Sarà un buono o un cattivo presagio?

Erano le 7:12 del giorno fatidico, aveva guardato immediatamente la sveglia per sincerarsi di trovarsi nella realtà e non più in sogno, un sogno talmente realistico però da catturarlo per alcuni istanti che sembravano ore; come spesso accade quando ci si trova “fra le braccia di Morfeo”. Ecco, se lo ricordava bene il contenuto onirico: si trovava in albergo - questo era facile da interpretare, perché lui quando tornava nella sua indimenticata, piccola città, l'amata Benevento, scendeva sempre al Grand Hotel Italiano, vicino alla Stazione Centrale, gestito da generazioni da una famiglia di suoi amici, supertifosi, gli Italiano appunto - ma il resto del sogno, nonostante la lucidità e nitidezza degli eventi era piuttosto nebuloso nella possibile interpretazione… Ad occhi spalancati, nel nitore che filtrava dalla finestrella senza scuri, in un minuto, aveva riassunto mentalmente ciò che aveva vissuto, dormiente, poco prima (come gli aveva insegnato la nonna paterna) e ricordava tutto chiaramente: aveva percorso la camera d'albergo che credeva di occupare da solo e invece, all'improvviso, un'intera parete si era aperta come fosse una porta scorrevole enorme e aveva mostrato un'altra suite, simile alla sua, nella quale quattro personaggi si muovevano perfettamente a loro agio. In quell'istante aveva pensato, sorpreso e interdetto: - allora non sono più da solo e dovrò dividere la camera con questi altri quattro…

Ovviamente non s'illudeva di poter “interpretare” la visione notturna, però era sicuro che si trattasse di una delle solite “premonizioni” facente parte del dono ricevuto da nonna Agnese. Anche sua sorella aveva ricevuto lo stesso lascito ed anche lei non s'illudeva di poterli interpretare quei sogni, però si era convinta col tempo che si trattassero sempre di avvertimenti ricevuti nell'imminenza di un fatto nuovo, pregno di significato, che stava per accadere in positivo o in negativo.

Lui non si credeva nemmeno capace di discernere fra questi due opposti attributi: sapeva che qualcosa sarebbe accaduto a breve e che aveva a che fare col numero uno e col numero quattro, però non immaginava se sarebbe stata una sorpresa piacevole o spiacevole.

Sembrava che lo Stadio Vigorito dovesse conoscere il suo minimo storico di presenze e invece - l'ho sempre detto che i Beneventani sono imprevedibili - infine la Curva Sud e la Tribuna si erano gremite, i Distinti erano rimasti semivuoti e una cinquantiva di “facinorosi” veronesi occupavano l'ampio spazio riservato agli ospiti, in curva nord.

C'era qualcosa di nuovo e diverso nell'aria greve di umidità e d'attesa. Le sorprese dell'ultimo minuto non erano mancate, anche rispetto alla formazione ufficiale fornita da De Zerbi: Ciciretti, per un infortunio al quadricipite, non sarebbe sceso in campo,a la contrario del previsto. Belec, in porta; Djimsiti, Lucioni, Costa, Venuti, in difesa; Lombardi, Viola, Memushaj, a centrocampo e (Ciciretti), Coda, Parigini, in attacco. Al posto di Ciciretti, De Zerbi manda in campo il semi-debuttante Brignola (quasi omonimo del portiere glorioso, Brignoli, ma assente nelle ultime partite e nessuno sa perché…).

Ugualmente, nessuno sa ancora se si tratta di un buono o di un cattivo auspicio l'assenza di Ciciretti. Certo, dover fare a meno di Ciciretti nel pomeriggio cruciale, il penultimo giorno di un anno che ci ha regalato sorprese esaltanti e lunghe, interminabili sofferenze, non ci rassicura affatto. Ma in fondo questa è una squadra al 70% composta di “riserve”: mancheranno anche Armenteros, Brignoli e D'Alessandro. Insomma questo è l'inizio, quale sarà la fine?

Lucioni però c'è e lui da solo vale il 50% delle nostre speranze, considerando poi che gioca alla vigilia del suo matrimonio, darà ancora di più del solito. Lucioni ci è indispensabile per molte ragioni, ce ne siamo accorti proprio in questi ultimi mesi in cui ci è mancato da morire. Ne abbiamo bisogno prima di tutto perché è “il capitano della difesa” e la sua presenza è sufficiente a trasformare un pessimo difensore come Costa in un argine d'acciaio inox!

Eccoci in campo. Anche i primi minuti non sono beneauguranti, col Chievo, perfettamente schierato e molto fastidioso intorno alla nostra area. Poi però qualcosa sembra cambiare e il Benevento appare trasfigurato. Calciatore per calciatore, attimo per attimo, tutto appare preordinato alla perfezione, ciascuno sa cosa fare e conosce il momento giusto per farlo. Sembra indovinare ogni schema della squadra avversaria e lo anticipa. Ah, quel secchione di De Zerbi forse ce l'ha fatta; ha portato a termine il suo incredibile, folle progetto: fare di un vassoio di mozzarelle, un antipasto di aragosta e caviale!

Brignola, il ragazzino casertano, appena 18enne, aveva esordito in serie A nella partita contro il Milan ed anche lì ci aveva portato tanta fortuna. Si ripeterà? Macché, molto meglio: si spremerà dal primo all'ultimo minuto, percorrerà l'intero campo di gioco con progressioni vertiginose, sarà presente in quasi tutte le nostre azioni. Darà più di quello che ha, tanto da essere preso ad esempio da De Zerbi a fine gara: «Brignola è forte, anzi ha “sangue”».

Fino dai primi minuti il Benevento si mostra pericoloso, soprattutto con Lombardi - Lombardi…chi era costui?! -, altro “illustre sconosciuto”, cresciuto a dismisura proprio dall'arrivo del nostro nuovo allenatore. Anche lui poco più di un ragazzo, 22 anni, di Viterbo, dal 31 Agosto col Benevento. Anche lui “ha sangue” e velocità fulminea e stile e “piede”, tanto da impenserire per tre volte di seguito il portierone del Chievo, Sorrentino.

Coda ci prova già al 15° del primo tempo, ma la manda alta sulla porta. Ci prova anche Lucioni, poco dopo, di testa, ma anche lui la manda fuori. Coda ci proverà ancora, praticamente per tutta la partita e, infine, ce la farà.

D'Alessandro manda in confusione la difesa del Chievo coi suoi proverbiali dribbling.

L'inizio del secondo tempo vede subito un gol del Chievo, annullato per fallo e per doppio fuorigioco. Anche questo stanno imparando le nostre ex-mozzarelle: la tecnica del fuorigioco. Prima erano sempre loro a farsi “fregare” e adesso, invece…

Inglese se ne va in panchina, senza averci minimamente spaventato, e pensare che i giornali sportivi avevano titolato che sarebbe stato un duello Ciciretti-Inglese, la posta del quale sarebbe stata una “maglia azzurra”: ironia della sorte.

E arriviamo al minuto decisivo: il 64°. Una palla spiove in area, da un corner insidioso, incoccia nella testa del numero 12 del Chievo, Cesar; rimbalza tra Lucioni (che lascia) e D'Alessandro. Lui si ferma, 7 giocatori del Chievo sembrano “stregati”, immobili nella loro area. D'Alessandro prende la mira con cura e calcia di piatto, con la caviglia, giusto per far piovere un dono inatteso fra i tre attaccanti del Benevento. Il più pronto è Coda, che beffa l'estremo difensore clivense, con un colpo da maestro, colla punta del piede, spinge il pallone verso un'impossibile parata. Sorrentino guarda la palla passare alla sua destra e insaccarsi nell'angolo basso a sinistra della sua rete.

In un istante il Vigorito è in delirio: lo stadio intero sta gridando, il calcestruzzo vibra, le goccioline di nebbia si sono pietrificate. Nulla è più come prima. Nessuno potrà strapparci questa vittoria. Ci siamo guardati, ci siamo contati, misurati e ci siamo detti o gridati: «questa volta non ci faremo trovare mancanti!». Questa volta no, non più. Resisteremo fino all'ultimo istante, fino al fischio definitivo dell'arbitro - che strano, anche lui è un “debuttante”! -. No, non ci faremo derubare ci ciò che oggi ci spetta di diritto. Nessuno potrà lamentarsi che noi abbiamo demeritato, che ci si sarebbe potuti accontentare di un pareggio. Nessuno potrà portarci via ciò che è nostro, al 94° o giù di lì!

Il Benevento, tra le mura di casa, ha vinto oggi col Chievo, che non è come dire col “Venezia Football Club” o colla “Vibonese”; HA VINTO CON IL CHIEVO VERONA! I tifosi festeggeranno un san Silvestro memorabile (piano col gomito, mi raccomando!) e chiederanno alla Befana (da noi non usava Babbo Natale, quando ero piccolo, ma i giocattoli arrivavano la notte dell'Epifania) con insistenza, con molta insistenza, un regalo enorme, che prima no, ma adesso sembra alla loro portata: LA VITTORIA SULLA SAMPDORIA.

Sapete com'è, dopo aver digiunato per diciannove settimane, la nostra “fame atavica”, ora che si è risvegliata, è impossibile da contenere!