Tutto cambi perché nulla cambi.
Il calcio, ingrediente quotidiano come il pane per l'italiano, non fa una grinza. Si è parlato concretamente della volontà di affrontare i problemi legati alla violenza che attanaglia questo sport, le società annesse e tutti i tifosi genuini. In effetti qualcosa si è mosso, la risposta dopo le infinite parole dopo i fatti di Inter-Napoli è giunta puntuale, allo scopo naturale di mantenere fede ai buoni propositi della nostra martoriata massima serie. La potenza degli organi competenti quali Osservatorio sulle Manifestazioni Sportive del Ministero dell’Interno e - in tono minore nel caso specifico - Lega Serie A si manifesta in un solo modo inequivocabile, tremendamente deciso: Genoa-Milan, in programma lunedì 21 gennaio, si giocherà non più alle ore 21, bensì alle ore 15. Il risultato dell'ultimo, ennesimo vertice contro la violenza nel calcio, ha prodotto un nuovo passo indietro. Forse è meglio parlare di involuzione se non di assurdità.

Va chiarito un concetto reputabile quale importante per il prosieguo dell'analisi sulla suddetta discutibile decisione. Evidentemente far disputare una partita di calcio consente alle forze dell'ordine di controllare, o meglio esercitare un particolare controllo meno dispendioso e complicato sui generatori di violenza e falsi tifosi, che si recano allo stadio con il pretesto della tifoseria e della fede calcistica. Tuttavia, scontri e incidenti in match diurni sono già avvenuti più volte in passato: ironia della sorte, 24 anni fa andò in scena un Genoa-Milan nel quale morì un giovane tifoso dei grifoni, Vincenzo Spagnolo.

Insomma, non sarà certo un cambiamento di orario a fermare la violenza, ma questo poco importa a chi invece dovrebbe importare della nuova occasione persa per il nostro Paese. E così Genoa e Milan scenderanno in campo lunedì 21 alle ore 15, giorno feriale. Come farà un abbonato ad andare allo stadio in un pomeriggio di lunedì? Come faranno i tifosi che hanno già acquistato i biglietti a presenziare al Marassi in una giornata lavorativa? Perché una città già devastata dal crollo del Ponte Morandi deve subire l'ennesimo scempio, messa dunque in difficoltà con l'inevitabile traffico che non potrà mancare quel giorno tra scuola e lavoro? Il cambiamento di orario dimostra che la politica ha scelto il solito tappabuchi per evitare il voto, ovvero la madre di tutti i buchi esistenti e immaginari. E i tifosi, loro malgrado, dovranno farsene una ragione di fronte all'ennesima sconfitta del calcio.

 

Andrea Cardinale