Ci sono vite cui non manca nulla, tranne la fortuna e la comprensione altrui. Una di queste è la vita di Giuliano Giuliani, portiere del Napoli a cavallo fra due decenni. Un nome che sembra un gioco di parole, un destino da non augurare a nessuno. Ha giocato e vinto nella stessa squadra di Diego Armando Maradona, ha perso da solo e per sempre. Una vita terminata presto e altrettanto presto dimenticata. Dimenticata non per caso o per sbadataggine collettiva. La morte di Giuliani corrisponde a una malattia che Prince, in Sign o’ the Times definì “a big disease with a little name”: AIDS.

UNA BUONA CARRIERA. Romano di nascita, classe 1958, Giuliani si fa notare presto: è un portiere essenziale, spettacolarizza poco i suoi interventi ma è spesso decisivo. In effetti – notano gli osservatori - non ha particolari limiti tecnici, è bravo sia fra i pali che nelle uscite. Parla poco ma quando serve sa farsi sentire con i suoi difensori.
È affidabile in porta e come uomo, o almeno così si dice. Dopo aver giocato con Arezzo, Como e Verona nel 1988 il Napoli lo sceglie come successore di Garella. E’ il Napoli di Diego Maradona, il Napoli che ha vinto uno scudetto e ne ha praticamente regalato un altro ma che vuole continuare vincere in Italia e finalmente in Europa. Alla prima stagione in azzurro, è la stagione 1988-89, Giuliani è protagonista della vittoria dei partenopei in Coppa UEFA. L’ anno successivo la squadra conquista il suo secondo scudetto e Giuliani è fra i protagonisti di un Napoli che tenta di fare sua anche la Coppa dei Campioni. Ma lui in Coppa non giocherà mai, perché nell’estate del 1990 viene acquistato dal Milan Giovanni Galli. Per Giuliano Giuliani è l’inizio di una fine ingrata. Il portiere termina la carriera a Udine. Poi si trasferisce a Bologna, ma non per giocare a calcio. Il motivo è un altro.

IL CONTAGIO. Nel 1992 un giornale esce con un titolo che sembra un gossip infondato: “Giuliani ha l’AIDS”.
In quel momento è ancora un atleta in attività, sapere che ha una malattia così grave e contagiosa è per tutti una scoperta tremenda. Il diretto interessato non conferma e non smentisce.
Uno shock pubblico si trasforma in poco tempo in un dramma privato. Avere a che fare con lui è imbarazzante, forse addirittura virale. Per di più viene anche coinvolto in una storia per spaccio di droga dalla quale esce pulito nel giro di 24 ore.
Piove sul bagnato. Giuliani si ritira a Bologna città nella quale gestisce un magazzino di abbigliamento e dove nel frattempo cerca di curarsi. Sì, è vero, Giuliani ha l’AIDS. Buio completo. Di lui non si hanno più notizie fino al 14 novembre del 1996 quando le agenzie di stampa battono la notizia della sua morte. Non ha neppure 40 anni, 38 compiuti da poco. La causa ufficiale è collegata a complicazioni polmonari, ma si dice che già da tempo le sue difese immunitarie fossero notevolmente diminuite. Inoltre la morte avviene all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, nel reparto malattie infettive. Fin da subito si capisce che c’è una foschia intorno alla morte dell’ex calciatore, che esista una verità ufficiale e una reale che ci si guarda bene dal rivelare. Dal mondo del calcio arrivano cordoglio e commozione, ma nulla di più. Nessuno pare interessarsi sul serio alla vicenda.

LA VERITA’ la dirà sua moglie, anni dopo.
Lei è Raffaella Del Rosario, una bellissima donna che in quegli anni si fa conoscere come soubrette nei programmi sportivi di Maurizio Mosca. A un certo momento Raffaella fa le valigie e va via di casa. Il motivo sta in ciò che suo marito le ha detto. Un giorno Giuliano torna a casa ed è triste, distrutto, ma deve trovare la forza per raccontare a Raffaella una verità durissima: ha contratto il virus dell’HIV, ha l’AIDS. E aggiunge anche che l’ha tradita, una volta, una volta sola, con una donna. Può essersi infettato solamente in quell’occasione, il 7 novembre 1989, quando aveva partecipato al matrimonio di Diego Armando Maradona a Buenos Aires, evento a cui lei non aveva potuto essere presente.
Raffaella lo lascia, teme per la sua stessa salute, ma poi torna sui propri passi: Giuliano è malato, sta morendo e non può essere lasciato solo. E’ lei a sostenerlo, è lei l’unica a non aver paura di quella malattia che a Giuliani fa terra bruciata tutt’intorno.
Il 14 novembre 1996 Giuliano Giuliani, debilitato e perennemente assalito da bronchiti, tossi e difficoltà respiratorie, si alza presto ed accompagna la figlia di 7 anni a scuola, la saluta e sta per tornare a casa. All’improvviso si sente male e si accascia a terra. Lo ricoverano immediatamente, l’ospedale Sant’Orsola di Bologna lo accoglie nel reparto malattie infettive.
Intorno alle 21, Giuliano Giuliani muore per una crisi polmonare derivante dallo stato avanzato dell’AIDS.

Sulla fine dell’ex portiere del Napoli cala immediata una coltre di silenzio. Anche oggi a chi chiede qualcosa ai suoi vecchi compagni di squadra, le risposte sono sempre le stesse: “Un bravo ragazzo, un buon portiere, un destino veramente triste”.
Banalità di rito, imbarazzo generale, si cambia subito argomento.
La parola AIDS non viene neppure nominata, quelle quattro lettere fanno paura anche adesso che Giuliani è morto e che nemmeno sua moglie ha più timore della verità. Rimozione, cattiva coscienza da parte di qualcuno forse, preoccupazione che la vicenda possa scoperchiare un vaso di Pandora molto difficile da rimettere al suo posto.
Un errore grave che sembra non meritare nemmeno l’appellativo di errore. Anzi, forse Giuliano Giuliani non è mai esistito. A difendere la porta del Napoli, a quei tempi, c’era sicuramente qualcun altro.

Diego Mariottini