Il secondo Pescara targato Grassadonia è sceso di nuovo in campo con il 3-5-1-1, un modulo arroccato volto più a riportare il punticino che conquistare la vittoria. Tre punti che ai biancazzurri mancano ormai da otto partite, dopo il corsaro 0-1 al Mapei Stadium di Reggio Emilia e dove bisognerebbe affilarne un bel filotto per poter almeno cominciare a respirare e vedere quanto meno la luce in fondo al tunnel. Per ora è ancora buio pesto in fondo all’Adriatico.

Se allo Stirpe di Frosinone si è giocato contro una squadra anch’essa in crisi di gioco e risultati nonostante il buon posto in classifica, dove i ciociari hanno mantenuto un possesso di palla sterile senza creare grossi gratta capi, facendo in un qual senso il gioco degli Adriatici, che con Odgaard hanno avuto anche l’occasione più ghiotta della partita, poi malamente sprecata. Con il Lecce ci si è ritrovati di fronte ad una squadra nettamente superiore, in una prima frazione di gioco totalmente nulla per gli uomini allenati dal tecnico Grassandonia.

Tecnico che ci ha messo sicuramente del suo schierando inizialmente nella mediana Dessena e Memushaj giocatori privi di qualità ed un impalpabile Capone per altro fuori ruolo ( lui che ha dato quel poco del meglio di se come ala sinistra sotto l’era zemaniana) dietro ad un Odgaard che proprio prima punta non è. Il danese è il classico  falso nueve moderno dalle lunghe leve, in grado di far salire la squadra andando a lottare e recuperar palloni anche a centrocampo. Ecco perché nel secondo tempo con l’ingresso di Giannetti una presenza fissa in area avversaria e due mezz’ali d’inserimento come Maistro e Machin, la manovra è cambiata con un Pescara più frizzante che ha trovato il goal del pareggio sul finale del gong, seppur in sospetto fuorigioco.

Aspettando il rientro di Ceter che oltre a poter ricoprire il ruolo del ex Lugano permetterebbe anche il passaggio ad un più spregiudicato 3-4-2-1. Con il colombiano grazie alla sua fisicità e mobilità ultimo punto di riferimento o schierato tra i due trequartisti.

La strada come si suol dire in questo casi è lunga tortuosa al limite del impraticabilità. Gli uomini a disposizione sono quelli che sono per un ennesimo mercato di riparazione stravolto fatto senza un criterio ben preciso. I tempi a disposizione del ennesimo nuovo mister non ci sono, l’unico schema è quello di essere propositivi mettendo in mezzo al campo più qualità possibile non avendo giocatori trainanti che da soli potrebbero fare la differenza, abbandonando così quel senso rinunciatario con cui il Pescara è sceso in campo nelle ultime prestazioni. Certo puntare sulla forza del gruppo in una squadra di prestiti è un po’ un eresia, ma bisogna provarci a partire da martedì al Tombolato di Cittadella dove un solo punto non servirebbe a niente.