Era stato preso da De Laurentiis per essere una “Toradol”, uno di quegli antinfiammatori che si consigliano al paziente nella degenza post-operatoria, salvo poi rivelarsi come una semplice Tachipirina.

Il post-operatorio in questione coincide con l’ormai famosa discussione nello spogliatoio, dopo la partita con il Salisburgo di Champions, che costò ritiro e multa alla squadra allenata da Ancelotti poco più di due mesi fa, e che ha aperto una crisi di prestazioni e risultati di cui non si riesce a vedere la fine. Così il cambio in panchina, ADL sceglie Rino Gattuso, un guerriero in campo e fuori, con il compito di riportare a Napoli la quiete dopo la tempesta.
E invece Gattuso non convince, anzi; una sola vittoria e quattro sconfitte nelle prime cinque panchine da allenatore della squadra azzurra rispecchiano a pieno quello che è ora il Napoli agli occhi esterni. Una squadra senza anima e senza gioco, con uno spogliatoio che è una polveriera, con fazioni distinte pronte a far crollare il Napoli negli inferi della classifica.
Gli infortuni non sono un alibi, e anche Gattuso lo sa. Manca il gioco, manca un’identità, manca la voglia di lottare insieme per un unico obiettivo, si possono fare allenamenti su allenamenti, partite su partite, ma poi in campo vanno i calciatori e sono loro che ti fanno vincere o perdere le partite.
Le parole alla fine del match contro la Fiorentina testimoniano tutta l’amarezza e lo sconforto dell’allenatore “ai miei tempi se uno mi stava antipatico non ci uscivo a cena, ma in campo davo tutto per aiutarlo”, è chiaro quindi che tra alcuni calciatori non scorre buon sangue, e questo inevitabilmente si ripercuote sul terreno di gioco.

ADL non poteva non saperlo quando ha scelto Gattuso, e forse lo ha scelto anche per quello, ma così lavorare risulta complicato anche per un sanguigno come Rino, che da Toradol si è trasformato in Tachipirina.

Il paracetamolo sfebbra, dà un leggero effetto analgesico, ma si sa, per traumi importanti serve ben altro di una semplice tachipirina.