Dalla Grande Muraglia cinese alla città giordana di Petra; dalle misteriose rovine del Machu Picchu all'imponente Colosseo, fino ad arrivare all'incantevole Taj Mahal indiano: la lista delle sette Meraviglie del mondo moderno potrebbe presto accoglierne un'ottava. Delle 7 già citate fanno parte anche il portentoso Cristo Redentore, che si innalza con i suoi 38 metri a protezione della città di Rio de Janeiro, e i fascinosi resti maya di Chichén Itzá, luogo solitario e ricco di mistero. Le sette Meraviglie del mondo moderno tolgono il fiato: una sorta di scrigno che conserva paesaggi magici, antiche civiltà scomparse che emettono ancora flebili respiri tra le dimenticate vestigia conservate dal tempo.

Il 7 luglio del 2007, a Lisbona, avveniva la scelta ufficiale delle sette meraviglie, definite "nuove" (moderne) perché si sommavano a quelle antiche, selezionate con cura da Antipatro di Sidone (nel II Secolo a.C.). Tra queste - oggi in gran parte scomparse -, come non ricordare il maestoso Colosso di Rodi, la strabiliante e sacrale piramide di Cheope a Giza, oppure i paradisiaci Giardini Pensili di Babilonia (la "Porta di Dio") e la statua di Zeus ad Olimpia, alla cui sola vista i fedeli del Dio greco perdevano i sensi, estasiati da quella portentosa costruzione che aveva superato i limiti tecnologici e mentali dell'epoca.

Come preannunciato ad inizio articolo, a breve si riuniranno le più rinomate menti del mondo culturale, al fine di inserire l'ottava perla nel novero delle Meraviglie. Una meraviglia, l'ottava, fantastica ed inaspettata. Inaspettata perché si tratta di uno stadio adibito al calcio.

Sì, cari lettori, avete capito bene: una prosaica struttura sportiva finirà nel gruppo delle 7 - pardon, 8 - Meraviglie del mondo moderno. Come ben saprete, il gusto e l'estetica sono dei concetti puramente soggettivi: "non è bello ciò che è bello, ma ciò che piace" recita il famoso detto. E, infatti, se chiedeste ad un uomo dai capelli bianchi quale sia lo stadio più bello, lui ti risponderebbe il "Maracanã" senza neanche pensarci; se lo domandaste ad un giovane, probabilmente esiterebbe maggiormente, ma ti darebbe comunque come risposta lo "Stadio Bernabeu" di Madrid o la modernissima "Allianz Arena" di Monaco di Baviera, oppure il magico "Old Trafford" casa del Manchester United: il singolo giudizio verrebbe notevolmente influenzato dai gusti peronali.

Se invece i parametri per giudicare uno stadio fossero soltanto oggettivi; se si prediligessero criteri quali l'ambientazione, la posizione o il clima, la risposta alla domanda "qual è lo stadio più bello?" sarebbe facile e scontata: l’Henningsvær Idrettslag Stadion.

Questo fantasmagorico impianto - non ci sono altri aggettivi per poterne descrivere al meglio la bellezza mozzafiato - sorge ad Henningsvær, ridente località facente parte delle Isole Lofoten, nella Norvegia settentrionale, ad un tiro di schioppo dall'affascinante e freddissimo Circolo Polare Artico. Appena si mette piede ad Henningsvær ci si accorge immediatamente che è il regno dei pescatori di stoccafissi: poco prima dell'ingresso in città, grandi graticci in legno accolgono i visitatori, e se capitaste da queste parti dalla fine dell'inverno all'inizio dell'estate, trovereste distese di merluzzi ad essicare - uno spettacolo impressionante! - a cui s'aggiunge anche un inebriante (o nauseante, fate vobis) profumo di pesce.

La pesca, vera ricchezza del villaggio, si sviluppò verso l'inizio del 18° secolo, quando sotto la guida del medico Henrik Drejer Henningsvær (che ne diede il nome), il primitivo villaggio si sviluppò rapidamente, anche per la sua posizione privilegiata, nei pressi delle zone più pescose dell'intero arcipelago. Per le caratteristiche casette in legno - a palafitta, le famose "Rorbuer" - Henningsvaer è anche chiamata la “Venezia delle Lofoten”: un soprannome impegnativo ed eccessivo, tenendo conto delle minute dimensioni di questo borgo di pescatori. Il territorio è caratterizzato da ripidissime montagne (il monte più alto è lo Higravstinden), che finiscono a strapiombo sul mare: una meravigliosa ed affascinante fonte di guadagno per le isole, dato che sono numerosissimi i turisti attratti dalla loro atipica bellezza.

Montagne scoscese circondate da un mare cristallino ed impreziosite dalle cabine di pescatori poste lungo le baie: tutto ciò crea un’esperienza indimenticabile, oserei dire mistica, nel cuore di chi visita Henningsvær. È in questa suggestiva ambientazione che, circondato dai paletti su cui fare seccare il merluzzo, in uno scenario quantomeno affascinante e insolito, sorge il meraviglioso Henningsvær Idrettslag Stadion. Questo impianto, ricavato livellando il fondale dell'isola, non viene utilizzato da squadre professionistiche: non poteva essere altrimenti, visto che la ridente cittadina insulare consta di soli 500 abitanti. Progettato quindi per ospitare esclusivamente le partite di quattro diverse squadre dilettantistiche, il campo dell'Henningsvær Stadion è totalmente in erba sintetica - avete idea di quanto freddo faccia da queste parti!? - mentre un modernissimo impianto di illuminazione a giorno garantisce la dose di luce necessaria. 

Ma come si potrebbe fare qualora i palloni cadessero in acqua? Stiamo parlando pur sempre di un campo circondato dal Mare di Norvegia. A queste latitudini danno prova di saperne una più di Bertoldo e di saper prevenire piuttosto che curare, escogitando un sorprendente sistema per evitare che i palloni vadano persi nelle gelide acque scandinave: i pescatori hanno costruito delle griglie laterali fatte interamente di baccalà (la specialità della casa) essicati, che "imprigionano" i palloni destinati altrimenti alla deriva. Non c'è che dire: davvero ingegnosi questi norvegesi!

Ingegnosi e pure fortunati, perché non capita tutti i giorni di poter dare due calci al pallone in uno stadio così meraviglioso. Una gemma incastonata tra le ripide montagne e il mare cristallino di Norvegia.