Nell'Aprile 2019, in Grande Boh!, a ovest del nulla e a est rispetto al vuoto, il campionato di calcio stava per chiudersi, come al solito, con lo stesso vincitore, ormai da un tempo vicino al sempre, e si attendevano le piogge di polemiche che avrebbero inondato le città di parole.

Ognuno aveva diritto a ritagliarsi piccoli spezzoni delle partite per mettere insieme una personale verità, espanderla a dismisura sui media e pontificare mentre accordi dissonanti, come sottofondo, si diffondevano per accompagnare lungo il cammino la processione dei fedeli a quella verità di parte.
I giudici venivano nominati, all'occorrenza, tra quelli più fedeli tra i fedeli e capaci di vomitare parole lasciando forbita la lingua biforcuta, facendole scivolare fra i denti con abilità e precisione, affinché non sfiorassero i fatti, ignorati opportunamente perchè dissimili dalle personali visioni.

Tanti denunciavano dolorosi torti e trascinavano testimoni ciechi e distratti, ammutoliti per l'occasione, e parlavano a loro nome mentre in sottofondo bruciava la Giovanna d'Arco di Leonard Cohen e qualcuno forzava la siccità con lacrime asciutte che rotolavano su giornali inariditi e desertificati che all'improvviso fiorivano di storie immaginarie, purché funzionali alla verità professata.

Comunque, i torti e le ragioni si potevano acquistare alle bancarelle dei mercati rionali da indovini smemorati per poi rivenderli alle curve, ripulite e luccicanti affinché nessuno dubitasse delle vecchie novità e gli antichi amori fossero ripudiati e sacrificati al dio del futuro.

I sacerdoti, nel tempio, mostravano i genitali, indispettiti da verità contrarie, mentre altri mostravano gli scalpi dei nemici, ghignando con rispetto, e ci si poteva offrire come professori di saggezza per una pace sanguinaria, con coscienze impermeabili sempre immacolate, e porgere parole cangianti al variare del colore delle squadre.

Affascinati dalla VERITÀ-VERITÀ era consentito giurare il falso, "per la verità questo e altro" si cantava per le strade che portavano agli stadi, parole identiche in linguaggi differenti (e per questo provocatorie e incomprese dagli stessi cantori se ascoltate con le orecchie degli altri) risuonavano ininterrottamente. Si fomentavano odi razionali e rispettosi scontri all'ultimo sangue per avere una colpa di cui essere innocenti, mentre le bighe a gasolio sparivano nell'ombra della sera verso la gloria imperitura di qualche attimo di vergogna.

La Ragionevolezza, invecchiata e abbandonata a se stessa, in giro a caritare per sopravvivere, si cibava, quando poteva, con briciole di buon senso di cui qualcuno si era disfatto  frettolosamente, per non essere accusato di eresia, e attirava gli sguardi destinati alla diversità dello straniero, irriconoscibile ai figli dei figli dei figli ormai alla ricerca accigliata di una nuova purezza spensierata, in nome delle tradizioni di cui solo i neonati potevano parlare con proprietà, non appena avessero avuto capacità e diritto per poterlo fare.

La chiave di lettura per uscire dall'incubo, nascosta in bella mostra, era introvabile, per cui non si cercava più e si aspettava pazientemente nervosi accanto alla porta che qualcuno l'aprisse, per poterla sfondare e avviarsi verso una nuova stagione calcistica uguale.