Argentina-Olanda è stata una delle più indegne gazzarre nella storia del calcio. Per trovare di peggio, pensiamo alla Coppa Intercontinentale del 1969 fra Estudiantes e Milan. I rossoneri vinsero, ma presero caffè bollente dagli spalti e botte da orbi, compreso il pugno che fratturò il volto di Combin. Se in quella partita, però, la colpa fu tutta sudamericana, nel match dell'altro ieri sono colpevoli entrambe le squadre, fra cui è in atto una faida d.o.c. da 44 anni.

Si disputava la finale dei Mondiali in Argentina e la giunta militare al potere voleva sfruttare una vittoria biancoceleste per aumentare il consenso. Non erano state disputate le semifinali, ma gironi da 4 squadre, le cui vincitrici (Olanda e Argentina) erano approdate alla finale, mentre le seconde (Italia e Brasile) erano scivolate verso la finalina.
L'Olanda era giunta in finale rocambolescamente. Passata in svantaggio contro l'Italia di Bearzot, spettacolare ma ingenua, aveva rimontato e superato gli azzurri con due tiri da lontano sui quali Zoff si era fatto trovare fermo sulle gambe. Capita anche ai grandi, a volte. 
Gli orange, però, avevano randellato e Bearzot se ne era lagnato. Rep non aveva negato, ma aveva obiettato che l'Italia aveva Benetti, per cui non doveva protestare.
Nel suo girone, l'Argentina aveva vinto grazie alla differenza reti contro il Brasile, gonfiata da un vergognoso 6-0 contro il Perù.
 Il portiere avversario era Quiroga, argentino naturalizzato peruviano. Aveva la famiglia in Argentina in balia della dittatura, che all'epoca usava offrire alle persone sgradite viaggi in aereo con lancio nell'oceano senza paracadute. Qualche gol lo avrebbe parato anche un portiere di serie D. In finale, l'arbitro Gonella se ne lavò le mani, lasciando che i protagonisti si dessero un fracco di legnate.
Finiti in pareggio i primi 90 minuti, nell'overtime l'Argentina segnò con Kempes e Bertoni e festeggiò.
 L'Olanda, già sconfitta contro la Germania 4 anni prima, non accettò l'esito del match che, preso in sé per sé, non fu scandaloso. Solo il Brasile avrebbe avuto titolo di protestare per il risultato pompato di Argentina-Perù.
Ora, dal quel dì, l'Olanda non è più riuscita a vendicare la sconfitta, neanche nei mondiali scorsi, quando è uscita ai rigori proprio contro i sudamericani. 
E' arrivata, pertanto, alla partita dell'altro ieri con il dente avvelenato. Il match, tuttavia, si stava avviando verso una vittoria senza tanti patemi dell'Argentina con il classico 2-0. Il problema è che i patemi, se fanno male alle coronarie dei tifosi, aiutano i giocatori a restare concentrati. Senza patemi, l'Argentina è rientrata in anticipo negli spogliatoi e ha dimenticato solo in area Weghorst, mossa della disperazione di Van Gaal al posto di Depay: deviazione di testa e gol. Era il 38° e i sudamericani, anziché usare l'esperienza per controllare la restante porzioncina di partita, hanno un po' perso la testa.
Seguiamo tutto in diretta, al presente.
 
C'è un fallo dei biancocelesti a centrocampo, plateale più che cattivo, da cui nasce la reazione fiamminga, anche quella della panchina lì a un metro, che non deve essere simpatica. Forse provocato, Paredes spara il pallone contro gli avversari accomodati in panca e qui, Lahoz compie il primo, ma decisivo, errore della sua direzione, perché non espelle l'argentino e qualcuno sulla panca orange, magari chiedendo lumi agli aiutanti di campo. Si limita a estrarre il giallo. La rissa va avanti per un po', per cui il direttore di gara, sentendosi in colpa per la mancata espulsione di Paredes, imita il ponziopilasmo del Gonella di 42 anni fa. Non solo Lahoz dà un recupero mostruoso, ma prolunga il già enorme recupero fino al 112°, consentendo il pareggio di Weghorst sugli sviluppi di un estremo calcio di punizione. Diciamo le cose come stanno: questo pastrocchio sarebbe stato evitato con qualche sana espulsione al 38° della ripresa e un recupero umano.
Fra supplementari e rigori, poi, assistiamo a una farsa. 
Lahoz, avendo sbagliato nel momento decisivo, non controlla più la partita. L'inarrestabile excalation culmina in quei tentativi, da ragazzini di scuola media, con cui gli orange cercano di distrarre gli avversari pronti a battere i calci di rigore.
Dumfries si fa espellere come un allocco, lasciando ad Hakimi il titolo di migliore esterno del torneo. Peccato, stava disputando un gran mondiale! 
Qualcuno aveva mai visto un giocatore espulso durante i calci di rigore? Ma l'Argentina decide di non essere da meno e festeggia la vittoria con Otamendi che fa le boccacce agli avversari, peggio di un mocciosetto che scalda i banchi a scuola, mentre Messi va a rifarsela con Van Gaal, che in tal senso, forse, deve fare il suo esamino di coscienza. Ricordo, infatti, che tutto è nato dalla confusione scoppiata davanti alla sua panchina. La colpa va data in pieno a entrambe le squadre che, finito il mondiale, andrebbero punite severamente per l'ignobile comportamento esibito in mondovisione.

Alla fine di Brasile-Croazia, Nela ha commentato che, se si voleva a tutti costi una sorpresa, la sorpresa era arrivata. Non condivido la valutazione.
Quale sorpresa, scusate? Chi c'era in finale 4 anni fa? La Croazia e, allora, di quale sorpresa parliamo?
Ci riferiamo al blasone? Ma il blasone non ha nulla a che vedere con il valore attuale delle squadre.
Il Brasile, in fondo, ha fatto la sua partita cercando affondi basati, non solo sul talento individuale, ma anche su alcuni meccanismi di squadra, che puntavano alle verticalizzaioni senza smarrire l'equilibrio collettivo. Fra i carioca, Paquetà era il collante, giocando più arretrato nel primo tempo e più avanzato nel secondo fino al vantaggio dei suoi, spesso alla stessa altezza degli attaccanti oltre la linea della palla. Se non mi inganno (smentitemi se è il caso) l'assist a Neymar è stato suo. L'unico, peraltro grave, errore di Tite, è stato di sostituirlo con il sostanzioso, ma limitato, Fred. Quella mossa ha scollegato i reparti del Brasile, di cui Paquetà era il collante indispensabile, come il Diaz a centrocampo aveva scollegato i reparti del Milan contro il Torino qualche settimana fa.
Come prevedibile, la Croazia ha puntato sul collettivo più del Brasile, cercando di far correre a vuoto gli avversari, almeno fino al gol di Neymar. Quando la squadra slava ha colto il Brasile a metà strada, né avanti né in difesa, ha pareggiato con Petkovic, uno dei meno bravi. Questi ha avuto l'umiltà di recitare la parte del meno bravo e ha puntato sulla sola forza del tiro, sperando in bene. Una deviazione assassina ha spiazzato Allison.
Dopo gli inutili supplementari, l'esito dei calci di rigore è apparso quasi logico, una specie esito naturale di questa partita.
Come detto, vista la finale del precedente mondiale, non è stata la Croazia a fare l'impresa, ma forse sarebbe stata un'impresa quella del Brasile se fosse passato. I milanisti che, dopo il match, hanno inveito contro Paquetà nel mondo social, hanno perso una buona occasione per tacere. L'eliminazione del Brasile lascia intatto l'errore rossonero di non aver saputo valorizzare il talento del ragazzo. Se mai è Paquetà che non deve conservare un gran ricordo del periodo rossonero.

Arriviamo a Marocco-Portogallo. Il Marocco era arrivato ai limiti delle proprie possibilità e, incontrando un Portogallo completo e coeso nello spogliatoio, avrebbe avuto poche chance di passare. La nazionale lusitana, invece, aveva deciso di dimostrare che poteva vincere il mondiale senza Leao e, soprattutto, senza Cristiano Ronaldo.
E' la stessa cosa che accadde nel 1970 in Messico, quando l'Italia affrontò il Brasile regalando ai carioca l'assenza di un Rivera in grande spolvero.
Un suicidio in entrambi i casi, che non stona in questo mondiale ricco di suicidi, consumati o tentati.
Si può capire una certa ostilità per Leao che è giovane e, a volte fa un po' il divo, ma Cristiano Ronaldo è onusto di gloria a sufficienza per essere un divo. In ogni caso, quando Ronaldo e Leao sono entrati, era già la metà della ripresa e il ritardo nei cambi ha fatto storcere la bocca a Stramaccioni, uno che il calcio lo legge con molta lucidità. Del resto, lo stesso Stramaccioni ha fatto notare che, entrati Leao e Ronaldo, il Marocco è stato costretto a tenere una linea fissa di 5 uomini in difesa. In questa maniera, chioserebbe il sottoscritto, si spopolava il centrocampo, punto di forza africano.
Con il passare dei minuti, poi, i cross portoghesi si facevano sempre più velleitari e imprecisi, quindi innocui, come notava ancora Stramaccioni nel finale. Vero che Pepe, immenso per tutta la partita coma il viola Amrabat, avrebbe potuto impattare il risultato di testa allo scadere del recupero, ma poco prima era stato il Marocco a mancare un raddoppio da questo lo segnavo anch'io  il Marocco, poi, stava giocando in 10 per l'espulsione di Chedira, ingenuo nel prendere il secondo giallo.
Il Marocco ha passato il turno sfruttando il suicidio del Portogallo nel privarsi di Ronaldo e Leao per 3/4 di incontro, quelli che avevano più chance di scardinare lo schieramento corto, denso e chiuso degli africani.
Il suicidio è stato completato, poi, dall'uscita a vuoto del portiere lusitano Diogo Costa, svarione alla Terraciano che ha permesso a En-Nasery di portare i suoi in vantaggio. Ma, a ben guardare, la bravura di un portiere è parte della forza della sua squadra, a meno di non avere un immaginario calcistico distorto. Se in porta al Marocco c'è Bounou, vincitore in Spagna di un Premio Zamora, è un merito del Marocco, mentre se il Portogallo ha Diogo Costa, è un demerito del Portogallo.
Allo stesso modo, se il Marocco è coeso, mentre il Portogallo è diviso in fazioni, è un merito del Marocco e un demerito del Portogallo. Non ha senso pensare che la forza di una squadra sia data solo dalla cifra tecnica dei giocatori di movimento e dagli schemi, senza poi tenere conto della bravura del portiere, del tecnico e della sua autorevolezza, nonché della compattezza e armonia del gruppo. Certo, il Marocco arriva in semifinale anche fruendo di due legni importanti a favore, quelli presi da Spagna e Portogallo, ma in uno sport di risultato, contano i gol e non i legni.
Solo chi confonde il calcio con i tuffi o la ginnastica artistica, sport di prestazione con una giuria incaricata di valutarla, può credere che un risultato sia giusto o ingiusto per quello che si è visto in campo. Quello che si vede in campo non conta rispetto ai numeri che si vedono sul tabellone luminoso.

Se parliamo di Francia-Inghilterra, a noi Italiani la Francia ispira una simpatia calcistica pari a quella di un commensale che scoreggia a tavola, ma lo stesso discorso vale per l'Inghilterra. Credo, quindi, che la vittoria dell'una come dell'altra fossero un po' indifferenti al pubblico italico. Le gambe di Kane hanno tremato come fuscelli al vento in occasione dei rigore sbagliato, che avrebbe potuto portare al 2-2. Dal momento che, se non segni, perdi, la Francia è transitata legittimamente in semifinale dopo un match combattuto. L'arbitro Sampaio mi ha fatto rabbrividire quando ha ammonito Theo Hernandez con ritardo sulle proteste inglesi, quasi à la carte. Non entro nel merito del rigore e del provvedimento disciplinare, ma un arbitro da quarti di finale mondiali non può essere tanto incerto e tentennante. Che decida bene o sbagli, deve farlo da grande direttore di gara, con autorevolezza. 
La Francia è l'avversario adatto per spegnere i sogni del Marocco. Non so se sia la migliore, ma come faccio notare da Francia-Australia, è quella che ha più soluzioni offensive per scardinare le difese avversarie.
Mbappé da sinistra e Giroud al centro hanno segnato 9 gol in due!
 Hanno la forza fisica e la giusta caratura tecnica, per penetrare. Le incursioni al centro di Rabiot, come si è visto subito dopo il pareggio britannico, possono essere devastanti, se l'avversario si attarda un attimo prima di compattarsi. Dembelé a destra è una freccia. Deschamps, poi, non ha ancora avuto bisogno di sfruttare le doti offensive di gente come Griezmann e Theo Hernandez.
Sì, il Marocco sta facendo benissimo, ma la Francia ha i grimaldelli adatti per scassinare la munita cassaforte del Leoni dell'Atlante.

La semifinale tra Francia e Marocco vede favoriti i galletti transalpini, mentre Argentina-Croazia si attesta sul 50/50.
La Croazia è, tuttora, vicecampione del mondo, mentre l'albiceleste sta dimostrando grande compattezza in campo e nello spogliatoio.
Messi, inoltre, è motivato dalla possibilità di vincere il mondiale alla sua ultima partecipazione, ma anche Modric lo è, teniamone conto.
Speriamo solo di non vedere altri spettacoli ignobili.