Sir Bobby, come è chiamato affettuosamente e ufficialmente, è uno dei tre calciatori inglesi che hanno superato le 100 presenze internazionali diventando una delle icone del calcio britannico e mondiale. Nato l’11 ottobre 1937 nella cittadina mineraria di Ashington, le sue doti emersero la prima volta in una gara della rappresentativa delle scuole dell’East Northumberland, alla quale assistette Matt Busby, allenatore del Manchester United e futuro baronetto, il quale fece firmare il primo contratto al giovane quindicenne. Dopo essersi fatto strada nelle squadre giovanili e dilettanti, Charlton debuttò in prima squadra nell’ottobre del 1956, segnando una doppietta in una vittoria per 4-1 sul Charlton Athletic. God save the Queen, è proprio il caso di dirlo: Dio benedica Sua Maestà! Perché che ne sarebbe della Gran Bretagna senza la 96enne Elisabetta II? È lei che con il suo grande carisma ha saputo tenere in piedi la Ditta (come chiamano la Casa Regnante) nonostante i colpi della storia, la fine dell'impero e numerosi atti di eclatante autolesionismo di alcuni dei suoi componenti, dimostratisi privi di qualsiasi avvedutezza. E il Giubileo, che celebra i suoi 70 anni di trono, porta in piena luce il ruolo di Elisabetta, la sua abilità nel tenere il Regno: il cosiddetto business della felicità; fare sì che i britannici siano contenti di esserlo. Il modo di essere: dal suo attaccamento per la natura e per gli animali, cavalli e cani in particolare, ai caratteristici cappelli praticamente immutati negli anni, all'abbigliamento, solitamente dai colori pastello, con l'immancabile borsetta al braccio dove custodisce, come da lei rivelato, i biscottini per i suoi Welsh Corgi.

All'apice del successo, il destino, di lì a poco, sarebbe intervenuto tragicamente. La squadra dei “Busby Babes” venne colpita dal disastro aereo di Monaco di Baviera il 6 febbraio 1958, nel quale otto calciatori persero la vita. Il ventenne Bobby ne uscì illeso, ma le cicatrici mentali provocate dalla perdita di tanti compagni di squadra e coetanei, in circostanze così strazianti, furono evidenti. Busby ricostruì la propria squadra come poté, facendo di Charlton il cardine del nuovo team. La fortuna tornò ad arridere all’Old Trafford nel 1963, con la vittoria nella finale della Coppa d’Inghilterra, seguita dalle vittorie in campionato nel 1965 e nel 1967. L’apogeo della gloria per Charlton si presentò la stagione successiva quando, dieci anni dopo la tragedia , il Manchester United sconfisse il Benfica per 4-1 a Wembley nella finale di Coppa dei Campioni, diventando così la prima squadra inglese vincitrice del trofeo. Per Charlton (che segnò il primo e il quarto gol), Busby e Billy Foulkes, gli unici sopravvissuti, fu un momento altamente emotivo.

Il bagno di folla e le acclamazioni che hanno salutato questa anziana signora, dalla vitalità e dal sorriso sorprendentemente giovane, non lasciano dubbi: la Regina è amatissima dal suo popolo che si riconosce in lei totalmente. Elisabetta II ha accompagnato la Gran Bretagna e il Commonwealth da quando era ancora ragazza, prima di succedere al padre Giorgio VI morto il 6 febbraio 1952. L'incoronazione ufficiale, il 2 giugno 1953, fu trasmessa in diretta per la prima volta dalla BBC. Da allora è vissuta per il suo Paese, dedicandosi completamente. È cresciuta con la guerra, e questo aiuta a spiegare tante apparenti rigidità, oltre all'addestramento a nascondere le emozioni. Nella Giornata della vittoria in Europa, l'8 maggio del 1945, la Principessa Elisabetta e Margaret si mescolarono, in segreto, alla folla esultante nelle strade di Londra. In seguito Elisabetta ricorderà: "Chiedemmo ai nostri genitori se potessimo uscire e andare a vedere. Ricordo che avevamo paura di essere riconosciute. Rammento file di sconosciuti a braccetto camminare lungo Whitehall, tutti ci lasciavamo trascinare da un'ondata di gioia e sollievo". Vale la pena sottolineare che si unì al Servizio Ausiliare Territoriale (dopo aver convinto il padre a consentirle di partecipare personalmente allo sforzo per la guerra), dove era conosciuta con l'identificativo "n. 230873". Il 1966 è un anno che rivive nella memoria di ogni inglese e che vide Charlton all’apice del suo talento. Assieme al fratello Jackie, che era diventato un cardine della difesa inglese, Bobby era il punto focale del team che trionfò in casa e che ricevette il trofeo Jules Rimet dalle mani della Regina Elisabetta II (tifosa, come da spifferi reali, dell'Arsenal...). Nell'incontro con il Messico, quando mancavano dieci minuti alla fine del primo tempo, Bobby fece qualcosa di incredibile sulla linea di centrocampo. "Recuperai la palla abbastanza indietro e non avevo intenzione di segnare con un’azione personale" - disse più tardi in un’intervista. "Non mi aspettavo che mi avrebbero lasciato spazio… per cui mi limitai ad avanzare, poco convinto, con la palla". La fuga terminò con una conclusione vincente sotto la traversa.

In 70 anni ha accompagnato la città del Big Ben a continuare a essere punto di riferimento globale: finanziario, Swinging London, la Londra di Notthing Hill, la città multietnica. Ha visto avvicendarsi 14 primi ministri, da Winston Churchill (con lui ha avuto un rapporto profondo), a Margareth Teacher, Tony Blair (per lungo tempo il preferito), Boris Johnson. Ha incontrato 11 presidenti Usa, da Harry Truman, nel 1951, fino a Trump. Nel 1970 l’Inghilterra andò in Messico per difendere il titolo; Charlton, che allora aveva 32 anni, era ancora in ottime condizioni di forma. Come interno destro di una squadra che era passata da uno schieramento 2-3-5 all’inizio della sua carriera internazionale, quindi a un 4-2-4, fino ad un 4-3-3, il suo ruolo era diventato più difensivo, anche se non meno importante. Dopo la conclusione positiva della prima fase del torneo, affrontò la Germania Ovest nei quarti di finale, in una rivincita epica della finale del 1966. In vantaggio per 2-1, quando rimanevano venti minuti da giocare, l’allenatore dell’Inghilterra Alf (più tardi, Sir Alf) Ramsey sostituì Charlton, pensando che fosse meglio che riposasse prima della semifinale. Il pareggio di Seeler portò invece il match ai supplementari, durante i quali Gerd Müller regalò ai tedeschi la rivincita. Si trattò dell’ultimo atto di Charlton con i colori della nazionale. Infatti, dopo il fischio finale, vi fu l’annuncio del ritiro, giunto dopo aver superato il record di Billy Wright con 106 presenze internazionali.

Il momento più drammatico, indubbiamente, fu la vicenda di Diana (il prossimo 31 agosto saranno passati 25 anni da quando, all'età di 36 anni, rimase vittima di un incidente automobilistico sotto il tunnel del Pont de l'Alma a Parigi, insieme con il compagno Dodi Al-Fayed, quando la loro auto, guidata dall'autista Henri Paul, si schiantò contro il tredicesimo pilastro della galleria) sposa, poi divorziata, di Carlo. Alla morte della principessa "di tutti", Elisabetta compie il suo errore più grande: si attiene ai rigidi protocolli di Corte, non assegnandole la dignità di membro della famiglia reale. Il popolo, forse per la prima volta, le è contro. Elisabetta capisce e, con un sentito appello, accorda il funerale reale. Il semplice discorso la riconcilia con la sua gente. Con la Royal Family sono spine acuminate: alla perfetta coppia William e Kate fanno da contraltare le brucianti accuse di Harry e Meghan, gli scandali del figlio Andrea. Ai 70 anni di regno si sono accompagnate le avversità della via. La morte, un anno fa, del marito principe Filippo (commovente, il giorno di Natale del 2021, l'omaggio all'amato di sempre con "Quel luccichio malizioso e indagatore che aveva era luminoso come quando ho messo gli occhi su di lui per la prima volta") - definendolo - "la mia forza", dopo 73 anni di matrimonio. Più sola, più fragile anche in considerazione di alcuni problemi di salute, ma sempre decisa e ferma a sostenere, con la sua soft diplomacy, il popolo con determinazione. 

Nel 1984 divenne dirigente del Manchester United e fu invitato a partecipare ai lavori del Comitato FIFA per lo sviluppo del calcio. Da allora si è prodigato a favore del gioco, a Manchester e in Inghilterra, ma andando anche molto più in là e facendosi conoscere in tutto il mondo quale ambasciatore del calcio. Come disse di lui il suo amico e manager Sir Matt Busby: "Non è mai esistito un calciatore più popolare. Era così vicino alla perfezione, come uomo e come giocatore, che di più sarebbe stato impossibile". Ha firmato il messaggio per i suoi 70 anni di regno: "As we mark this anniversary, it gives me pleasure to renew to you the pledge I gave in 1947 that my life will always be devoted to your service". "Al vostro servizio, Elisabeth R.", dove R. sta per Regina, in latino. Un tocco di cultura ed eleganza di cui noi, la ringraziamo profondamente.

"Good night, thank you very much; You do have many more; God bless you; We love you; Good night..." - cantava Freddie Mercury, leader dei Queen, sulle note dell'inno nazionale. La grandezza, di un uomo o di una donna, non è colorita, sonora, applaudibile, rapida: è una cosa intensa, lenta; si nutre di silenzio e di tempo. C'è una malinconia che nasce dalla grandezza; quest'ultima è una strada che porta verso l'ignoto. Per essere grandi e, a volte, entrare nella storia bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L'umiltà, insieme allo scoglio delle difficoltà, è la base di ogni vera grandezza. Del resto, anche sul trono più elevato del mondo, si è pur sempre seduti sul proprio sedere...