- “C’è un’epidemica mancanza di comprensione in questo sport. Questo porta le persone, a capo delle squadre della Major League, a valutare male i giocatori e a gestire male la squadra… scusi mi dispiace…”.
-Continua…
-Allora… le persone a capo delle squadre pensano solo a comprare i giocatori… ma lo scopo non dovrebbe essere comprare giocatori, dovrebbe essere comprare vittorie”.

E’ un breve dialogo tratto da Moneyball un film che, negli USA, ha incassato 110 milioni di dollari. In Italia molti di meno, perché la storia ruota tutta intorno a uno sport che, diciamocelo francamente, a noi italiani non fa impazzire: il baseball.
Però - tu guarda quanto è baro e cinico il destino - Moneyball ha molto a che fare con Il Milan e con le strategie della sua proprietà, la RedBird di Gerry Cardinale.
Ma andiamo con ordine. Cominciamo da una breve sintesi della trama.
C’è Billy Beane, general manager di una squadra di baseball, interpretato da Brad Pitt, che si è messo in testa di vincere campionati e competizioni varie senza svenarsi economicamente. Insieme con Peter Brand, giovane economista laureato a Yale, interpretato da Jonah Hill, studia un modello statistico-matematico per scegliere i giocatori da acquistare e inserirli nella ‘rosa’. Non i Ronaldo o i Messi, così ci capiamo meglio, ma i più adatti al modulo di gioco della compagine.
Al Milan vogliono seguire la stessa strada. Vediamo come.

BUSINESS FOOTBALL SUMMIT FT
Il Business Football Summit
è un evento che si svolge ogni anno a Londra ed è organizzato dal Financial Times, che non è il foglio parrocchiale di una chiesuola anglicana del Surrey, ma un quotidiano che, ogni mattina, arriva sulle scrivanie che contano e viene attentamente, qualche volta ansiosamente, letto da quelli che, sulle scrivanie di cui sopra, pigiano i bottoni, insomma, avete capito.
A questo summit, dedicato all’arte pedatoria, viene vivisezionato, con la stessa precisione e accuratezza degli anatomo-patologi, ogni aspetto economico-finanziario legato al calcio. Lo chiamano Business Football Summit, perché, come sicuramente intuirete, gli inglesi amano l’understatement, ma se si svolgesse dalle nostre parti lo chiameremmo, in aderenza alle nostre ascendenze rurali, Soldi&Pallone.

Quest’anno il keynote speaker, vale a dire l’oratore principale dell’evento è stato Gerry Cardinale, il cui nome, non so perché, sono sicuro che vi dice qualcosa. O sbaglio? Al Financial Times, che certe cose le capiscono prima degli altri, hanno osservato che nel grande Barnum del calcio europeo il capitale privato continua a pompare soldi, miliardi di dollari, mica bruscolini. Cardinale ha spiegato, nel corso del suo intervento, al summit londinese, che la RedBird ha fatto un’immersione profonda nel calcio europeo.
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E’ un percorso che abbiamo iniziato cinque anni fa e non sono mancate le perplessità e le preoccupazioni. Guardavamo al football europeo come ecosistema che attrae ingenti capitali e ci chiedevamo se fosse una buona idea competere con stati sovrani. Ne parlai con Billy Beane. Nello sport c’è sempre qualcosa da imparare e lui mi disse: 'Sai, non lo stai guardando nel modo giusto. Il calcio europeo è davvero Moneyball e c’è un’enorme opportunità'".

IL CALCIO DIVENTA SOCCER
Gli investitori yankee, per dirla alla John Wayne, di questa grande e lucrosa torta, si sono ritagliati una bella fetta, con tanta panna e cioccolata dentro. Tra i più grandi accordi recenti, ricordiamo il Chelsea e il Milan.
Il comproprietario del Los Angeles Dodgers Todd Boehly e i suoi soci hanno acquistato il Chelsea FC per 2,5 miliardi di sterline, un record per la Premier League inglese, mentre RedBird Capital Partners, supportato dai New York Yankees, ha acquisito l'AC Milan per € 1,2 miliardi, il prezzo più alto mai pagato per un club dell'Europa continentale.
Il ragionamento che ha indotto gli analisti del Financial Times ad organizzare dei summit di una certa levatura sul mondo del calcio – la faccio breve – deve essere stato più o meno questo. Questi americani gli inglesi avranno detto questi  yankeeè vero che una partita di calcio non l’hanno mai vista, manco alla TV e quindi non hanno mai gestito una società di calcio, però questi sono dettagli. Ma, come diceva Talleyrand, il diavolo è nel dettaglio.
Non ne sanno nulla è vero, però hanno un fortissimo know how nell’elaborazione dei dati e nelle analisi statistico-matematiche. Hanno gli strumenti per coinvolgere – e tanto anche – i tifosi. In ambito media poi hanno le idee chiare circa la negoziazione dei diritti che si possono ricavare da giornali, Tv e soprattutto i nuovi mezzi. Niente… niente che questi, tomi tomi, quatti quatti -come diceva il grande Totò- ti rivoluzionano il calcio europeo?
I sudditi di Sua Maestà, come ben sappiamo, qualche partita di calcio ogni tanto la perdono, ma sanno vincere le guerre. Del resto, un loro illustre concittadino, di noi italians diceva che facciamo le guerre come le partite di pallone e le partite di pallone come le guerre. Ci aveva azzeccato, riconosciamolo in privato.
Ma adesso cerchiamo di capire meglio quali sono state le ragioni vere che hanno indotto gli esperti del Financial Times ad organizzare questo Summit Football  del 2023 su tematiche molto precise. Sono partiti da alcune premesse che vi elenchiamo qui di seguito.

BAMBOLE NON C’E’ UNA LIRA
Se anche all’ultimo dei ragiunatt capitasse di dare una sbirciatina ai bilanci delle società calcistiche del Vecchio continente, dopo la lettura commenterebbe con un certo smarrimento: bambole non c’è una lira, come dicevano i capocomici delle compagnie di avanspettacolo alle ballerine.
Gli esperti di finanza più sofisticati, invece, direbbero, con un certo sussiego: il calcio va verso una bolla dirompente. Traduzione: patatrac o tonfo. I segnali premonitori ci sono tutti. Il Covid ha drenato le entrate delle società per circa due anni. Non è una roba da poco.
Poi c’è l’aspetto più controverso, che non solo suscita inquietudini di natura economica, ma anche solleva questioni etiche. Gli stipendi dei giocatori. Se il calcio europeo ha redatto una sorta di Cahiers de doléances, sicuramente, nella prima pagina, grondante lacrime, appare in grassetto la voce: ingaggi dei calciatori.
Qualche giorno fa, Forbes, giornale che si occupa di ricchezza e di come è distribuita nelle tasche dei protagonisti dei vari business, ha pubblicato la classifica dei dieci atleti  più pagati al mondo. I primi tre posti sono occupati da un trio di Paperoni della pedata di cui tutti noi apprezziamo le gesta sul prato verde. Il primo della lista è Cristiano Ronaldo nelle cui tasche finiscono, complessivamente, ben 136 milioni di dollari. 46 provengono dalle sue abilità calcistiche, 90 da attività extra.
Al secondo posto, manco a dirlo, c’è Lionel Messi che si ritrova con una busta-paga di 130 milioni di dollari. 65 vengono dalle sue virtuose pedate e altrettanti dalle attività extra.
Al terzo posto Kylian Mbappè, che si  porta a casa 120 milioni di dollari. 100 se li procura con i suoi virtuosismi, gli altri 20 li arrangia con lavoretti extra.
Ora, se il panorama, non certo allettante, è questo, e noi in Italia lo sappiamo meglio di altri, diventa lecito chiedersi: questi nuovi investitori sono in possesso di una sorta di: lapis philosophorum ovvero pietra filosofale, simbolo dell’alchimia in grado di trasformare i metalli vili in oro? Quanto è resiliente il calcio ai cicli economici? Con la proprietà multi-club (questo è un aspetto che interessa molto da vicino il Milan  e il Tolosa ndr) che è in continua crescita, gli organi di governo e le leghe dispongono dei giusti controlli per mantenere una concorrenza leale e garantire la sostenibilità finanziaria?
Quali implicazioni avrà per il futuro del calcio la causa per abuso di posizione dominante intentata dai fondatori della Super League europea contro UEFA e FIFA presso la Corte di giustizia europea?
Sono queste le domande che gli esperti del Financial Times hanno posto ai partecipanti al Summit Football.
Cosa pensa di tutto questo Gerry Cardinale e come trasferirà l’Arte di vincere nella società rossonera? Lo sapremo presto, come dicono gli inglesi.coming soon!

(SEGUE)