Chi invoca oggi l'annullamento della stagione non vuole bene né al calcio né agli italiani, togliendo la speranza di futuro e ripartenza. Su questo terrò duro fino alla fine.
"Il 4 maggio è la data fissata dal Dpcm. Noi ci stiamo attenendo e, puntualmente, cerchiamo di fare programmazione". Queste le parole pronunciate da Gravina. Che non possono lasciare indifferenti.
Forse al mondo del calcio sfugge la situazione in Italia.
Agli italiani del calcio in questo momento interessa poco o nulla. Se ne parla giusto così, ma ci sono cose più importanti a cui pensare. A fare la spesa, arrivare a fine mese, come uscire di casa, come uscire da questo disastro in cui siamo finiti per scelte e decisioni sbagliate. Come recuperare il lavoro perso.
Certo, il calcio fa parte dell'identità del Paese. Il ritorno del calcio è ritorno alla normalità. Ma il calcio se ritorna, non ritorna per dare una speranza al Paese. Almeno in questa fase. Ma solo per difendere le proprie casse, come una qualsiasi azienda. E questa è la verità. Ma non la vogliono dire.
Eppure, ripeto, non ci sarebbe nulla di strano. Ma la retorica del bene del Paese è sinceramente oggi inascoltabile.
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