Sono uno studente di giurisprudenza ormai prossimo alla laurea, e da grande appassionato di sport e di calcio in particolare mi ha sempre affascinato la giustizia sportiva, che si differenzia in parte da quella ordinaria, essendo per certi versi più “dura”, visto che per gli sportivi vige il principio di lealtà e probità. Secondo il mio parere, tuttavia, vi è un grosso rischio che investe gli organi giudicanti. Lo sport italiano, infatti, è vittima di un problema che dai più non viene sottolineato, un problema che per adesso non è stato estirpato e che credo non si abbia la voglia di porvi rimedio. Non tutti sanno che i Consigli Federali delle varie federazioni hanno la facoltà di nominare tutti i membri degli organi di giustizia. Ciò vuol dire che sia i Procuratori, che hanno il compito di indagare, sia i Tribunali Federali e le Corti Federali, che hanno l'incarico di giudicare, sono nominati indirettamente da quegli stessi che saranno indagati o giudicati.

Appare, dunque, evidente che si crea una situazione in cui non è garantito il principio fondamentale della giustizia, ossia la terzietà né di indagine, né di giudizio. Ciò non vuol dire che non vengano emessi verdetti giusti o che non sia garantita l'imparzialità, ma ci si deve, per forza di cose, rimettersi alla coscienza dei singoli elementi, i quali inevitabilmente potrebbero risentirne (non essendo per esempio sereni) quando è il momento di indagare o di pronunciarsi sugli stessi elementi che li hanno nominati, e che hanno il “potere” di confermarli oppure no in quella carica. È un po' come se l’arbitro di Milan-Inter fosse deciso da Adriano Galliani o da Massimo Moratti, pardon l'abitudine, adesso dovremmo parlare di Elliott e Suning, ma il concetto è lo stesso.

L'ex procuratore del CONI Enrico Cataldi (dimessosi in maniera irrevocabile qualche mese fa) a tal proposito esprimeva concetti abbastanza duri, tanto da parlare di una potentissima lobby all'interno del Coni stesso, un muro che è impermeabile a qualsiasi cambiamento, dicendo, inoltre che la giustizia è una cosa delle federazioni e nessuno super partes può, né tanto meno deve poterci mettere il naso. Cataldi ha passato la sua vita a lottare cercando di fare giustizia e seguendo casi difficilissimi, ma si è reso conto, alla fine, che nello sport l'impresa richiesta era superiore alle sue forze. La sua nomina alla Procura Generale era stata una delle principali novità della presidenza CONI di Giovanni Malagò, che a suo dire ha sempre auspicato a una rivoluzione della Giustizia Sportiva, troppo dipendente dalle singole federazioni. La nomina di un elemento come Cataldi, di sicura autorevolezza, ha mosso le acque in diversi casi che altrimenti non sarebbero mai arrivati ad una sentenza ed era sicuramente garanzia del principio di terzietà ed imparzialità dei giudici.

Va detto,altresì, che il governo Malagò ha cercato di fare un passo in avanti in questo senso, tanto da istituire la creazione della Commissione Federale di Garanzia, il cui compito è di vigilare sull’idoneità dei membri degli Organi di Giustizia. In altri termini, è un organo che costituisce una sorta di cuscinetto, che verifica, in piena autonomia e con indipendenza di giudizio, se le figure scelte di volta in volta per comporre gli Organi di Giustizia rispettino i vincoli necessari per ricoprire quel determinato ruolo. Rimane però un problema e non di poco conto: pure quest’organo è nominato dal Consiglio Federale. Sembra uno scherzo ma è così! Di solito la Commissione Federale di Garanzia è composta da elementi già facenti parte degli Organi di Giustizia.

Quindi c’è un punto su cui il CONI, a mio avviso, sbaglia a non intervenire: non è possibile che le singole federazioni possano stabilire gli elementi degli organi di giustizia. Non è proprio accettabile. In questo modo si alimenterà sempre un clima di scarsa serenità, se non addirittura di sospetto. E la presenza del terzo grado di giudizio, il Collegio di Garanzia CONI, non è sufficiente, anche perché lo stesso può intervenire solo in determinati casi e mai sul merito delle sentenze.

Cataldi ha rassegnato le dimissioni perché, a suo dire, questa lobby potente, contraria al progetto che punta a cambiare radicalmente la giustizia sportiva, ha ottenuto un pronunciamento da parte dell’avvocatura dello stato che giudicava il suo ruolo incompatibile con la pensione statale che gli viene riconosciuta. Resta, dunque, vacante uno dei ruoli più importanti nel mondo dello sport. Nell’organigramma attuale, la persona di maggior grado è quella di Vice Procuratore Generale, ricoperta dall’avvocato Guido Cipriani, che è in pole position perché gli venga assegnato l'incarico attualmente scoperto. Al di là di tutto, resta il fatto che la priorità di qualsiasi dirigente sportivo serio con potere decisionale sia quello di porre rimedio a questa situazione assurda: gli Organi di Giustizia delle Federazioni Sportive non devono più essere nominati internamente. Ne va della credibilità dell’intero sistema sportivo italiano, a maggior ragione adesso che non vi è più il Ministero dello sport a poter porre qualsiasi ostacolo al cambiamento e il capo del CONI ha un potere forte.