivendo attimi di panico totale e solo l'aiuto di psicologi e addirittura psichiatri hanno migliorato la loro situazione, sì perchè si può uscire indenni e con alcune escoriazioni esterne, ma l'interno - l'anima - resta ferita a vita.
Molte persone che correvano, urlavano, molti tentavano di aiutare chi era bloccato sotto quelle macerie, altri tentavano di salvare chi purtroppo li sotto aveva già perso la vita. Sangue, tanto sangue e corpi dilaniati dai colpi del cemento, che crollato giù con loro, aveva distrutto vite e famiglie, persone schiacciate dal peso di altre persone che per scappare e con il terrore di rimanere sotto anche loro acciaccavano altre persone che cadute a terra non riuscirono più a rialzarsi.

Io non ho vissuto personalmente quei momenti, visto che nel 1985 ero poco più che un appena nato, ma negli anni tra racconti di chi ha vissuto quei momenti dalla tv, nei video visti sul web, tra qualche lacrima che vien giù, mi sento uno di loro, uno che lì non c'era fisicamente, ma era presente.
Come dice un celebre pezzo di Mogol cantato da Lucio Battisti e Mina "...La mente torna, il cuore mio, quasi si ferma e intorno a me lo spazio immenso, che persino io non ho più senso. .", eh già, perchè trovandomi davanti a tali situazioni mi fermo a pensare, mi sento parte di una tragedia che non ho vissuto, ma che mi porta ad averla vissuta nel cuore, e ogni volta quelle immagini passano in tv mi sento addosso una tristezza mista paura e non riesco a trattenere le lacrime, un'emozione troppo forte, un brivido che passa lungo la schiena e mi pugnala il cuore.

Sì, io mi sento uno di loro, e lo dico perché per ogni persona morta sotto i colpi di quei sassi, muore una parte di me tifoso e uomo.

Capisco le famiglie che hanno da quel momento chiesto rispetto verso i loro cari, visto che là sotto sono finiti persone adulte e ragazzi molto giovani.
Mi fa male vedere quelle scritte diffamatorie con quel +39 con scritte contro chi non c'è più, canti contro chi non c'è più, ma purtroppo noi possiamo poco o niente contro l'imbecillità di alcuni singoli, che si sentono di fare i gradassi nei confronti di persone che son passate a miglior vita, ma sono certo che sarebbero stizzite e non poco se qualcuno toccasse un suo caro che non c'è più.
L'egoismo non ci deve essere contro le persone che non ci sono più, visto che è facile attaccare un morto, ma forse quello che non passa per l'anticamera del cervello di questi individui è che ci sono dei cari che soffrono ogni volta leggendo o sentendo parole contro chi li ha lasciati in una sera di Maggio.
Ricordare, stare uniti aiuta ad essere persone migliori, dare addosso e attaccare chi non c'è più è solo da persone piccole, da menefreghisti che al di fuori dello stadio si vantano anche di averlo fatto e di essere apparse con tali striscioni contro persone defunte.

La mia speranza è quella di poter vedere famiglie e figli tornare allo stadio, per divertirsi e tifare la propria squadra, senza inneggiare alla violenza o attaccare persone che son passate a miglior vita.
Il calcio non è violenza, il calcio è una passione che va condivisa, che si sia di una o dell'altra squadra, perchè tutto torni ad essere un posto felice, dove per felicità e la goia deve regnare, ma senza mai dimenticare quel che in passato ci fa ancora pensare...

PernondimenticareHeysel +39# (in ricordo alle 39 vittime )