Adriano Pappalardo nel lontano 1979 cantava Ricominciamo, e da via del Mare riparte il campionato del Milan. Dopo la parentesi di coppa Italia, i rossoneri provano a raggiungere la qualificazione alla prossima Europa League, guardandosi le spalle dal Verona che, fino a questo momento, sta lottando meritatamente per un piazzamento europeo.

Nel fine settimana c'era stata la visita dei dirigenti alla squadra. Dopo molto tempo Gazidis e Maldini si sono presentati assieme in quel di Milanello. Un patto di non belligeranza tra Ivan e Paolo per il bene del Milan, nonostante tra i due ci siano divergenze di pensiero. L'ingaggio di Marco Giampaolo e il no chiaro e deciso a Rangnick per la panchina rossonera, sono cose che ancora non vengono dimenticate dalla proprietà che, nella figura dell'amministratore delegato, ripone fiducia per ripartire da zero. Ed è proprio in Rangnick che Gazidis sembra voglia affidarsi per far ripartire la squadra e iniziare un ciclo nuovo e, si spera, vincente. Attualmente il tedesco è indirizzato a prendere il posto di Pioli, che prima della gara col Lecce non si è scomposto affatto parlando del suo futuro, ma anche a ricoprire quel ruolo dirigenziale che ora è nelle mani di Paolo Maldini. In più avrebbe numerose deleghe che vanno dalla prima squadra al settore giovanile. Insomma, un manager all'inglese che allontanerebbe definitivamente Maldini dal mondo Milan.

Ma questi sono discorsi che non devono intaccare minimamente i giocatori, i quali da parte loro, sanno benissimo che sono tutti sotto esame e devono impegnarsi non solo per la squadra, ma anche per loro stessi. E se l'obiettivo Europa League è alla portata, occorre eventualmente capire se la società voglia, non solo a parole, ritrovarsi a giocare la prossima competizione europea (che non è certamente la Champions) partendo dai preliminari e accelerando quel processo di inserimento dell'allenatore e dei nuovi. A parole la società fa capire che l'obiettivo è presente e deve essere ottenuto, motivando giocatori e staff, e rendendosi partecipi della vita sportiva della squadra. Dall'altra, numerosi sono i pareri contrastanti nel dire che probabilmente non si strapperà le vesti in caso di fallimento.
Ma quello che conta è aver dato un'immagine del Milan unito, ed era da tanto tempo che ciò non accadeva. Una sintonia che, se fosse stata reale e duratura, avrebbe garantito maggiori soddisfazioni in campo sportivo, senza ritrovarsi all'improvviso all'ennesima stagione anonima.
Ieri, in quel di Lecce, la squadra ha fatto la sua partita ed ha chiuso la pratica facilmente. Scendendo in campo con gli undici giocatori annunciati alla vigilia, e l'ennesima bocciatura per Paquetà, il Milan si è trovato in vantaggio al 26' del primo tempo con tocco da biliardo di Castillejo (buona la prova dello spagnolo), su cross basso e teso di Calhanoglu. Fino a quel momento nessun tiro da parte dei leccesi e Milan in perfetto controllo della partita. Solo al 35' trovano il primo tiro con Falco e la palla viene deviata in calcio d'angolo. Da quel momento c'è un sussulto del Lecce che si rende pericolo, prima con un gol annullato a Meccariello per posizione di fuorigioco, successivamente con un tiro da trenta metri di Petriccione sopra la traversa, infine con l'occasione più ghiotta. Lancio lungo del portiere Gabriel, spizzata di Bennecer che mette in difficoltà la retroguardia, ma Lapadula solo davanti alla porta spreca l'occasione, angolando troppo la palla che finisce sul fondo. Termina così il primo tempo e Milan davanti per uno a zero.

Nella ripresa immaginiamo un Milan capace di controllare la gara, vista anche la migliore tenuta fisica della squadra ed invece, al 53', l'arbitro Valeri concede un calcio di rigore ai salentini per fallo di Gabbia (subentrato all'infortunato Kjaer) ai danni di Babacar che, a fine primo tempo, aveva sostituito l'infortunato Lapadula. Dal dischetto stavolta Gigio non si ripete come in coppa Italia con Ronaldo, e viene beffato dalla rincorsa di Mancosu che lo spiazza. Lecce 1 Milan 1.
In quel momento tornano alla memoria le classiche partite del Milan degli ultimi anni. Capace di perdere numerosi punti con le piccole, e di buttare al vento tanti punti. Ma stavolta non è così. La squadra reagisce subito e, dopo un minuto, si riporta in vantaggio con Bonaventura. Il tiro di Calhanoglu (migliore in campo) da fuori area, impensierisce Gabriel che respinge, ma il più attento e rapido è Jack che sigla da pochi passi. 
Il Milan di Lecce c'è, è si vede. Rebic che aveva ancora sul groppone l'espulsione contro la Juve, vuol dimostrare di essere goleador anche senza gli spazi creati da Ibrahimovic e stavolta lo sostituisce degnamente. Parte da centrocampo, approfittando della disattenzione della retroguardia salentina, e si invola verso la porta, trafiggendo Gabriel. E' la settima rete in campionato da parte del Croato.
La partita può considerarsi definitivamente chiusa e Pioli pensa anche di fare un pò di turn over, viste le tante partite ravvicinate, tra cui quella di domenica contro la Roma.
Detto del cambio nel primo tempo, l'infortunio di Kjaer mette ancora più in difficoltà il Milan che nella batteria di centrali si ritrovava già con Musacchio ai box fino a fine stagione, e Duarte alle prese con il recupero dall'ennesimo infortunio. Nella ripresa, invece, sono cambi tattici che non pesano nella dinamica della squadra. Leao entra al posto di Rebic. Pioli continua a scegliere Ante rispetto a Rafael e quest'ultimo ha l'occasione per fare bene nei minuti che mancano, visto anche la partita in discesa. Infatti al 72' un preciso cross di Conti permette a Leao di insaccare in tuffo, di testa, per il definitivo 4 a 1.

Ripensando ai gol della partita, e in particolare a quello di Jack, mi ritornano in mente le parole pronunciate da Gattuso dopo la finale di coppa Italia del suo Napoli contro la Juventus. In cerchio volle ringraziare la squadra pronunciando parole come professionalità, carattere e senso di appartenenza, elogiando anche coloro che, pur in scadenza di contratto, si erano impegnati per il bene delal squadra e commossi, a fine partita, erano comunque parte integrante del gruppo. In sintesi quello che ha fatto Bonaventura, che nonostante non farà parte del Milan del futuro, al di là del gol, ha giocato con la squadra e fino alla fine darà tutto per questa maglia.
E citando sempre Gattuso, mi viene in mente un'altra parola che usa abitualmente nei pre e post partita per incoraggiare le sue squadre, ossia "veleno". Anche quando allenava il Milan era un termine che trovavi nelle sue interviste, che stavolta voglio fare mio. Se tutti, finalmente, avessero quel veleno tanto caro a Ringhio probabilmente il Milan giochererebbe sempre dando prova delle sue capacità. Se invece mancheranno le motivazioni allora diventerà un problema contro chiunque, soprattutto con squadre messe meglio in classifica. A quel punto, aver giocato a "Forza 4" con il Lecce non sarà servito a niente. Ieri il divario tra le due squadre era veramente ampio e non deve ingannare la vittoria ottenuta. La strada è ancora molto lunga e ci aspettano 11 partite da giocare alla morte. Poi andrà, come deve andare, senza il rammarico di non aver dato tutto e senza l'ipocrisia di non averci tentato.

Ripeto, tutti hanno qualcosa da dimostrare. Pioli, che difficilmente rimarrà il prossimo anno, proverà a lasciare un buon ricordo di questa esperienza, magari riportando il Milan in Europa. I giocatori, sia quelli che andranno via, sia quelli in procinto di rimanere. I primi per avere una vetrina importante per farsi notare, visto il breve periodo di pausa tra una stagione e l'altra. I secondi per convincere la dirigenza, o il nuovo allenatore, a puntare ancora su di loro.
E' un Milan "work in progress", come accade da qualche anno a questa parte. Ma visto che l'ennesima rivoluzione è vicina non è il caso di sbagliare. Lo sanno bene i dirigenti che devono continuare a stare uniti e vicini alla squadra, lo sanno chi scende in campo e lo sanno i tifosi che, nonostante non sia possibile andare allo stadio, sono sempre vicini.

Perchè ieri si è giocato a "Forza4", domenica basterebbe uscire dal campo anche con un risultato minore, ma pur sempre favorevole, condito anche da una buona prestazione della squadra.