Dobbiamo giocare da Milan”, queste le parole di presentazione di Stefano Pioli in conferenza stampa alla vigilia della sfida contro il Napoli. L’ultimo trofeo dei rossoneri è la Supercoppa italiana, che risale al 23 dicembre 2016 allo Stadio Jassim bin Hamad a Doha, in Qatar. Da 5 anni il Milan non riesce a centrare la qualificazione alla Champions League, siamo davvero sicuri che “giocare da Milan” ha ancora un significato così forte come tutti crediamo? Il passato non si scorda mai, ma il contesto calcistico non permette di guardati indietro, puoi solo guardare avanti.

Da 5/6 anni a questa parte gli errori della squadra, dirigenza e società sono molteplici e non sono computabili solo ai singoli ma all’intero contesto rossonero. Ogni anno il Milan investe troppi soldi per giocatori discreti, che non ti portano a fare il salto di qualità. A fine stagione è sempre la stessa storia, si bocciano giocatori, allenatori e dirigenza.

Risultato? Ogni anno a giugno si riparte sempre da zero, con un nuovo allenatore e una nuova dirigenza. “Quest’anno andrà meglio” è la frase che ogni estate il tifoso rossonero continua a ripetere in continuazione, per non parlare del “non può andare peggio dell’anno scorso”, ma alla fine i risultati sono sulla bocca di tutti. L’anno scorso il Milan sfiora la qualificazione alla Champions League, che alla fine non arriva. Il fallimento dell’obiettivo stagionale ha suggerito al Milan di trovare un compromesso con la UEFA, patteggiando con l’esclusione dall’Europa League le violazioni del fair play finanziario fino al 2018.

È il giugno del 2019 quando Leonardo lascia Milano per fare ritorno al Psg. Il Milan affida a Paolo Maldini il ruolo di Direttore Tecnico del club, mentre Boban riceve la carica di Chief Football Officer, responsabile del coordinamento e della supervisione delle attività sportive del club. Come direttore sportivo la scelta vira su Frederic Massara. Il 19 giugno viene ufficializzato l’allenatore, è Marco Giampaolo, un nuovo anno zero ha inizio.

Dopo anni il Milan ha un allenatore con un modulo chiaro e preciso ben in testa, alla dirigenza non resta altro che costruire la squadra sulle idee del Mister e concedergli la fiducia necessaria per superare le difficoltà iniziali . Ma le cose non vanno così, c’è molta confusione tra allenatore, dirigenza e società. Maldini e Boban dichiarano più volte che vanno bene i giocatori giovani ma a questa squadra serve esperienza e leadership prima di tutto.

Risultato? Arrivano 5 giocatori dal mercato estivo, il più vecchio ha 26 anni ed è reduce dalla retrocessione con l’Empoli, della leadership nemmeno l’ombra. Il Milan mette sul mercato Suso, serve liquidità per Correa che permetterebbe alla squadra di avere quel giocatore che ti fa la giocata decisiva negli ultimi metri. Giampaolo si oppone, “è un fuoriclasse, ne sono innamorato e per me vale almeno 70 milioni”.

Risultato? Dopo il pareggio per 2 a 2 contro il Lecce spopola l’hashtag #Susout. Dopo aver venduto Cutrone ai Wolwes, il Milan lo sostituisce con Rafael Leao, un giovane con ampi margini di miglioramento. Ma al Milan in questo momento servono campioni e non scommesse, soprattutto se il tuo centravanti titolare è reduce da cinque mesi in cui sembra scarico e un precampionato a livelli pessimi. L’ultimo giorno di mercato Andrè Silva fa le valige direzione Francoforte, a Milano sbarca il croato Rebic fortemente voluto da Boban. Giampaolo che fa il 4-3-1-2 il suo mantra calcistico si ritrova con solo due punte di ruolo (Piatek, Leao) e 5 esterni (Rebic, Calhanoglu, Suso, Castillejo e Borini) in un modulo che fa la sua forza nella trequarti offensiva.

Risultato? Dopo solo 2 giornate Giampaolo fa mea culpa ed è costretto a cambiare modulo. Nelle prime 12 gare di campionato Piatek totalizza 3 gol, di cui 2 su rigore. Involuzione totale rispetto alle 9 reti messe a segno nelle prime dodici giornate con la maglia del Genoa. Dopo 7 giornate il Milan esonera Giampaolo, nel calcio il primo a pagare è sempre l’allenatore. Nei suoi tre mesi al Milan, Giampaolo ha commesso tanti errori, forse tutti quelli possibili. Una gestione tattica confusa, rimbalzando tra la dogmatica dei suoi principi e la ricerca della zona di comfort per i suoi giocatori; una gestione preoccupante di Suso e Piatek e poca fiducia nei confronti di Paquetà e Leao. Con l’arrivo di Pioli le cose non cambiano, il Milan sembra una squadra sfiduciata e con una bassa tenuta mentale. Il dato più preoccupante di tutti riguarda i gol subiti, 11 dei 16 gol presi dal Milan sono arrivati nell'ultima mezz'ora di gioco, di cui ben 8 dopo il 72'.

Risultato? Ennesimo anno zero e del gioco del Milan nemmeno l'ombra, ma solo tanta confusione.