L’edizione 2020-21 della UEFA Champions League sarà inevitabilmente condizionata. Il motivo principale è sotto gli occhi di tutti purtroppo, ma non dobbiamo dimenticare che quest’estate è in programma EURO 2020, motivo per cui l’organizzazione dei calendari delle squadre che partecipano alle coppe europee sarà ulteriormente complicata. La situazione può mutare, se non quotidianamente, di settimana in settimana e un ipotetico stop creerebbe una situazione ancor più intricata di quella vissuta nella stagione passata.
L’europeo non potrà essere nuovamente posticipato in questo caso e dovrebbe quindi venire annullato per favorire la conclusione delle competizioni UEFA, il che porterebbe alla stessa federazione grandi perdite dal punto di vista economico-finanziario oltre che un clamoroso danno d’immagine. Il campionato europeo U-19 è già stato annullato, ma un annullamento di EURO 2020 non è minimamente paragonabile alla decisione presa il 21 ottobre dal presidente Čeferin

In ogni caso, la pianificazione e l’organizzazione delle competizioni è un fattore chiave per riuscire nel portare a termine tutti gli impegni che riempiono i calendari delle squadre europee. 
A causa dell’emergenza sanitaria, le norme da attuarsi per prevenire la diffusione del contagio e consentire al tempo stesso la buona riuscita delle competizioni sportive dipendono anche dalle direttive che ciascun governo attuerà. Stiamo già vedendo diverse applicazioni delle disposizioni sul numero massimo di spettatori negli stadi europei, il che da un lato ci rallegra, ma al tempo stesso manifesta una pericolosa differenziazione nelle norme da attuare nelle competizioni UEFA. La conformità e la chiarezza delle norme, in momenti delicati come questo, sono essenziali. Urge un regolamento chiaro, conciso e soprattutto che non ammetta di essere superato dagli ordinamenti nazionali. Il caso della partita della fase a gironi Rennes – Krasnodar, disputata in Francia, potrebbe essere un pretesto per irrigidire le norme. La Francia ha annunciato in data 28 Ottobre un nuovo lockdown e la partita, giocata solo 8 giorni prima, vedeva 5.000 spettatori presenti al Roazhon Park tutti stipati in unico settore, dove chiaramente il distanziamento è stato impraticabile. Questo, oltre a comportare un alto rischio di contagio per le squadre e gli spettatori, dà una pessima immagine della gestione da parte dell’UEFA di una situazione sicuramente complicata, ma che ci si doveva aspettare dopo quanto accaduto meno di un anno fa.
La gestione di una competizione che riguarda diverse nazioni, con i loro regolamenti federali e statali, ha assunto un livello di difficoltà mai visto prima, anche perché riguarda tanti paesi che vivono situazioni differenti e che allo stesso problema reagiscono diversamente, come sta dimostrando la fase a gironi attualmente in corso. Gli stadi italiani hanno un numero realmente minimo e circoscritto di spettatori, mentre nell’Europa dell’est le norme sono più flessibili. I controlli e il protocollo imposto dall’UEFA sono assolutamente all’altezza della situazione, ma alcuni punti sono stati delegati alle federazioni nazionali in maniera troppo morbida forse. La fase a gironi è quasi al giro di boa e, auspichiamo, consegnerà le 16 squadre che accederanno alla fase eliminatoria verso la fine di questo soffertissimo 2020. Per dare un segnale di coesione, unità di intenti e spirito organizzativo improntato al risultato (cioè la buona riuscita di tutte le competizioni) urge un regolamento univoco e da applicare rigidamente. Il regolamento dovrà essere dotato di numerosi piani di riserva, in caso vengano sospesi alcuni competizioni nazionali ad esempio. La federazione potrebbe presto trovarsi ad un bivio: proseguire mettendo a repentaglio la sicurezza di club, tesserati e addetti ai lavori oppure fermarsi, assicurando la sospensione definitiva di Champions ed Europa League per poi ripartire dall’uropeo. Il clima è ogni giorno più teso e la soluzione è ben lontana. Chi ipotizza uno scenario “stile NBA”, con la bolla di Orlando che ha permesso di portare a termine i playoff, non manca certo di fantasia, ma la realtà è che per permettere lo svolgimento della Champions League in un’unica città, tutte le altre competizioni dovrebbero essere già concluse o quantomeno interrotte. L’unica soluzione, finché possibile, rimane adottare misure preventive uguali per tutti in modo serio e rigoroso, mantenendo la formula classica della competizione.
In caso di nuovo lockdown diffuso, si dovrebbe avere un piano d’azione già pronto per non perdere tempo prezioso, che servirà per organizzare le sedi dove svolgere la fase finale della Champions. Che sia un’unica città oppure itinerante, ciò dovrà avvenire sempre seguendo rigide norme per impedire il diffondersi del contagio. 
​La vera domanda da porsi forse però è un’altra: dovremmo rinunciare alle competizioni nazionali e alla Champions in favore dell’europeo o definitivamente annullare quest’ultimo, vanificando il lavoro portato avanti per anni da selezioni nazionali e federazione? Seppur di grande prestigio, francamente, l’europeo non ha lo stesso valore dei mondiali e, data la forte probabilità che anche lo stesso europeo si giocherà a porte chiuse, non potrà comunque garantire gli introiti economici che erano previsti.
La soluzione, il sottoscritto non ce l’ha. Possiamo solo sperare che gli interessi economici non sovrastino la logica, dato che i diritti televisivi e gli accordi con gli sponsor sono già stati sottoscritti, che dovrà farsi largo tra mille vicissitudini per arrivare ad una soluzione che non scontenti federazioni, club e nazionali. È un lavoro duro, ma qualcuno dovrà pur farlo e fortunatamente non sono io.