Sedicesimo secolo, Brasile, gli schiavi africani a causa dei suprusi subiti da parte dei portoghesi sono costretti a fuggire nella giungla, dove per proteggersi iniziarono a cimentarsi nella ginga, la base della capoeria, l'arte marziale della guerra. Al termine del periodo della schiavitù, gli africani uscirono della giungla, ma con grande rammarico, scoprirono che la ginga era stata bandita, ma non si arresero, perchè riuscirono a portarla in un mondo del tutto innovativo, quello del calcio, che divenne da quel momento in poi somma espressione della ginga, la quale si trasformò da semplice arte marziale, a ritmo del mondo brasiliano.

In seguito alla sconfitta del Brasile, nei mondiali del 1950, la ginga venne bandita anche da questo mondo, i brasiliani imputavano infatti proprio ad essa, la responsabilità di questa pesantissima sconfitta, ma eliminare questo stile, questo modo di fare calcio, significava cancellare il vero spirito della nazionale brasiliana. Nonostante dal 50', la maggior parte degli allenatori brasiliani vietassero, ai propri giocatori, di praticare la ginga c'era chi con essa brillava e danzava in campo, tanto da lasciare a bocca aperte la tifoseria avversaria, stiamo parlando della leggenda del calcio O Rei, Edson Arantes do Nascimento, noto in tutto il mondo anche come Pelé

I primi passi del Re 
Edson nasce il 23 ottobre del 1940  a Três Corações, nello Stato del Minas Gerais, sin da quando era piccolo la sua famiglia lo chiamava 'Dico', soprannome che rimase sempre affianco a lui nel corso della sua vita e che si alternò a quello di Pelé. Il suo  papà Dondinho era un  ex calciatore professionista, che giocava come attaccante e che si ritirò dal mondo del calcio, a causa di un infortunio al ginocchio, i due si trovavano spesso a giocare insieme a calcio è lui che spronò il figlio a giocare , ed è con lui, che in giardino si allenavano con i manghi, per migliorare le proprie abilità calcistiche. Nel 1946 la famiglia Do Nascimento si trasferisce a Bauru. Il piccolo Edson cresce in una famiglia povera, è per questo che  fin da piccolo iniziò a lavorare, riuscì a guadagnare  qualche soldo pulendo scarpe per strada, qualche altro come aiutante in una sala da thé. La sua passione per il calcio, crebbe dentro di lui sin dalla tenera età e come tutti i bambini brasiliani, il suo primo pallone lo giocò in strada, un pallone fatto con stracci e carta di giornali, arrotolati dentro una calza da uomo, non potendosene permettere uno vero, anche gli scarpini non erano facili da procurare e dunque insieme ai suoi amici era solito giocare senza scarpe. 

Sono gli anni dell'infanzia che gli regalano anche il soprannome, con il quale poi sarà noto in tutto il mondo, ovvero, Pelé “Quando avevo tre anni - spiegherà poi  nella sua autobiografia - mio padre giocava nel Vasco de Sao Lourenço. Mi portava agli allenamenti e io ero affascinato dal nostro portiere, Bilé. A ogni sua parata urlavo: 'Bravo Bilé! Bravo Bilé!'. Tante volte però storpiavo il nome in 'Pilé' o 'Pelé! Così a un certo punto i ragazzi più grandi iniziarono a chiamarmi Pelé " O Rei non ha mai gradito questo soprannome, ma sta di fatto che è proprio questo il nome, che lo ha portato nell'Olimpo del calcio.

All'età di 13 anni circa iniziò a giocare nella squadra locale del Bauru è qui che venne notato Waldemar de Brito, ex giocatore della nazionale brasiliana degli anni 30 e 40, il quale lo convinse a fare un provino per il Santos. Il provino andò a buon fine e Pelé si trasferì, iniziando a giocare per le giovanili, ma dopo solo una stagione ecco la promozione in prima squadra, con la quale debuttò uffcialmente il 7 settembre 1957 e si laureò capocannoniere.

Un Mondiale da record 
A soli 16 anni il giovane Pelé venne convocato in nazionale, per partecipale alla competizione più importante i Mondiali, tale convocazione non fu solo fonte di orgoglio per lui e per la sua famiglia, ma fu anche un momento storico, divenne infatti il calciatore più giovane della storia ad esser convocato in questa competizione, record che venne battuto solo nel 82' da Norman Whiteside. Ma il sogno del Mondiale sembrò svanire in poco tempo, a causa di un brutto infortunio poco prima della partenza per la Svezia al ginocchio, ma grazie alle cure del massaggiatore Mario Americo, Pelé riuscì comunque a partire, il brasiliano non  riuscirà a disputare le prime partite, tuttavia i numerosi infortuni subiti dai verde oro,  costringeranno il diciassettenne a prendere parte alla partita Brasile- URSS il 15 giugno 1958. Ma è nella semifinale contro la Francia, che il vero Pelé esce allo scoperto, grazie alla ginga in 20 minuti  il risultato si ribalta, con la sua tripletta e il piccoletto trascina la sua squadra in finale, contro i padroni di casa. Proprio con quello stile, che per molti veniva visto come la rovina del calcio brasiliano, Dico era riuscito a portare il Brasile alla ribalta, stabilendo inoltre un nuovo record, ovvero, quello del marcatore più giovane nella storia dei Mondiali.

29 giugno 1958 il giorno della finale contro la Svezia è arrivato e il giovane Do Nascimiento è emozionatissimo, tutto il Brasile guarda a lui e ai suoi compagni, ma per Pelé questa finale è importantissima, vincerla significherebbe realizzare il sogno del padre e cancellare le lacrime sue e di tutti i suoi connazionali, causate dagli insuccessi degli anni passati. Inizia la partita la Svezia passa subito in vantaggio, ma l'euforia dei vichinghi dura poco, perchè il Brasile è vivo e prende in mano le redini della partita e con le reti di Vavà, Zagallo e Pelé, che centra lo specchio della porta proprio al novantesimo, la squadra di Feola si proclama Campione del Mondo.

Gli anni d'oro e il ritiro 
Gli anni successivi alla vittoria del Mondiale furono pieni di successi, sia personali, che di squadra, Dico riuscì a vincere altri due mondiali entrando nella storia, come l'unico calciatore, che riuscì a raggiungere questo successo. Con il Santos, squadra nella quale rimase fino al 1974, per ben 19 stagioni, riuscì a vincere: 10 titoli paulisti, 5 Taça Brasil consecutive dal 1961 al 1965, 3 Tornei Rio-San Paolo, una Taça de Prata, 2 Coppe Libertadores, 2 Coppe Intercontinentali e una Supercoppa dei Campioni Intercontinentali. Nel 1971 appese gli scarpini con la nazionale, dopo aver realizzato ben 77 goal in 92 presenze, reti che lo rendono ancora oggi il miglior marcatore di sempre della Seleçao. Dopo un'anno lontano dal pallone, nel 1975 venne ingaggiato dai New York Cosmos, con cui vinse il campionato nordamericano di calcio. Ma come tutte le leggende l'addio più doloroso per O Rei, non è stato quello alla nazionale o al Santos, ma quello al calcio giocato, il ritiro è avvenuto l'1 ottobre 1977, in un'amichevole tra New York Cosmos e Santos.

La storia del numero 10 
Quando si pensa alla maglia numero 10, la mente vola subito alla bandiera di una squadra, al capitano, a colui che rappresenta la squadra in toto, tuttavia ad oggi il numero 10 rappresenta questo, ma in realtà in passato, prima che a Edson Arantes do Nascimento venisse assegnata la numero dieci, giocare con la dieci non aveva alcun significato, solo due ore dopo che O Rei terminasse la sua prima partita con i verde oro, tutto ciò che noi oggi attribuiamo alla maglia numero dieci divenne realtà. É  grazie a leggende come Pelé, che oggi giocare con la maglia numero dieci significa essere il riferimento di una nazione di una squadra.

La fine del regno 
Le leggende sono per noi immortali, ma, non pensiamo a volte che come noi, anche loro sono fatti di carne ed ossa e anche loro, purtroppo, un giorno o l'altro si spegneranno. Il 29 dicembre 2022 è toccato alla leggenda più grande, al nostro re del calcio, la sua presenza ci mancherà tantissimo, ma le sue gesta e il suo mito rimarranno sempre in vita e nessuno potrà mai dimenticarle. Addio O Rei ci mancherà la tua ginga e il tuo modo di danzare sul pallone.