Fu messo in piedi anche un discutibile pezzo con tanto di video a fare da corollario. Autori i Lightening Seeds, band britannica ancora in attività, espressione del rock alternativo. Tre tifosi vestiti con la maglia dell’Inghilterra, passavano dal divano al pub, sino al prato verde dove si immaginavano di incontrare i loro idoli. E di alzare la coppa Rimet, come fece Bobby Moore trent’anni prima. “Three Lions” segnava il ritorno del football a casa, cioè in terra d’Albione, la patria del football. Gli Europei del 1996 andarono all’Inghilterra, che tre decadi dopo il successo Mondiale contro la Germania, poteva avere la chance più unica che rara di mettere le mani anche su un trofeo continentale che la nazionale dei tre leoni non ha tutt’ora ancora mai sollevato. Spazzati via gli hooligans e gli stadi senza via di fuga, con gradinate di soli posti in piedi in cornici vetuste e pericolose e superati i drammi dell’Heysel e di Hillsborough, lassù si fa sul serio. L’Europeo che l’Inghilterra si apprestava ad ospitare sarebbe stato il primo a 16 squadre, ossia il doppio delle edizioni precedenti. La nazionale affidata a Terry Venables, dopo aver guardato in tv il Mondiale statunitense del 1994, ci arrivava di diritto come paese ospitante, e con una squadra all’insegna dell’esperienza: Seaman tra i pali, il carismatico Stuart Pearce, il veterano Platt, la certezza Ince e un bomber implacabile come Alan Shearer, che un anno prima aveva vinto il titolo con il Blackburn Rovers e quell’estate sarebbe approdato al Newcastle con il quale avrebbe segnato la bellezza di 206 reti. Indubbiamente la favorita.

E proprio il St.James’ Park a Newcastle è uno degli otto teatri della competizione: insieme ad esso, proprio il nuovo Hillsborough a Sheffield. Poi l’Ellan Road a Leeds, il Villa Park a Birmingham, l’Old Trafford, il City Ground, casa del Nottingham Forest e naturalmente Anfield. Superfluo aggiungere che il campo principale sarà Wembley, che è ancora quello romantico e intramontabile delle due torri e il pubblico inglese farà la differenza. Ogni volta che la nazionale gioca, sia nelle partite del girone che in quelle a eliminazione diretta, “God Save the Queen” è uno spettacolo nello spettacolo. Non cantato ma urlato, e udibile probabilmente a chilometri di distanza. Alle ore 15 dell’8 giugno il calcio d’inizio: i padroni di casa sono inseriti nel girone A con Olanda e Svizzera, ma soprattutto con i vicini di casa della Scozia. Un girone spassoso per la rivalità millenaria tra le due compagini britanniche, ma difficile e da non prendere sotto gamba.
L’Inghilterra ha l’onore di giocare in casa ma anche l’onere di non fallire. Il primo avversario è la Svizzera e subito si intuisce che non sarà una passeggiata: al vantaggio di Shearer, che scaglia un destro sotto la traversa, risponde Turkylmaz, vecchia conoscenza del Bologna, che trasforma un rigore che lo spagnolo Diaz Vega concede ai crociati a sei minuti dalla fine. La seconda partita, contro la Scozia, che nel frattempo ha inchiodato l’Olanda sullo 0-0, è già uno spareggio. Agli ordini dell’italiano Pairetto, dopo un primo tempo a reti bianche, nella ripresa è ancora Shearer a portare avanti i suoi. A dodici minuti dal termine però, gli scozzesi hanno la grande possibilità di pareggiare. L’arbitro italiano concede un rigore per fallo di Adams su Durie. A calciare è il capitano McAllister: la sua conclusione, potente ma non angolata, viene respinta da Seaman, con il pallone che si impenna e finisce sul fondo. Sull’angolo seguente, viene commesso fallo a favore degli inglesi, che battono velocemente la punizione con il proprio portiere, e si ritrovano già dall’altra parte. Il pezzo di bravura balistica che Paul Gascoigne esegue saltando il difensore Hendry con un sombrero, viene raffinato dalla conclusione al volo di destro che buca l’estremo difensore scozzese Goram per il definitivo 2-0. L’ultima partita contro l’Olanda è uno show: l’Inghilterra, una volta superato l’empasse dell’esordio e di quel pareggio con la Svizzera, travolge gli orange per 4-1 con due doppiette, una di Sheringham e l’altro del solito Shearer.

Mentre l’Italia si fa mortificare nel proprio girone vincendo con la Russia, ma perdendo con la Repubblica Ceca, e non andando oltre lo 0-0 con la Germania a Old Trafford, dove Gianfranco Zola sbaglia anche un fondamentale calcio di rigore, gli altri posti disponibili per i quarti di finale vengono raggiunti anche da Francia e Spagna. Ci sono praticamente tutte le migliori d’Europa quando inizia la fase a eliminazione diretta e agli inglesi toccano gli iberici. E’ una partita complicata che termina a reti bianche. La Fifa, dopo averla sperimentata nei campionati europei Under 21 del 1994, conferma anche per questo torneo la regola del “golden gol”: chi segna per primo, nei supplementari, vince all’istante. E proprio l’Italia di Maldini a quell’Europeo beneficiò del provvedimento, segnando il 2-1 al Portogallo con Orlandini, rete che diede il trofeo agli azzurri. Questa volta non accade e Inghilterra e Olanda se la vedranno ai calci di rigore. Gli inglesi trasformano tutti e quattro i tiri con Shearer, Platt, Pearce e Gascogine, la Spagna fallisce con Hierro che quasi abbatte la traversa, e Nadal che si fa parare il rigore decisivo da Seaman. Quattro a due per gli uomini di Venables, che paiono non arrestare la propria cavalcata verso la finalissima. La Repubblica Ceca intanto fa fuori il Portogallo e la Francia elimina l’Olanda sempre ai rigori.

E così, in semifinale, il Dio del calcio non poteva che scrivere un prevedibile copione: a Wembley, il 26 giugno 1996 sarà di nuovo Inghilterra-Germania. I tedeschi hanno eliminato la Croazia vincendo per 2-1, ma due anni dopo i croati si prenderanno una strepitosa rivincita ai mondiali francesi. Chi scrive ricorda perfettamente quella semifinale e uno spudorato tifo in favore degli inglesi, per il sentimento anti-germanico. La partita, che avevo conservato sino a qualche anno fa in una videocassetta che chissà che fine ha fatto,  con grande colpevolezza, si sbloccò dopo appena un paio di minuti. Prima Ince impegna Koepke da lontano con un conclusione che quasi va a infilarsi sotto la traversa ma che il portiere tedesco devia. Dal successivo angolo di Gascoigne, in mezzo all’area troneggiò ancora lui: Alan Shearer. La sua schiacciata non diede scampo a Koepke per l’1-0. Prima della fine del tempo arrivò la beffa del pareggio di Kuntz, che costrinse le due squadre ai supplementari. Dove l’Inghilterra ebbe due incredibili occasioni per spuntarla con il golden gol: prima il palo di Sheringham dal limite dell’area piccola, poi, su un suggerimento di Shearer, Gascoigne interviene in spaccata sul pallone a porta sguarnita, mancandolo di pochissimo. Dovranno essere dunque necessari i tiri dal dischetto per poter decretare l’altra finalista, così come era accaduto nel pomeriggio nell’altra semifinale: a sorpresa, la Repubblica Ceca aveva eliminato la Francia proprio con i tiri dagli undici metri.
Se osserviamo il modo in cui sono stati calciati, potremmo proporli come guida per mostrare come si calciano i rigori alla perfezione. Tutti i protagonisti eseguono tiri angolati o ben indirizzati e quasi imprendibili. Solo l’attuale CT inglese, Gareth Southgate, calcia rasoterra e senza angolare la conclusione: Koepke para a terra e poi Moeller, ex Juventus, segnerà il tiro decisivo che porta i suoi in finale. Il sogno dell’Inghilterra è spezzato da chi trent’anni prima era stato privato del titolo Mondiale anche per quell’ormai storica rete convalidata a Hurst dove in realtà la palla non superò mai la linea di porta. Anche il sogno della Repubblica Ceca durerà lo spazio di una quarantina di minuti: dal rigore trasformato da Berger, sino al golden gol di Bierhoff dopo appena cinque minuti di supplementari.
In mezzo, il futuro milanista aveva siglato anche l’1-1. Il football era tornato a casa, quell’estate. Ma il trofeo di Euro ’96, intitolato a Henri Delanuay, prese la via della Germania.