Nella sfida di ieri sera, contro il Benevento, il Milan aveva un solo risultato a disposizione per continuare ad ambire a piazzarsi fra le prime quattro posizioni: VINCERE. L'avversaria di turno, allenata da Pippo Inzaghi, era reduce da risultati negativi, ma aveva battuto recentemente la Juventus, guidata dall'amico Pirlo, a Torino e aveva l'estrema necessità di conquistare punti per non rischiare quella retrocessione di cui non si è mai realmente preoccupata, mentre oggi sembra la candidata più autorevole, seppure in un gruppo ancora folto, con Cagliari, Torino e Spezia, per far compagnia, iscrivendosi alla Serie B del prossimo anno, con Crotone e Parma. Il Milan ha vinto, due a zero, in modo netto, ma evidenziando ugualmente tutte quelle difficoltà che caratterizzano il percorso intrapreso dalla formazione rossonera allenata da Mister Pioli.  Eppure tutti volevano questa vittoria, i giornalisti, gli opinionisti, gli avversari e i tifosi, come se il Milan non fosse la squadra più giovane del campionato, con il quinto attacco e la quinta difesa, ma una formazione già forte e collaudata, che dovrebbe aver già conquistato l'accesso alla Champions del prossimo anno, per il solo fatto di essere stata, per lungo tempo, prima in classifica.

Non riuscire a capire quanto il Milan sia costruito intorno all'unico vero "Campione", con la C maiuscola, seppure in età avanzata, Zlatan Ibrahimovic, equivale a non poter esprimere giudizi che abbiano un senso reale. Un passaggio che conosce benissimo il nostro allenatore, Stefano Pioli, che in molti riescono a criticare, ma che ha sempre evitato di sottolineare, perchè il suo ruolo impone la crescita di tutto il gruppo, il raggiungimento di un obiettivo, quasi impossibile e non certo di evidenziare tutti quei limiti che sono fin troppo evidenti. Lo scetticismo che aleggia fra molti appassionati che si definiscono tifosi è avvilente. Forse scordano che questa lunga cavalcata è iniziata da Dublino, a settembre 2020 e che ad oggi, inizio di maggio, lo ha visto preparare 48 partite ufficiali. Quarantotto partite in poco più di 200 giorni, una ogni quattro giorni. Tra gli infortuni di Romagnoli e Calabria, di Bennacer e Rebic, tra i Covid di Ibra, Calhanoglu, Theo Hernandez, tra gli alti e bassi di Leao e i grandi mesi di Kessie prima di un comprensibile calo, senza mai una lamentela e specialmente senza quegli aiuti dal mercato invernale, la cui colpa di essere "costosi" ci ha privato di quei pochi punti in più facilmente raggiungibili. Interessa forse constatare che la formazione "titolare" sia stata schierata una sola volta, a Napoli, dove il Milan con una prestazione perfetta vinse 3-1? Chi ricorda la partita contro la Lazio con un undici iniziale pieno di giovani riserve? Campioni d'Inverno, cosa che non ha alcun valore pratico, ma giocando a calcio, riportando in alto il Milan e andando a Manchester a dominare. Stefano Pioli e il suo equilibrio, la sua psicologia fine, fatta di imporre il gioco, non di cercare di snaturarsi alla ricerca di qualche punto. Quel senso del Milan che lo spinge a cercare di ottenere il massimo, accontentandosi di ciò che si ha.

Che Mister Pioli sia bravo oppure no, sono i risultati a sancirlo, non certo l'opinione di chi è prevenuto oppure guarda il suo palmares per tracciarne la carriera futura.  Perchè il ritornello che racconta che Mister Pioli nella sua lunghissima carriera, fino ad oggi non particolarmente brillante, cala sempre nella seconda parte della stagione, ha già stancato, ma specialmente dimentica di evidenziare che erano OTTO anni (mica pochi vero?) che il Milan non arrivava a 69 punti, in classifica, quando mancano ancora quattro giornate, e che gli attaccanti non sono neppure l'ombra di chi ha vestito questa maglia in quegli anni, Balotelli, Destro, Bacca, Niang, Menez, Deulofeu, Higuain, Piatek, Taarabt, il Faraone e molti altri. Perchè c'è una regola che non passa mai di moda è che serve fare gol per vincere le partite, ed è fin troppo evvidente che l'attacco di questo Milan, con l'ecezzione del "vecchio svedese", assente per più di metà campionato, non è poi così prolifero. Il Mister doveva cambiare modulo. Sbaglia sempre i cambi, a volte le formazioni o gli approcci alle partite, queste le lamentele più ricorrenti. Se anche fossero vere, e come ben sapete non vi è alcuna possibilità di confrontarsi con altre soluzioni, non c'è alcun rispetto o riconoscenza per chi ci ha ridato quel piacere per le vittorie di cui avevamo perso ogni traccia. Un salto nel vuoto talmente autolesionista da non essere comprensibile neppure arrivando sesti. 

Il Milan ha fatto un girone d'andata entusiasmante, ma fin troppo dispendioso. Kjaer, affiancato da un Calabria che avevamo "cestinato" da molto tempo, reggevano la difesa e poco importava chi fosse schierato al loro fianco, Kalulu, Romagnoli o Gabbia. Bennacer come Verratti, Kessie un gigante e poi Calha e Rebic e un Theo devastante e spesso in gol. La lunga assenza di Ibra, i rinnovi dei contratti e il conseguente malumore che ha spinto tutti ad alzare le proprie richieste economiche, hanno combaciato con una stanchezza generale ed un calo di rendimento. La pura realtà è che se non verrà raggiunta la qualificazione alla Champions le risorse economiche per rinforzare la squadra saranno poche e ripetere una stagione come questa, ancora più difficile. Cose che Maldini, Massara e lo stesso Pioli, sanno benissimo, ma che troppi tifosi non solo ignorano, ma sperano che con il cambio di allenatore, una formazione probabilmente priva di Gigio e Calha, oltre ai prestiti, ma rinforzata dai ritorni di Laxalt, Conti, Caldara, Pobega e Brescianini, possa fare un piazzamento migliore di quello di questa stagione. Ciò non succederà, per il fatto che la proprietà non vuole perdere soldi. Mister Pioli è sotto contratto fino al 2022 e delegittimare Maldini, correndo il rischio di doverlo sostituire e ripartire nuovamente da zero, avrebbe lo stesso valore di buttare via quel, poco o tanto, che lascerà questa stagione. Quattro partite alla fine, un sogno ancora vivo, aggrappati a Zlatan, cercando i gol che in pochi possono garantire, non a caso Theo era dal 2020 che non trovava la via del gol, o Calha che segna con il conta goccie.

La linea che poi divide i vincenti dai perdenti, è talmente sottile che è facile non vederla, ma purtroppo la filosofia spicciola, quella che chi vince è sempre il più bravo, quella che da sempre obbliga a trovare un colpevole, che se non è il maggiordomo, allora è certamente l'allenatore, non saprà mai apprezzare uomini come Pioli, che certamente sbagliano, soffrono e danno il massimo, che il più delle volte è molto di più di ciò che ci si potrebbe aspettare, ma che fa apparire talmente semplice da pretendere ancora di più. Il Milan batte il Benevento, sarà una domenica emozionante. GRAZIE MISTER e FORZA MILAN.