Giustizia è fatta

Quella che si sta per chiudere è la settimana che ha visto Andrea Agnelli vincere il ricorso contro la sanzione per la storia dei biglietti della Juventus: questa vicenda ha fatto più notizia del dovuto, soprattutto perché era una storia a tinte bianconere.

Se si pensava che quello dei biglietti fosse solo un problema italiano, o meglio juventino, ci si sbagliava di grosso.

In Spagna infatti, il Barcellona e il Real Madrid hanno affrontato la stessa situazione della Juventus, con una grossa differenza però: né a Madrid né a Barcellona si è gridato allo scandalo come in Italia.

Nel 2002 José Maria Coronas, portavoce della giunta direttiva del Barcellona dichiarò di aver regalato biglietti agli ultras più violenti dei catalani come regalo per essersi comportati bene all’interno dello stadio.

Tuttavia i Boixos Noix terminarono per essere espulsi dallo stadio dal presidente Laporta a causa della loro condotta violenta e radicale, che nonostante il regalo dei biglietti, non cambiò.

Nel 2015 scoppiò il problema dei biglietti anche per il Real Madrid in quanto un gruppo degli ultras più violenti venne confinato nella “Grada Fans RMCF” da parte del presidente Florentino Perez che, per tenerli “buoni”, regalava loro biglietti per lo stadio e gli ultras, intelligentemente, li rivendevano.

A quel punto il presidente dei “blancos” cacciò i violenti e i furbetti dallo stadio non permettendogli più l’ingresso: gli ultras denunciarono a Perez che lo scorso maggio, difronte al Tribunale di Madrid, vinse la causa essendo considerato vittima di pressioni.

Anche in Spagna il bagarinaggio è illegale ma la differenza sta nell’applicazione più rigorosa delle norme penali.

Pure il piccolo Osasuna durante la passata stagione venne sanzionato con 60.000 € per aver regalato dei biglietti a membri del gruppo Indar Gorri: si è voluto monetizzare la sanzione anche in Spagna, caro Pecoraro.

Il 1 dicembre scorso, il presidente della Fluminense, Pedro Abad, ha dichiarato di aver regalato 200 biglietti a gruppi di ultras che poi li rivendevano fuori dallo stadio: in Brasile non fu un caso isolato dato che ultimamente anche i presidenti del Vasco da Gama e del Flamengo hanno avuto gli stessi problemi.

Tutti questi casi dimostrano che i contatti tra club e ultras sono una costante del calcio, dimostra come da noi si voglia cercare a tutti i costi la notizia, ma soprattutto dimostra come in Italia si sia cercato di punire qualcosa che da altre parti risolve la giustizia ordinaria e non l’allegra giustizia sportiva.

Bisogna ricordare infatti che Agnelli era stato inibito inizialmente per rapporti con gli ultras non conoscendone il presunto status di criminali, così come stabilito dalla sentenza della Procura Federale: aggiungere il sostantivo “n’drangheta” alla storia dei biglietti serviva per vendere più giornali.

Anche da noi come in Spagna il bagarinaggio è illegale, ma viene spesso tollerato qualora non si tratti di vendita maggiorata, mentre negli altri casi, si può rilevare il reato di incauto acquisto.

In più se la proibizione del bagarinaggio da parte della giustizia ordinaria è blanda, non si capisce perché dovrebbe intervenire la ferrea giustizia sportiva in aspetti che riguardano il diritto penale.

Ed è proprio questa carenza normativa che facilita l’ingresso della criminalità organizzata nel calcio: per loro è un mercato libero dove da sempre hanno incontrato pochi ostacoli.

Di conseguenza, se si lasciano i presidenti soli, in balia dei criminali che si nascondono all’interno dei gruppi ultras e si puniscono proprio i presidenti dei club che in realtà sono le vittime, beh, qualcosa non torna.

Infatti, in tutti i casi esteri analizzati, i presidenti regalavano biglietti per mantenere calmi gli ultras: quale vantaggio economico deriva al club? Nessuno. Quale vantaggio economico otteneva Perez? Nessuno. Erano solo iniziative per cercare di mantenere la sicurezza dentro e fuori dello stadio.

Si è scritto anche che la Juventus ha perso l’occasione per ripulire il calcio italiano[1]: ma cosa c’entra la Juventus? Ora si dovrebbe mettere anche al posto del legislatore italiano ed emanare leggi più severe in tema di bagarinaggio?  Cosa dovevano fare Agnelli e i suoi legali se non difendersi da quello che si presentava come l’ennesimo processo sperimentale di diritto sportivo? Cosa dovrebbe fare Agnelli, mettersi a capo della FIGC e gestire la federazione come un’azienda stile Juventus? Magari!

Infine mi sorgono due domande: viste le difficoltà dei club in situazioni legate alla criminalità organizzata, dov’è la Lega Serie A che dovrebbe tutelare i club professionistici? Dov’è la FIGC che dovrebbe proteggere il calcio italiano? A me sembra che quest’ultima appaia solo quando c’è da puntare il dito e provare a sanzionare qualcuno su basi giuridiche inesistenti.

 

Silvio Bogliari

 

[1] M.Bernardini, “Agnelli e la Juventus hanno perso l’occasione di ripulire il calcio italiano”, in http://www.calciomercato.com/news/agnelli-e-la-juventus-hanno-perso-l-occasione-di-ripulire-il-cal-10014