Marco Bernardini, un poeta del giornalismo sportivo.

Non so e mi ostino a non voler sapere quale sia il suo rapporto con Fulvio, ché se scoprissi una parentela di qualsivoglia guisa mi attapirerei in maniera esagerata.
Ma il poeta Bernardini è solito lanciarsi in soliloqui infarciti di nozioni storiche legate agli anni sessanta e ridondanti di rivoluzionarismo da scrivania. Quello tanto caro alla Nouvelle Vague del giornalismo italiano che ha riempito le redazioni fino agli anni '90, il cui emblema fu quel Gianni Minà che decantava la sua pluridecennal, amicizia con Fidel Castro.

Già alcuni giorni addietro ebbi l'occasione di leggere un delirio storico-calcistico di Bernardini che accomunava Buffon e Che Guevara. A prescindere dall'accozzamento (non si tratta di errore, proprio accozzamento intendevo scrivere) fra i due, che sono compatibili come cavoli e frullato alla banana con cioccolato, in quell'occasione ebbi la possibilità di conoscere la vera storia della morte di Che Guevara, secondo il poeta-giornalista italico ucciso da un povero soldatino Colombiano tremante che lo aveva tradito.

Poco conta che ogni "studioso", anzi, anche ogni studente, di quegli anni sappia che la storia del soldatino è una leggenda metropolitana creata ad arte per enfatizzare la figura martirizzata del Che. Poco conta anche che in ogni dove vi siano e si trovino le interviste rilasciate dall'ufficiale della CIA, un esule Cubano, che lo fece fucilare a Cameri, dove lo stesso spiega che ordinò che le fucilate fossero indirizzate alla parte inferiore del corpo per far sembrare la morte del Che come avvenuta in battaglia.
Non vado oltre, la storia la trovate ovunque, la conoscono tutti, tranne Bernardini, che è rimasto fermo agli anni sessanta.

Oggi, però, il vate (ahimè) bianconero ci ha donata una nuova perla di conoscenza.

Nell'ennesimo e puntuale articolo che, come ogni 29 settembre di ogni anno, rievoca la canzone resa famosa da Vandelli e soci, in un fluente marasma di stucchevole originalità, legando Battisti (notoriamente di destra) al '68 (notoriamente di sinistra) e a Rivera (notoriamente cattolico), in una Ratatouille politico-intellettuale degna del peggior Aldo Biscardo, Bernardini uccide Alfio Cantarella.
Chi è Alfio Cantarella?
Alfio Cantarella era il batterista dell'Equipe 84 che incise 29 Settembre. Per Bernardini, Alfio oggi è in cielo che pesta sulla batteria durante i temporali. Magari mi sbaglio e lui intendeva che Cantarella vola su un Boeing 727 RyanAir e, per pagarsi il biglietto, durante i temporali copre il suono dei tuoni con quello della sua batteria.
Ma mi vedo già Alfio, mentre smadonna, ravanarsi le parti basse nell'universale e scaramantico gesto atto ad allontanare la Sfiga Maxima che ciascuno di noi è solito compiere in situazioni molto meno sgradevoli di quella creata da Bernardini. Ora, nulla di male, tutti sbagliano, ma i problemi sono altri.

Innanzi tutto che Bernardini non ne azzecchi una: ma di questo gli siamo grati, in quanto ci tiene su di morale e ci allieta le giornate.
Il secondo è che parla di cose che pretende di conoscere e dimostra di non conoscerle, che è tipico di certo giornalettismo nostrano.
Il terzo che bastava leggere Wikipedia per scoprire che Alfio è vivo.
Ma Bernardini, che evidentemente usa "Internette" come mio nonno (morto quando ancora c'era il Commodore 64 e l'Internet era una rete sperimentale militare americana) e, avendo cercato "Alfio Cantarella" su Internet, ha trovato la notizia della sua morte.
Bastava, però, aprire l'articolo per leggere: "Giorgio Scarlatti, in arte “Centimetro“, noto anche come “Alfio Cantarella”, è morto qualche giorno fa all’ospedale San Bortolo di Vicenza. Il 63enne era un personaggio molto conosciuto, l’arbitro più amato e contestato del capoluogo berico. Un passato fatto di chilometri macinati sui campi di calcio di tutta la provincia, fischietto in bocca e decisioni arbitrali che riuscivano ad animare anche le partite più sottotono. Negli ultimi anni, invece, gli avventori dei bar del centro città ne apprezzavano le doti, diciamo così, di flâneur da bancone e da strada, con le sue storie più o meno inventate e il suo sorriso beffardo sempre stampato in faccia." (VVOX, 22/11/2016).

Va bene tutto, ma un minimo di serietà quando si fa un lavoro per cui si viene pagati è richiesta anche ad un giornalista sportivo, anche se Biscardi ha sdoganato qualsiasi cosa anni fa.
Certo di aver fatto cosa sgradita a Bernardini e a parte della Potentissima Redazione mi scuso, ma non riesco a resistere a queste cose.