Ieri, il silenzio di Maldini e Cardinale su Stefano Pioli è stato assordante quanto l'esplosione di una polveriera. L'ex-capitano rossonero ha difeso a spada tratta la politica societaria fondata sui giovani, condivisa dalla stessa società. Il presidente, dal canto suo, ha lodato i tifosi e la squadra.
Nessuno (sottolineo nessuno) tuttavia, si è sbilanciato sul tecnico, anche se molte altre voci si sono date da fare per sollevare cortine fumogene. Il leit-motiv è stato che il tecnico non è in discussione. Devono aver avuto notizie direttamente dall'Onnipotente sul monte Sinai o da Medjugorje. Le posizioni ufficiali, realtà, hanno detto ben altro, anzi non hanno detto e quindi hanno detto ben altro.
In una società come il Milan, dove i centesimi pesano e vige un'aria di comitiva, potrebbe anche succedere che, a fine stagione, Pioli resti. Della serie, facciamoci del male. Qualcuno, per esempio potrebbe fare finta di considerare come un successo il quinto posto (eventuale...) con squalifica (altrettanto eventuale e tutta da quantificare...) della Juventus. Tale scenario qualificherebbe il Milan alla prossima Champions, ma sarebbe la classica pezza a colori con cui procrastinare di un anno una decisione che diventerebbe inevitabile in seguito.
Pioli aveva perso la qualificazione nei primi minuti del match di andata. Da quel momento, una squadra come l'Inter, che stava andando a gonfie vele, poteva giocare sul velluto, come poi ha fatto. Certo, poteva suicidarsi, ma i suicidi accadono di rado nel calcio e non c'era motivo che i nerazzurri lo facessero.
Ieri, il Diavolo si è visto servire per cena proprio la frittatona di quei 10 minuti dell'andata, quell'andata impostata senza tenere conto del valore e delle caratteristiche dell'avversario. Per buona misura, il grande chef Pioli ha pensato di servire la frittata riciclata con contorno di castronerie del giorno.
Peraltro, la curva Nord, dove si danno appuntamento gli ultrà nerazzurri, ha il merito involontario di aver finalmente messo a nudo la magagna rossonera, cantando ironicamente "Pioli is on fire". Una frecciatina ai loro dirimpettai rossoneri i quali dal 2020 vanno a braccetto col compagnuccio di comitiva cantando le osterie. Il messaggio era: "Confermatelo, confermatelo pure e non sostituitelo, grazie!". Al loro posto avrei cantato la stessa cosa. Trovarne rivali fessi come i rossoneri!
Ieri sera, dopo aver tuonato per sei giorni una sfilza di fanfaronate sulla rimonta, Pioli ha fatto come la montagna che partorisce il classico topolino. Ha schierato due soli centrocampisti, Tonali e Krunic, con Leao molto largo a sinistra e il duo Diaz-Messias a destra. In mezzo? La steppa siberiana, dove non passava neanche un cavaliere tataro partito da Ulan Bator, ma smarritosi e arrivato per errore a Milano. E ai bordi della steppa, cosa succedeva? Che i poveri Diaz e Messias si pestavano i piedi a vicenda come pastorelli intimiditi dalle orde di Timur Leng (Tamerlano per gli amici). Messias cercava di rientrare sul sinistro e fare qualcosa, ma c'era già tutta l'Inter concentrata ad attenderlo, specie perché o nerazzurri non dovevano disperdersi per il centrocampo, vuoto di rossoneri. Lo stesso Diaz, come ho sentito dire a qualcuno per strada questa mattina, riceveva 10 palloni e ne sbagliava 15. Se si allontanava dalla destra, si perdeva nel deserto, ma se rimaneva a destra, trovava l'intralcio del compagno. Dal momento che non è Messi, oltretutto, dopo gli scontri col Napoli, tutti sanno come marcarlo.
In questa maniera, l'Inter, già molto forte a centrocampo, ha passeggiato su e giù avanti e indré che bel divertimento, mandando sotto stress i pochi del reparto medio più quelli del reparto arretrato. Le marcature individuali di Thiaw e Tomori, unite ai rientri del sottovalutato Hernandez, hanno aiutato Krunic e Tonali a tenere in piedi la baracca in un match che, invece... non avrebbe dovuto limitarsi a tenere in piedi la baracca. Pioli parla sempre di attenzione e determinazione, ma sono state queste doti dei citati giocatori a mantenere vivo il confronto per gran parte del match. Non certo le sue scelte.
La cosa sconcertante è che Pioli ha dimostrato di essere consapevole dell'errore commesso con l'opzione tattica e di formazione sul duo Diaz-Messias. Quando ha messo mani alle sostituzioni, infatti, era il 75° e ha cambiato contemporaneamente i due con Saelemaekers e Origi. In tal modo, ha confermato di considerare quella coppia un pacchetto unico, una soluzione tattica pensata, voluta e tenuta in campo con pervicacia.
Ora, immaginate di essere un tecnico che stravede per Diaz e che desidera schierarlo nel ruolo dove finora ha fatto meglio: finta ala destra o, al massimo, interno destro. Ok, va più che bene! Lo fate, ma senza inserire Messias. Poi rinforzate il centrocampo con Pobega incursore, comunque portato alla corsa e alla marcatura, però con un bel mancino potente e secco. Pobega, inoltre, gioca sulla mezza sinistra, quindi non dovrebbe entrare in conflitto con Diaz.
Pioli non lo ha fatto, ma è Pioli, bellezze e non potete farci nulla!
In realtà, Pioli, si sentiva come Sir Parsifal che torna a Camelot col Santo Graal. Credeva di dimostrare che Diaz è il fenomeno universale capace di tramutare l'acqua in vino e che Pobega è inutile. Pensava di dimostrare anche di non aver sbagliato a marzo nel riportare sulla fascia Messias, dopo che questi aveva realizzato due reti giocando per vie interne. Il tutto, ovviamente, rimontando anche due gol all'Inter e raggiungendo la finale. Ci mancava solo che pensasse di ridare la vita ai defunti, ma viene il dubbio che ci abbia effettivamente pensato.
E come avrebbe fatto un sir Parsifal, se fosse tornato a Camelot senza il Santo Graal, nel dopo-partita, Pioli ha anche dichiarato che le finali sono belle... quando si vincono. In realtà l'Inter non ha vinto la finale, ma intanto ci va! Insomma, Pioli ha avuto una reazione del tutto simile a quella con cui rifiutò la mano di Solskjaer dopo un Milan-Manchester 0-1, un atteggiamento gratuitamente villano nei confronti di un collega la cui sola colpa era di aver vinto.
Il Milan avrebbe potuto segnare nella prima fase, ma Diaz ha sbagliato un rigore in movimento. Se avesse segnato, sarebbe cambiato qualcosa? Non ha segnato e non è cambiato nulla. Forse l'Inter si sarebbe innervosita, come forse avrebbe sfruttato con più decisione la superiorità a centrocampo. Chi può dirlo? Quando parti da 0-2, comunque, se vuoi rimontare, devi essere pronto a produrre più di 2 palle gol, considerando anche quella di Leao.
Se mai, il Milan può recriminare sull'infortunio di Thiaw, in grande spolvero, che aveva annullato Dzeko come all'andata, entrato a match in corso, aveva contrato benissimo Lukaku. Kalulu, subentrato dopo un siparietto sgradevole fra Pioli e Kjaer, ha dato l'impressione di averne le tasche piene di qualcuno e di molte cose. Lo capisco.
Vedete, se davvero un professionista come Kjaer, sempre l'ultimo a mollare, si stava vestendo svogliatamente per entrare in una semifinale di Champions, vuol dire che il tecnico è venuto a noia ai giocatori, come forse era già venuto a noia a gennaio. Per di più, lo spogliatoio non deve essere granitico. La prospettiva della Champions aveva compattato la squadra, ma qualcuno non lo aveva capito o aveva fatto finta di non capirlo.
Il problema è che le uova delle monache, grosse fresche e a buon mercato, non esistono. Se Pioli in 17 anni di carriera aveva collezionato esoneri e dimissioni, un motivo ci doveva pur essere, no? Ha avuto degli exploit, alla Bearzot, ma come Bearzot è arrivato al suo mondiale in Messico del 1986, dove l'Italia uscì contro la Francia con un 2-0 maturato in 20'. Confermatelo e vi ritroverete, prima o poi, a piangere di nuovo.
Quanto a Maldini, ha fatto bene a dire che la semifinale è un grande traguardo che non va sottovalutato solo perché è mancata la finale. E ha fatto bene a far notare che la linea tenuta sul mercato era condivisa con la società. Un errore di fondo sul mercato, uno ma molto grave però, lo ha commesso in attacco. Ha confermato Ibra, pensando sempre all'uovo delle monache (grosso, fresco e a buon mercato): il campione rotto e di 42 anni, che prende poco perché è rotto e ha 42 anni, ma sempre verde anche se è rotto e ha 42 anni. Il budget per l'attacco è stato concentrato su De Ketalaere, senza considerare che era maturo per il calcio belga e non per quello italiano.
La società, inoltre, avrebbe potuto elevare il budget.
Ma (fino a prova contraria, perché fa la formazione) è colpa di Pioli non aver preso in considerazione i nuovi, giovani e rampanti secondo la linea societaria, come Thiaw per più di metà stagione, Pobega a singhiozzo e di malavoglia, praticamente mai Adli.
Ieri il mercato dell'Inter in campo è stato il solo Acerbi, con Lukaku entrato solo nel finale, ma non decisivo e senza Asslani e Bellanova. Il mercato del Milan è stato Thiaw, ottimo finché non ha avuto i crampi, proprio quanto l'altrettanto ottimo Acerbi.
Non è il mercato, quindi, a spiegare (o a spiegare compiutamente) la superiorità dell'Inter in questa semifinale.
Quando la curva dell'Inter canta "Pioli is on fire", se siete intelligenti, capite che perfino i nemici vi stanno servendo l'assist per migliorare.
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