La corrente stagione della Roma non sarà ricordata per le venticinque vittorie in campionato (meno uno dal record assoluto), per i quattro trionfi contro le milanesi (non succedeva dal 1955) o per i gol di Dzeko; no, l’annata 2016-2017 resterà nella memoria come l’ultima di Francesco Totti. La querelle mediatica Totti-Spalletti ha raggiunto proporzioni nazionali. Hanno detto la loro Sgarbi, Maurizio Costanzo e perfino Matteo Renzi; manca solo il commento di Papa Francesco. Luciano Spalletti, nonostante i quarantasei punti del girone di ritorno dell’anno scorso e i settantotto del campionato attuale, è perennemente sotto accusa. Reo di aver voluto “fare fuori” Totti, fenomeno assoluto della storia del calcio e simbolo della società giallorossa, a Spalletti non è stato perdonato niente, né l’uscita sfortunata dall’Europa League né la débâcle in coppa Italia contro la Lazio. Certo, risulta complicato considerare costantemente in crisi una squadra che ha vinto più di trenta partite in stagione, eppure i media non hanno perso occasione per attaccare la Roma e il suo allenatore. È difficile spiegare l’ossessione degli opinionisti (sportivi e non) e dei tifosi per la vicenda Totti. Bisogna considerare ciò che egli, il “bimbo de oro”, vincitore del terzo scudetto e orgoglio di una città intera, rappresenta per il popolo romanista. Nel cuore dei romanisti, Totti ha smesso da tempo di essere un calciatore per diventare un simbolo di qualcosa di assai più importante. Egli incarna lo spirito del “romano qualunque”, è il principe di un modo di vivere vecchio di duemila e cinquecento anni. Un bravo ragazzo, timido e legatissimo alla famiglia, impulsivo e spiritoso, cui è riuscito di giocare per tutta la carriera nella squadra che tifava da bambino; un eterno adolescente, che vuole soltanto scendere in campo, segnare ed esultare. È il figlio che tutte le mamme desidererebbero e l’uomo che ogni romano vorrebbe essere: senza pensieri, come da ragazzini, a giocare a pallone fino a sera. Oltre all’affetto smisurato dei tifosi, ad accrescere l’interesse (e la polemica) intorno alla fine della carriera del capitano, ha contribuito la poca chiarezza. Da parte della società, e da parte del calciatore stesso. Perché non dire subito, rinnovato il contratto, lo scorso giugno, che sarebbe stato l’ultimo anno? È toccato al povero Monchi, appena arrivato, indicare l’elefante nella stanza. Infine, forse, al contratto di Totti e all’ingiusto trattamento da lui patito per mano di Spalletti è stata concessa troppa attenzione. Oggi, ascoltando Tele Radio Stereo, una delle radio che si occupano quotidianamente della Roma, il giornalista Piero Torri ha parlato, senza fare nomi, di persone che non vogliono il bene della Roma. Credo si riferisse ad alcuni giornalisti e a un certo modo di fare informazione intorno alla società capitolina. Io mi trovo d’accordo con lui.