"Solo un cretino come me, ma veramente un cretino come me, poteva scrivere un pezzo e chiamarlo: GIAMPKENSTEIN DI ORONZO CANA"; Eppure vi sembrerà strano, molto, ma la frase d’introduzione di questo pezzo prende spunto da una frase “famosa” di Lucio Dalla durante un concerto live.

Lucio Dalla: “Solo un cretino come me, ma veramente un cretino (breve pausa) come me, poteva scrivere una canzone e chiamarla Canzone”.

GIAMPKENSTEIN è un termine, coniato dal sottoscritto, per descrive una corrente filosofica, quella di uomini e donne che non hanno mai raggiunto un traguardo importante nella vita, nonostante dotati di competenza e professionalità fuori dal comune.

Il GIAMPKENSTEIN è una corrente di pensiero in opposizione all’illuminismo, al positivismo, all’intellettualismo e alla filosofia di vita.

La corrente di pensiero del GIAMPKENSTEIN, cerca di dare un senso a questo continuo e irrisolto scontro tra il vincente e il perdente, battaglia che si mostra nell’incessabile dileguare degli esseri viventi.

Il GIAMPKENSTEIN è rappresentato da uomini e donne identificati dalla società, con il termine stesso della corrente di pensiero: il GIAMPKENSTEIN. Quest’ultimo è considerato dalla società contemporanea come una creatura, un mostro, non conforme agli standard fisici, intellettuali e sociali della massa. La creatura incarna perfettamente il diverso, che in quanto tale causa disagio e per questa ragione deve essere cacciato e umiliato. Postate ora o disconnettetevi per sempre, togliendovi possibilmente dalle palle: “Quanti di voi si sentono un po’ GIAMPKENSTEIN nella vita di tutti i giorni?”. Rompo gli induci, forse anche altro, facendo outing: “Spesso, nella mia vita, sociale e professionale, purtroppo mi sono sentito, più di una volta, un GIAMPKENSTEIN”“Cosa c’è di strano in tutto questo?” - Non c’è proprio nulla da meravigliarsi in una società che, fin dai primi giorni di scuola, ha educato le giovani e “preziose” menti del futuro a essere perfettamente conformi tra di loro, come lo sono gli operai “tristi” in una catena di montaggio di una fabbrica: Stesso taglio di capelli e manicure, grembiule azzurro per i maschietti e rosa per le femminucce.

“When we grew up and went to school, there were certain teachers who would hurt the children in any way they could”, è il verso di una bellissima canzone dei Pink Floyd, The happiest days of our lives, che tradotto in italiano, significa: “Quando siamo cresciuti e siamo andati a scuola, c’erano certi insegnanti che avrebbero ferito i bambini in qualsiasi modo possibile”.

The happiest days of our lives è un testo di denuncia contro un modello di sistema scolastico, fallimentare, che invece d’innalzare i valori morali, sociali e intellettuali degli individui, li deprime mestamente in una gabbia sociale.

“Versando tutta la loro derisione in tutto ciò che facevamo e rendendo pubblica ogni debolezza per quanto attentamente nascosta dai bambini. Ma in città era risaputo che quando andavano a casa, le loro grasse e psicopatiche mogli li avrebbero bastonati riducendoli in fin di vita”.

Seguendo questo ragionamento, possiamo affermare che il calcio, come la scuola negli ultimi anni, ha educato mente e corpo di giovani atleti con gli stessi valori di conformità fisica e morale. L’indottrinamento fisico ha portato una conseguenza gravissima per tutti gli amanti del bel calcio: la scomparsa del ruolo del trequartista, calciatore dotato di tecnica e fantasia (il numero dieci per eccellenza), a favore di atleti sempre più forti fisicamente che tecnicamente. La carriera dei calciatori si è allungata di molto, rispetto al passato, conseguentemente al conto in banca di tutti i portatori d’interesse. Tutto questo a discapito del bel calcio e a favore del DIO denaro.

Rispetto al passato, tra gli allenatori, sono aumentati quelli che curano, in modo maniacale, il proprio aspetto fisico perché ritenuto fondamentale per poter essere credibile agli occhi della società del pallone. Il famoso proverbio, "l’apparenza inganna", ha perso il suo significato profondo: oggi gli allenatori di calcio si qualificano, positivamente, principalmente in base all’apparenza a discapito di talento, esperienza e competenza. In tal senso, in questi giorni, è in atto un attacco vile, senza uguali, contro Mr. Marco Giampaolo che, secondo tifosi e giornalisti, non sarebbe idoneo per la guida tecnica della gloriosa squadra rossonera.

“Il sig. Marco Giampaolo è forse un esponente di spicco della corrente di pensiero del GIAMPKENSTEIN?” - Vi dirò di più: L’allenatore di Bellinzona, in questo momento, è la massima espressione del GIAMPKENSTEIN, un po’ come lo è stato, in passato, l’ex allenatore del Foggia, il boemo Zdenék Zeman.

In conclusione, volutamente, non mi diletterò nel dimostrare a voi lettori, con argomentazioni valide (ne sono capace), il motivo secondo il quale il sottoscritto ritiene il Sig. Marco Giampaolo perfettamente idoneo a svolgere il ruolo d’allenatore del MILAN: non voglio fare lo stesso errore di voi insegnati di calcio, giornalisti e tifosi, convinti esattamente del contrario.

Un giornalista si deve limitare a raccontare un fatto, nel modo più imparziale possibile, allo scopo di non penalizzare, a suo vantaggio, i protagonisti della storia stessa; tanto meno, un buon giornalista, non deve condizionare il lettore al raggiungimento di facili e banali conclusioni, sicuramente più redditizie (per chi scrive) sotto tutti i punti di vista. E’ ammessa solo una piccola eccezione, alla regola base di un buon giornalista: nell’articolo si possono raccontare soltanto fatti e notizie realmente dimostrabili possibilmente attraverso un’evidenza oggettiva.

Per questo motivo, cari lettori, consentitemi di aggiungere, a questa storia, almeno un’esperienza del mio vissuto.

Ai tempi dell’adolescenza, fino all’età di venti anni, mi dilettavo piacevolmente nel gioco della pallavolo: il mio ruolo era quello di centrale. Sono stato un piccolo talento con punti di forza, elevazione e ottima scelta di tempo al muro. La pallavolo, come il calcio, è un gioco di squadra; il mio ruolo in fase d’attacco dipendeva prima dal bagher del ricevitore, poi dall’alzata del palleggiatore. Leggete con attenzione: se almeno uno di questi due fondamentali, non era stato eseguito correttamente, il mio talento di centrale era pressoché nullo.

Qui habet aures audiendi, audiat” che tradotto letteralmente significa “chi ha orecchie per intendere, intenda”.

Con la locuzione latina ho aggiunto, come altri blogger, anche un elemento di profonda cultura al mio articolo e per questo motivo mi chiedo, afflitto: “Non sarà che il sottoscritto, dopo le belle parole scritte, si lascia condizionare dall’apparenza?”.

 

Non credo proprio, cari lettori, perché io sono un degno e fiero rappresentante, come pochi, del GIAMPKENSTEIN.

Sono cresciuto, sano, con pane e Pink Floyd a pranzo, cena e colazione: “but in the town, it was well know when they got home at night, their fat and psychopatic wives would thrash them within inches of their lives”.

Forza Giampaolo, il sottoscritto fa il tifo per te, dimostra a tutti che anche un GIAMPKENSTEIN, talvolta, può essere un vincente indipendentemente dall’apparenza!

Perche? Semplice: "In città era risaputo che quando andavano a casa, le loro grasse e psicopatiche mogli li avrebbero bastonati riducendoli in fin di vita”.

 

Dedicato a tutti i GIAMPKENSTEIN

 

Oronzo Canà