Errare è umano, perseverare è diabolico. Il giudice sportivo farebbe bene ad archiviare l'espulsione di Ibrahimovich da parte di Maresca come un malinteso. L'arbitro pensava di essere stato insultato, il giocatore di non essere ascoltato e di lì l'incidente. Cose capitano? Forse. Certo che il personaggio Maresca sia uno un po' sopra le righe, pare lo sappiano tutti: i giocatori (Donnarumma), gli allenatori (Conte), tranne chi gli arbitri li gestisce. Anzi nemmeno loro se è vero che per un po' l'arbitro napoletano vedrà le partite del Milan e Inter solo dalla tv. Quello che stupisce però è che nonostante tutto ciò, Ibra salterà lo stesso la partita contro il Genoa. Sono certo che ci sarà una regola, ma chiedo quale sia la sua ratio. Senza la tecnologia vale la parola dell'arbitro ma, potendo sentire gli audio che confermano l'abbaglio, perché perpetrare nell'errore? Non credo a nessun complotto, ma è ovvio che a qualcuno il dubbio sorga. Sempre il nostro ha infatti distribuito cartellini come fossero confetti in una partita affatto cattiva. Anzi. Forse l'uomo ha perso coscienza del suo ruolo che è quella di giudicare la correttezza delle azioni non di condizionarla.
L'arbitro ha un compito importante, ma non è il capo. Rifiutare il dialogo, ammonire a raffica, sono i segni di un senso di insicurezza mal celata. Non credo che come dice Donnarumma Maresca volesse fare il protagonista, ma semplicemente operare da piccolo burocrate, pronto ad esercitare il proprio potere non appena senta minacciata la sua autorità.
Una conduzione vecchio stile e per questo assolutamente inaccettabile in questo calcio moderno dove tutto si vede e si sente, anche e sopratutto quando si sbaglia.