Diciamo la verità, nessuno crede seriamente che Pioli possa restare alla guida del Milan nella prossima stagione. C'è la possibilità che il tecnico resti in sella nell'ipotesi di 4° posto o vittoria in Coppa Italia, ma né l'uno né l'altro traguardo, seppure non impossibili, al momento appaiono probabili. E se pure uno dei due eventi si verificasse, la società non farebbe salti di gioia e sarebbe in qualche modo costretta a confermare Pioli. Resterebbe, del resto, in piedi l'ipotesi che il Milan si faccia crescere il pelo sullo stomaco e dia lo stesso il benservito al tecnico. La voce sull'ingaggio di Rangnick è giunta però un po' troppo presto per non costituire un fastidio per l'ambiente. Immaginiamo, infatti, che tale situazione la si viva a fine aprile, quando ormai è tutto perso o è ancora tutto da guadagnare. Nella prima ipotesi, non cambierebbe ovviamente nulla, ma probabilmente la vita non subirebbe scossoni neanche nella seconda ipotesi, perché i giocatori potrebbero essere stimolati all'idea di sollevare la Coppa Italia, come potrebbero essersi ormai innamorati della prospettiva di andare in Champions e disputarla, a prescindere dalla conduzione tecnica. A fine febbraio, quando è tutto ancora in alto mare, il rischio del tutti a casa è concreto. Gazidis, quindi, è intervenuto con alcune dichiarazioni, abbastanza formali, ma nel complesso interessanti. Nella sostanza, il dirigente sudafricano ha dichiarato che la proprietà (della quale, a quanto pare, fa parte egli stesso) è consapevole che una società di calcio non è un'azienda che produce, ad esempio, tubature per impianti idraulici, ma è una realtà radicata nella società per cui, in un certo senso, appartiene ai tifosi cui deve rispondere del proprio operato. Ha ribadito che la dirigenza rema nella stessa direzione, e che, se anche si dovesse vendere qualche giocatore, lo farebbe per reinvestire e non per fare soldi. Ha ribadito di non essere d'accordo con le soluzioni tampone che puntellano la squadra nel breve e, quando gli è stato chiesto di Rangnick, si è trincerato dietro un "Non parlo di chi è sotto contratto con altre società".

Ora, la formalità delle dichiarazioni, non esclude che non siano significative. Ammettere, infatti, che una società di calcio appartiene moralmente ai tifosi, rovescia la posizione di qualche mese fa con cui Gazidis aveva invitato, di fatto, i tifosi rossoneri a non lamentarsi troppo, perché il Milan era stato rilevato sull'orlo del fallimento. Se non altro, il dirigente sudafricano, sempre molto distante, riconosce alla tifoseria un ruolo di interlocutrice e questo non è poco. Dire poi che in società si rema tutti dalla stessa parte, equivale a dire che, se anche le visioni dei dirigenti sono molto diverse, non è in atto una resa dei conti da duello rusticano fra area amministrativa e area tecnica. Nel momento, poi, in cui ha dichiarato che, se si dovesse cedere qualcuno, lo si farebbe solo per reinvestire, Gazidis ha fatto capire che c'è la possibilità che qualche idolo dei tifosi venga venduto e, vista anche la sua situazione contrattuale, il candidato principale sarebbe Donnarumma. Non solo, ma ribadendo di non amare le soluzioni a breve termine, ha anche avvertito di non pensare che Ibrahimovic sia il primo di una lunga lista di arrivi dello stesso tipo. E qui potrebbe avere delle ragioni, perché le vicissitudini di Ribery in viola, dopo un inizio di campionato sfolgorante, ci dicono che non sempre un giocatore a fine carriera è integro come Ibra.

Arrivando alla questione del tecnico futuro, da cui sono scaturite tutte le polemiche degli ultimi giorni, Gazidis si è trincerato dietro un silenzio assoluto che potrebbe voler dire tutto e niente nello stesso tempo. Tutto, nel senso che Rangnick è un'ipotesi concreta. Niente, perché lo stesso Gazidis non è così sprovveduto da disprezzare la candidatura di un allenatore ormai affermato anche a livello internazionale (due finali di Champions) come Allegri. Ma Allegri chiede, a quanto pare, un ingaggio da nababbo e potrebbe decidere di accettare, comunque, un'offerta dalla Premier. Senza contare che, per le considerazioni fatte sopra, è pericoloso delegittimare del tutto Pioli a febbraio. Però è nella storia delle stagioni calcistiche è normale l'emergere di voci più o meno destabilizzanti, anche perché procuratori, giocatori e allenatori, a differenza delle società coinvolte, hanno interesse a far sapere di essere corteggiati, anche se nulla è concluso, per valorizzare la propria immagine.

La domanda che mi pongo è: sarebbe una cosa così inopportuna ingaggiare Rangnick e mandare via Pioli? Poco dopo la Seconda Guerra Mondiale gli Inglesi mandarono a casa Churchill, non uno qualsiasi, e a questo riguardo Indro Montanelli ha fatto notare che le grandi nazioni non conoscono la gratitudine. Anche le grandi società, secondo me, devono ragionare nella stessa maniera, se non vogliono galleggiare nel mondo della sufficienza. Una cosa è non destabilizzare l'ambiente, ma altro è cercare di migliorare. Se si dovesse ritenere che Rangnick è valido, e il suo lavoro nel mondo Red Bull sembra dirci questo, ben venga Rangnik! Il calcio presuppone, come diceva il compianto Tosatti, il gusto del rischio, quantomeno calcolato. Del resto, se è vero indubbiamente che Rangnick conosce il calcio italiano meno bene di altri, questo valeva anche per Mourinho, quando è stato ingaggiato dall'Inter, dove qualcosa ha combinato. Il problema rossonero dell'estate scorsa, infatti, non è stato tanto di aver sostituito Gattuso, ma di averlo fatto con un tecnico non all'altezza. 

Passata, comunque, la tempesta mediatica, durante la quale sembrava che Maldini e Boban stessero per dimettersi, il Milan può andare a giocarsi la partita di Firenze con un minimo sindacale di tranquillità, con Chala in campo e, forse ma non è certo, un Musacchio in punizione. La Fiorentina di Iachini non è un osso tenerissimo da rodere e il Comunale di Firenze uno stadio bollente, ma parafrasando le parole di Marlowe nel suo Edoardo II, il Milan deve avviarsi verso le insidie toscane con lo spirito del viandante che parte per terre sconosciute. Con un po' di curiosità, diciamo, e con lo spirito di chi potrebbe non trovare le comodità di casa propria, ma che alla fine potrebbe tornare a casa soddisfatto.