D'accordo, Ibrahimovic è un giocatore fortissimo, la cui assenza è grave. Nessuno nega questa verità e tuttavia... sì c'è un tuttavia. Un infortunio è un incidente di percorso che fa parte delle cose del calcio. Ne accadono di continuo a tutte le squadre e in questo campionato ne stanno accadendo perfino di più a causa del Covid19 (alla fin fine, essere positivi al virus, è un infortunio, no?).  Lo stesso Ibra ha già saltato alcune delle prime partite per positività al Covid, come Rebic ha subito una sublussazione a Crotone. La Beneamata (beneamata non da me, tanto per fare una battuta da tifoso) ha dovuto rinunciare a Lukaku per alcuni match, la Juventus ha fatto a meno di Cristiano Ronaldo e domenica il Napoli non è riuscito a schierare Osimhen, uno dei suoi punti di forza. Ora succede che ancora Ibrahimovic debba saltare delle partite, questa volta non per il Covid19, ma per una lesione muscolare. Amen e così sia o, almeno, così non doveva essere, ma è stato e si va avanti con le regine i fanti e i re, alla stregua del carrozzone cantato da Renato Zero.

In un certo senso, per spingermi oltre in maniera radicale, un po' talebana in senso lato, ogni infortunio è una sfida da vincere per una squadra di calcio. Anzi, è proprio la capacità di vincere le sfide come queste che, alla fine, determina l'esito più o meno buono di una stagione. E' una sfida per la società, per il tecnico e per gli altri giocatori, riserve comprese, oltre che per i medici, mi sembra ovvio. Questi ultimi dovranno recuperare Ibrahimovic presto e al meglio, cosa molto difficile, ma non impossibile, visto che la stessa situazione si è già verificata con Ibra alla ripresa post-lockdown. La società, però, dovrà valutare se serve un rinforzo per il futuro, magari a partire da gennaio, mentre il tecnico dovrà valutare se mantenere lo stesso schema di gioco o cambiarlo. I giocatori... eh be' son quelli che scendono in campo e che, parafrando il generale americano Pershing, quando il fumo della battaglia si dirada, si scopre che sono loro ad aver deciso lo scontro e non esattamente i loro generali.

C'è un sostituto di Ibra? No, solo Ibra è Ibra e chiunque si schieri in quel ruolo, per quanto bravo, anche se fosse più forte dello svedese, non sarà Ibrahimovic. Ibra è unico, nei pregi come nei difetti. Col Verona è riuscito a sprecare punizioni pretendendo di fare gol da 50 metri, nonché di tirare alto un rigore sapendo di essere in procinto di sbagliarlo, perché l'insicurezza del momento gliela si leggeva negli occhi. Poi, però, pur essendo in giornata nera, il centravanti ha segnato un gol di testa che molti altri non realizzano nelle giornate migliori di tutta una carriera. Non solo, ma alla fine ha avuto il coraggio di fare autocritica e ammettere che non batterà più rigori, per poi andare a Napoli a ingaggiare duelli rusticani con gli avversari, sapendo di rischiare i cartellini e dare loro alibi un po' patetici a fine partita (sì, perché a Napoli parlano parlano parlano dei gomiti di Ibra, ma si guardano bene di parlare di quelli di Politano, in quanto non fa parte del 50% di partita che fa comodo a quei signori). Come volete sostituire uno così? Non lo potete fare, quindi è inutile che pensiate a Balotelli, un talento la cui testa non è mai andata molto oltre i settori giovanili. Bravo ragazzo, ma a 30 anni bisognerebbe aver deciso cosa fare da grandi. Non si può pensare a gente che può essere accostata a Ibrahimovic solo nel fisico. L'unica cosa che si può fare è, innanzitutto, valutare l'aspetto quantitativo e chiedersi se c'è un parco attaccanti numeroso e ricco di talento a sufficienza per affrontare gli infortuni della stagione. Sì, se si considera che ci sono, oltre a Ibra, Leao, Rebic, Hauge, Colombo e Maldini. Brahim Diaz? E il sostituto naturale di Chala, più che una punta, ma se volete contarlo come secondo attaccante o come centravanti arretrato (perché no?) contiamolo pure. Si tratta di sei-sette giocatori per un paio di ruoli e non sono pochi.  Dobbiamo, tuttavia, escludere Daniel Maldini, giocatore di talento indubbio, ma ancora da definire nella sua collocazione tattica. E' lì per fare esperienza e per capire dove potrà giocare dopo che gli sarà spuntata la barba, calcisticamente parlando ovviamente. Allora i giocatori diventano 5-6 e, forse, un altra punta non sarebbe male, se qualche esubero importante di altre squadre potesse essere parcheggiato in rossonero. In estate si faceva il nome di Jovic, per esempio.
Non venitemi però a parlare di vice-Ibra, perché non esistono tali esseri mitologici, anzi parlarne è quasi un'antinomia, un affermazione contraddittoria.

Può il Milan pensare di giocare senza Ibra come se ci fosse Ibra? Direi di no, alla luce di quanto detto sopra. Il cross di Hernandez, perfetto peraltro, per qualsiasi centravanti sarebbe stato un eccellente invito a fare da sponda, mentre solo per Ibrahimovic è stato una palla gol, perché solo Ibrahimovic può imprimere forza e insieme precisione a quei lanci. Sia che si giochi con Colombo centravanti sia che si sposti Rebic in quel ruolo sia che rientri Leao, infortunatosi prima di Ibra e in maniera più lieve, le giocate saranno diverse. Il centravanti farà solo il centravanti e basta o si allargherà incrociandosi con la seconda punta, ma non ci si potrà aspettare che faccia il regista offensivo come il collega svedese e la palla finirà per correre molto più rasoterra. Il ruolo di Pioli sarà di preparare le partite in questa maniera.

La sfida che attende il Milan, più alla sua portata di quanto non si creda, sarà di sfruttare il potenziale di talento degli altri attaccanti senza pretendere che facciano Ibra, ma facendoli rendere al massimo secondo le loro caratteristiche. Colombo è entrato bene nella partita di domenica, ma attenti al suo sinistro, che sembra più un piede di appoggio che uno strumento per battere a rete, per cui sarà il piede da chiamare meno in causa. Rebic non è ancora al meglio, ma potrebbe accelerare la sua entrata in forma giocando sempre, cosa che fa stancare se sei già al top, mentre fa crescere di condizione se non lo sei ancora. Hauge? E' il profilo più interessante di tutti, perché quando viene inquadrato durante i match, ha lo sguardo di Zvone Boban ovvero della jena da campo, quello che è sintonizzato sulla partita senza interferenze o interruzioni di linea. Corre con raziocinio e potrebbe essere una carta vincente da non mandare a fare esperienza, perché mi sembra che ne abbia già fin troppa o che non gli serva farne altra.

Ora, però, basta con il "lugete o veneres cupidinesque" e consimili geremiadi! A furia di stracciarci le vesti, rischieremmo di conciarci male con le nostre stesse mani, un po' alla maniera dell'Aretino Pietro, cioè di rimanere con una mano avanti e l'altra dietro. Sarebbe proprio quello che voglioni i gufi e ce ne sono tanti in circolazione.