"Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso.
Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l’hanno definita “Strategia della Tensione” – sarebbe più corretto dire “Strategia della Sopravvivenza”.
Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa, e lo so anch’io.
Per mia colpa, per mia grandissima colpa è il monologo centrale di Toni Servillo, che interpreta Giulio Andreotti nel film "Il Divo", uno dei tanti capolavori di Paolo Sorrentino.

Nella carta dei diritti fondamentali dell'uomo c'è scritto:
1. "Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona".
2. "Nessuno individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o a punizioni crudeli inumane e degradanti...".

La legge italiana consente di abortire entro un determinato lasso di tempo dal concepimento, superato il quale l'aborto è possibile solamente se accertato terapeuticamente, cioè se è giustificato dalle condizioni di salute della donna o siano accertati processi patologici (tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro) che determinano un grave pericolo per la salute psico fisica della donna (prima che il feto abbia la possibilità di vivere autonomamente al di fuori dell'utero).
Fuori da queste ipotesi l'aborto costituisce reato. Allo stesso modo, abortire al di fuori di strutture sanitarie o con metodi non approvati, costituisce un illecito. La stessa legge consente alla donna di abortire entro i primi 90 giorni dal concepimento non solo in presenza di problemi di salute, ma anche per ragioni economiche e sociali.
Eppure, già dal momento del concepimento, si è formato un nuovo individuo, già determinato in tutte le sue caratteristiche nel suo codice genetico, diverse da quelle di ogni altro essere umano. Questa non è considerata vita, se si permette di liberarsene? L'aborto oggi rappresenta una delle grandi questioni che preoccupa il mondo e, nello stesso tempo, fa discutere e divide l'opinione pubblica in favorevoli e contrari.
Molte donne non accolgono il frutto stesso del loro concepimento, spezzando così una vita, una piccola vita che avrebbe dovuto vedere il mondo e che sarà perduta per sempre, una vita che sarà restituita al silenzio ma che probabilmente continuerà ad esistere e gridare nella coscienza di quella donna che gli ha impedito di esistere. 
Quali sono i motivi che possono portare a commettere un atto così belluino? Verso chi, noi per primi, dovremo amare, rispettare e proteggere, visto che lui non è in grado di farlo autonomamente?
In nome di quale libertà? Di quella che altrimenti andrebbe perduta in un vagone di responsabilità, preoccupazioni, pannolini e biberon? I nostri genitori, pur nelle difficoltà, a volte veramente immani, non ci hanno detto che questi andranno a compensarsi con gioie che solo un figlio può dare? 
Al fatto di non volere magari un bambino "diverso"? Il limitarlo al caso di feti imperfetti non fa altro che rendere più cinico un mondo che non accetta forme di vita che possano essere una spesa per lo Stato o rappresentare infelicità per i genitori. Ma dove va a finire la nostra concezione spirituale dell'esistenza nel momento in cui l'anima di un handicappato si considera incapace di dare nulla al mondo in completa contraddizione con il mondo tradizionale che ha trovato sempre posto per tutti? Che sarebbe stato della nostra civiltà se Omero, Beethoven e Leopardi fossero stati uccisi prima di venire al mondo, perché portatori di gravi malformazioni quali cecità, sordità e scoliosi? E inoltre, che succederebbe se un figlio venuto al mondo divenisse improvvisamente sgradito ai genitori per i medesimi motivi per cui si prevede l'aborto "terapeutico"? Verrebbe ucciso come si fa con i feti? Essendo un soggetto giuridico è tutelato dallo stato; ma perché allora il feto non può godere dello stesso trattamento? 

Indigenza e impossibilità di mantenere il nascituro.
A volte la scelta di abortire può essere determinata da difficoltà e incertezze economiche tali da non poter garantire la possibilità di crescere il bambino. Questa motivazione è forse la più condivisibile, perché è necessario poter far fronte alle necessità fondamentali del nascituro. E ciò comporta un dispendio di denaro non indifferente. Però lo stato, lo Stato, dovrebbe avere una legislazione che viene incontro a una famiglia con difficoltà economiche con bambino o a una ragazza madre perché "la maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza". "Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori da esso devono godere della protezione sociale"; "una donna incinta ha diritto a un'aspettativa dal proprio lavoro senza poter essere licenziata da parte del suo datore di lavoro". In questo senso uno stato laico, se non può impedire l'aborto, può certamente potenziare la sua legislazione in materia, anche perché attualmente non è poi così efficiente. O, al contrario, lo è elemosinando il tanto decantato "una tantum" che fa tanto radical chic.
Tanti pensano che la vita non abbia senso se non nel piacere, nell'interesse o nell'utilità. Se "l'altro", l'invisibile di turno, è di ostacolo al godimento, se non è utile, allora possiamo allontanarlo, distaccarlo, anche fisicamente.
Molti hanno l'idea che ciò che viene eliminato dal grembo della madre sia un corpuscolo di cellule informi che un giorno potrebbero diventare un bambino, ma non gode di vita autonoma. In realtà, qualsiasi filmato su feti abortiti mostra chiaramente che ciò che viene sfibrato è il corpo di un bambino, piccolo ma chiaramente formato, che sente il dolore, che capisce ciò che gli avviene intorno e cerca di "fuggire" nel momento in cui riceve primi attacchi dal medico abortista. Da un punto di vista morale l'aborto è un caso chiuso. Ognuno gli dia il nome appropriato...
Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene...
La scienza dimostra che la vita di un nuovo essere umano incomincia nel momento della fecondazione, cioè della fusione tra lo spermatozoo del maschio e l'ovulo della femmina. Nello zigote, la cellula che contiene un nuovo codice genetico, c'è un nuovo individuo, differente dal padre, dalla madre e da ogni altra persona del mondo. Questo accade appena 12/18 ore dopo il rapporto sessuale. L'embriologo Keith Moore ha affermato: "Ognuno di noi ha iniziato la propria vita in un unico zigote monocellulare". Quest'ultimo, pertanto, non è una potenzialità di essere umano, ma è un essere umano in potenza di diventare adulto. L'aborto, per cui, può considerarsi illegale, perché coinvolge gli interessi e i diritti di un essere umano. Sopprimere qualcuno vuol dire annientare la stessa ragion d'essere di ogni vita, il cui primo diritto è proprio quello alla vita. 

Nel caso di una violenza sessuale, il figlio potrebbe essere fatto nascere e poi adottato da un'altra famiglia, per impedire che alla violenza del concepimento se ne aggiunga un'altra della soppressione di una vita. Assurdo giustificare l'aborto perché il feto non è dotato di personalità, perché allora, di questo passo, si potrebbero giustificare l'infanticidio, l'uccisione di una persona in coma, minorata o comunque giudicata "non in possesso di una personalità". In effetti si assiste, sempre più frequentemente, ai complimenti dei "normali" che si permettono di additare gli oligofrenici, i sub-normali e i ritardati. Tanto "sono ragazzate" - come vengono poi giustificate - in ragione di una presunta, ma molto aleatoria, educazione che i genitori non hanno voluto dispensare.

Quanto all'argomentazione che l'aborto deve essere legalizzato per impedire quello clandestino (la legge n° 194 fu voluta anche per contrastarlo fortemente), un medico statunitense, pur convinto abortista, ammette "benché lo scopo principale delle leggi sull'aborto sia stato quello di ridurre l'incidenza degli aborti clandestini, questo risultato non è stato raggiunto. Al contrario, apprendiamo da varie fonti che gli aborti, sia legali che illegali, sono aumentati". Tutte le motivazioni celano, comunque, una triste realtà che è il vero flagello da combattere: l'irresponsabilità di chi considera la contraccezione e, in subordine, l'aborto come i mezzi per soddisfare la propria libertà in nome di una autorealizzazione.
Questo Dio lo sa, e lo so anch’io...
E se tutto questo lo avesse scritto il Vostro prete? Si, il priore della porta accanto, quello stesso sacerdote che non permette a uno zio di fare da padrino alla propria nipote perché divorziato ma dà il placet supremo al matrimonio fra gay che magari hanno avuto anche la possibilità di adottare un figlio in qualche paese "accomodante" e, conseguentemente, politicamente e borghesemente accondiscendente?

Mentre sto scrivendo 46 persone, tra cui bimbi, sono state trovate morte dentro un camion, in Texas. Arrivavano dal Messico; sono quegli stessi migranti, i cosiddetti ultimi di frontiera, che il Presidente repubblicano respingeva. E Biden, il democratico, che li accoglie già cadaveri è forse migliore?

"Perché Gesù sulla croce chiede a Dio di perdonare chi gli ha fatto del male? Perché non lo dà lui, quel perdono? Improvvisamente avevo capito: perché Gesù, nell'istante di questa invocazione, è uomo. E, come uomo, sa che nel momento dell'abbandono, della disperazione, del dolore fisico e spirituale, nel momento della tristezza e del tradimento, non ha la forza di perdonare. Chiede allora al Padre di farlo al posto suo. Lasciando a lui uomo, e a noi uomini tutti, il tempo per arrivarci, il tempo del cammino". [cit. "La crepa e la luce" di Gemma Calabresi Milite].

Nella vita sarebbe meglio preoccuparsi più della coscienza che della reputazione. Perché la coscienza è quello che uno è, la reputazione è ciò che gli altri pensano. E quello che gli altri pensano, in fondo, è un problema loro.
Del resto, pensare è difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica.
Sovente.