In una sua famosa opera storica, Indro Montanelli si è soffermato sugli eroi della guerra fra i Romani e Porsenna, lachme etrusco di Chiusi. L'esaltazione di Orazio Coclite, Muzio Scevola e Clelia, secondo Montanelli, non sarebbe stato altro che un tentativo di nascondere che i futuri dominatori del Mediterraneo avevano perso la guerra. Gli sconfitti, sosteneva, creano gli eroi, mentre i vincitori non lo fanno, perché non ne hanno bisogno.

Ora, noto una pericolosa tendenza a creare il mito degli eroici ragazzi, una tendenza già comparsa dopo la partita di Liverpool. I prodi sarebbero stati sconfitti da un destino avverso, parlando del Liverpool, ma soprattutto da una direzione arbitrale oscena, parlando del confronto con l'Atletico.
Diciamolo, la direzione arbitrale di mercoledì, includendo nel mazzo anche il VAR, è stata oscena a tutti gli effetti, quanto meno nella parte finale. Per trovare un arbitraggio così inguardabile ai danni del Milan devo tornare indietro nel tempo fino al 1990, a quel match in cui Rosario Lobello ne combinò più di Carlo in Francia. Quell'anno i rossoneri trionfarono in Coppa Campioni, regolando il Benfica per 1-0 con gol di Rijkaard, ma l'arbitraggio di Lobello è rimasto il peggiore ai danni del Diavolo fino ai 20 minuti finali (più recupero) di Milan- Atletico.
L'ambiente rossonero, tuttavia, rischia di cascare, anzi ci sta già cascando, nella trappola dell'esaltazione da sconfitta, nella mistica dell'eroismo sfortunato e del valore pugnalato alle spalle. Ed è un rischio da evitare a tutti i costi.

Una sconfitta è una sconfitta, stop! Non si può festeggiare o, comunque, trasformare in una vittoria morale. Le vittorie morali appartengono agli sconfitti, come gli eroi, di cui sono parenti strette. Eroi e vittorie morali sono il seme per andare incontro a nuove sconfitte, che col tempo potrebbero non essere neanche vittorie morali.
Simeone è stato irritante per 90', ma era il tecnico dell'Atletico e doveva portare a casa il risultato. Non era un benefattore venuto a San Siro per fare da comparsa in una serata di festa. Ha portato a casa il maltolto, considerandolo tale, visto che ha ammesso che, al posto di Pioli, avrebbe detto le stesse cose. Ma quel maltolto l'ha portato a casa ed è lui, purtroppo, il vincitore della serata, tanto materiale che morale.

Il Milan non deve ritenersi ancora eliminato, visto che ha 4 punti di svantaggio in classifica con 12 ancora in palio, ma è messo maluccio, proprio perché non sarà facile fare 12 punti contro il Porto, il Liverpool e in casa dell'Atletico. E alla fine, forse, conquisterà solo il 3° posto e gli spareggi per l'Europa League, da non sottovalutare, perché occorre fare punti nel ranking UEFA e schiodarsi dalla 4^ fascia dei sorteggi per la Champions. Lo dico per ricordarlo a tutte le anime candide che, convinte di vivere 15 anni indietro, sostengono, come faceva Galliani, che quella competizione non vale nulla. Galliani era AD di un Milan con un'altra posizione nel ranking UEFA.

No no no e poi no, non dobbiamo essere fieri di nulla, perché ci è toccata la proverbiale figura dei fessi, che non sono eroi, ma fessi. La rabbia, tuttavia, dovrà essere lasciata da parte a Bergamo. Contro l'Atalanta, il Milan dovrà essere motivato e razionale, non rabbioso, perché l'emozione ostacola il ragionamento. Il Diavolo dovrà cercare riscatto per la sconfitta di mercoledì, ricordando che nelle ultime 4 partite contro i bergamaschi ne ha pareggiata una, vinta un'altra, ma ha preso pure un paio di scoppole a forza di 8 gol a 0. Dovrà cercare la vittoria, sapendo che in casa degli orobici resterà buono anche un pareggio, anche viste le difficoltà dell'Inter di sabato contro gli stessi avversari.

In ogni caso, e ciò che più conta, il Milan dovrà smettersi di considerarsi meraviglioso per aver perso una partita, seppure al 70% per colpa di una direzione di gara inguardabile. Stefano Pioli e i giocatori devono ripartire dal fischio finale di La Spezia e da quella vittoria bella e meritata, grazie a una conduzione tecnica e a una prestazione in campo del tutto all'altezza.
Ricordate che gli sconfitti hanno bisogno di eroi, mentre i vincitori no e il passo da sconfitti a perdenti non è così lungo.