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LORIS

“Gli anni d’oro del grande Real.

Gli anni di Happy Days e di Ralph Malph.

Gli anni delle immense compagnie.

Gli anni in motorino sempre in due.

Gli anni di “che belli erano i film”.

Gli anni dei Roy Rogers come jeans.

Gli anni di “qualsiasi cosa fai”.

Gli anni del “tranquillo, siam qui noi”.

Siamo qui noi”

 

“Ragazzi, vi ricordo che domani inizierà il primo ciclo di interrogazioni sulla storia del calcio. Casacca Loris, sarai tu il primo. A domani.”

E ti pareva. Studiare le nuove materie, soprattutto la storia, era più complicato del previsto. Ma, come sosteneva il professor Ramoza, “non puoi emergere in una disciplina se non ne conosci l’evoluzione”.

Fatto sta che, trascorse tre settimane dall’inizio, tralasciando le difficoltà didattiche, stavo ormai prendendo confidenza con il ritmo quotidiano della scuola.

Ore 6:30: sveglia ed esercizi di riscaldamento

Ore 7:00: colazione e preparazione

Ore 8:00: quattro ore di lezione. I primi tre giorni erano dedicati alle materie tradizionali (italiano, matematica, inglese, informatica, scienze, filosofia e diritto), mentre gli altri due alle specifiche del calcio (storia del football, tattica, alimentazione, tecnica)

Ore 12:00: pranzo

Ore 14:30: allenamento quotidiano

Ore 17:30: studio individuale

Ore 20:00: cena

Ore 20:30: ritrovo comune

Ore 22:30: rientro in alloggio

 

“Ei, Loris. Oggi ti va di andare al concerto che stanno organizzando i ragazzi di terza? Abbiamo la possibilità di poter sforare l’orario di rientro per l’evento, precisino.”

Filippo, non hai sentito? Devo mettermi a studiare.”

“Ma dai, il Real degli anni ’50 è la base. Facciamo un ripasso insieme pomeriggio e poi andiamo. Anche Agata si unirebbe…”

“E quindi?”

“Vuoi prendermi in giro? Il giorno dell’inaugurazione eri più emozionato a guardare lei che tutto ciò che offre il College.”

“Ma piantala! E poi, anche fosse vero, e non è così, io ci tengo alla scuola più di ogni altra cosa al mondo. Non ci rinuncerei mai.”

“Nemmeno per il più grande piacere della vita?”

“Che idiota. Senti, allora, se mi garantisci che oggi dopo l’allenamento studiamo seriamente, ci vengo. Ma se cominci a cazzeggiare mi chiamo fuori.”

“Agli ordini, capo!”

 

AMBRA

La professoressa Dinamica ci aveva suddiviso in due gruppi di lavoro per poterci allenare in vista della prima partita che avremmo disputato contro le ragazze del secondo anno.

Ambra, lavora di più sull’esterno. Hai dei buoni piedi per i cross, lavorati meglio quel settore di campo.”

Facile a parole, ma riuscire a trovare la collocazione giusta non era così banale come avevo sempre creduto. Solo ora mi era chiaro il concetto di “adattamento” spesso riportato su quotidiani e siti specializzati.

Ragazze, fermatevi tutte un secondo. Ho un annuncio da darvi. Mi è appena arrivata la comunicazione di conferma del match amichevole che disputerete tra dieci giorni, ma debbo avvisarvi che la Direzione ha deciso di modificare il vostro avversario. Giocherete contro le ragazze del terzo anno!”

Alla notizia, tutte le mie compagne cominciarono a guardarsi attorno e a borbottare. Sapevo già che il problema era…

“Giocare contro le “Players”. Non è giusto! È il nostro primo incontro, professoressa. Non sarebbe meglio evitare di incappare in figuracce? E poi, non sarebbe lecito illuminarci sulle ragioni che hanno portato a questo cambio repentino?”

“Ottima domanda, Grisanti. Ad assistere al match, infatti, giungeranno degli osservatori esterni di società di spicco del panorama nazionale per visionare i giovani talenti della nostra scuola e, dunque, si è preferito mostrare le matricole, ovvero il nuovo che avanza, contro coloro che a fine anno si avvieranno alla loro carriera esterna all’istituto.”

“Quindi, in sostanza, ci presteremo ad essere carne da macello affinché le “fantastiche cinque” possano mettersi in mostra. È davvero questo che deve essere il nostro battesimo? Un sacrificio per chi ha già la strada spianata? Non dovreste tutelarci, professoressa?”

Sonia Grisanti, non essere insolente! In qualità di capitano della squadra femminile del primo anno ti richiamo immediatamente ad attenerti al regolamento! Credi che a me piaccia questa idea? Io sono la vostra formatrice e per voi desidero il meglio. Avrei preferito di gran lunga un match meno duro ma se dobbiamo affrontare la terza… lo faremo. Credete che solo a voi possa bruciare la possibile sconfitta? E adesso, basta parlare. Torniamo al lavoro.”

Erano tutte stranite alla notizia, ma io no. Dopo ventuno giorni di scuola e allenamento, sapere di poter giocare una partita vera mi “gasava” di brutto.

Ambra, adesso ti è chiaro perché amo alla follia quelle ragazze? Tutti ne riconoscono il valore e ora ne hai avuto la dimostrazione.”

Giò, io credo che tu non ti sia resa conto. In primis, sono delle snob senza precedenti. In tutto questo periodo non hanno mai neanche accennato a una presentazione o un saluto. E poi, soprattutto, la scuola ci sta usando come riempitivo per renderle belle agli occhi dei professionisti che saranno in tribuna. Ed io non sono venuta qui per essere un esperimento.”

“Ho capito, ma cosa intendi fare? Non possiamo vincere, lo sai.”

“E chi lo ha deciso? Le visualizzazioni dei loro video da giocoliere hanno già decretato il risultato finale? Io sono convinta che possiamo abbassar loro le ali. E, secondo me, anche Sonia potrebbe essere dalla nostra parte. Sediamoci al suo tavolo stasera a mensa. Dobbiamo mettere a punto una strategia.”

 

LORIS

“Quindi, il grande Real Madrid cominciò la sua straordinaria leggenda vincendo la prima finale di Coppa dei Campioni contro il … il …”

“Il?”

“Il PSG!”

“Ma no, Loris! Contro lo Stade de Reims.”

Agata, mi sto sforzando in tutti i modi ma non è semplice.”

“Ma smettila, dai. Pensa a me che tra qualche giorno avrò la sfida con quelle di terza.”

“Aspetta, contro quelle…”

“Famose, esatto. Non è che anche tu sei attratto da loro, per caso?”

“Non ho tempo di pensare a queste cose. Sono alle prese con Di Stefano e Gento e ancora non mi entrano in testa un sacco di nozioni.”

“Ma rilassati. Tu sai come usare le parole e hai una dialettica invidiabilissima. Devi solo fare mente locale. È stata una corazzata, non puoi non riuscire ad appassionarti alle loro gesta. Vedrai che te la caverai.”

“Sì, ma il problema è che ho l’interrogazione domani! Domani, dico!”

“Ragazzi, piantatela di parlare di studio. Piuttosto, Agata, come è questa storia? Non dovevate giocare contro la seconda?”

“Guarda come è interessato il nostro Filippo alle avventure del gentil sesso. Lui, poi, ha una cotta per una delle “cinque”.”

“Non lo sapevo. Non mi dici niente?”

“Ma non è vero! Non starla a sentire.”

“Vuoi negare che ti piaccia qualcuna delle “Players”?

“Lo nego e lo sottoscrivo! Mi piacciono tutte senza distinzione!”

Il pomeriggio non era stato così fruttuoso. Cercavo di concentrarmi ma la scuola non era solo football come immaginavo. C’è molto di più, qui dentro. A partire da Agata. Va bene, almeno a me stesso lo devo ammettere: un pochino, un dito, mi piaceva. Non ero innamorato, io sono fedele alla sfera che rotola sui prati per cui sono venuto qui ma… quando parlava mi confondeva. E non perché non fosse brava a spiegare. Non so bene il motivo ma la trovavo così professionale, così preparata, così particolare sia quando pronunciava in modo così caldo Eintracht Francoforte, sia quando dalla sua bocca dolce fuoriusciva la parola Fiorentina. I suoi capelli nerissimi erano così disordinati come un 4-1-4-1 senza punti di riferimento, i quali mi prendevano in contropiede e mi lasciavano scoperto, rendendomi consapevole del fatto che avrei subito goal e che non avrei potuto effettuare alcun tackle per contrastare la ferocia di quell’azione.

Sai che c’è, Loris, forse è davvero il caso che stasera ti prendi una pausa: vai a mensa coi tuoi amici e poi dritto al concerto!

 

AMBRA

“Siamo sicure di volerlo fare?”

“Io non sto dalla parte delle “Players”. Chiaro?”

“Chiaro…”

Finalmente si era convinta. O, perlomeno, così speravo.

Sonia, ciao. Possiamo sederci?”

“Se proprio insistete…”

“Senti, so che sei nervosa. Volevo solo sapessi che io, anzi, che noi siamo dalla tua parte. Non intendo essere un burattino, lo sono stata fin troppo durante la mia adolescenza. Tu hai avuto molto coraggio a dire ciò che tutte pensiamo e volevo sapessi che se hai bisogno di due spalle su cui contare… le hai trovate.”

Rideva di gusto. Rideva così forte che i tavoli limitrofi si voltarono per cercare di comprendere i motivi di tanta ilarità.

“Scusate, scusate. Mi sono fatta prendere un po' da questa cosa. Cioè, è davvero un bel discorso. Lo hai preparato? Hai passato il pomeriggio a guardarti allo specchio e provarlo pensando di poter fare colpo su di me?”

“Ma io non voglio fare colpo su nessuno! È solamente quello che penso. Non hai capito proprio un bel niente. Giò, andiamo, abbiamo sbagliato proprio mira.”

“Aspetta. Aspetta. Impulsiva e determinata. Me ne ero già accorta durante gli allenamenti ma adesso che ti ho davanti ne ho una conferma. Sentiamo, perché mai vorresti che fossimo insieme in questa battaglia? Saremmo sole. Nessun altro sarebbe disposto a sostenerci.”

Perché ho un sogno. Devo dimostrare a me stessa, e non solo, che posso farcela, che non è tempo sprecato, che è la scelta migliore per la mia vita. Io so perché sono qui. Non voglio essere parte di una cerchia privilegiata, non mi importa esibirmi e mostrare ciò che non sono. Voglio dare calci ad un pallone e sfornare assist ogni domenica. E il primo della mia carriera sarà contro quelle bellezze con la puzza sotto il naso, ma mi occorre una bomber che sfrutti al meglio i miei traversoni. Credi di conoscere qualcuno in grado di cogliere al volo l'occasione?”

Mi guardava negli occhi. Avendo il medesimo colore pareva di potersi specchiare. Eppure, non era la tonalità cromatica ad accomunarci, ma altro. La stessa ambizione, gli stessi desideri, gli stessi istinti.

“Qua la mano. Noi tre saremo l’ossatura del primo anno. Da domani ci metteremo sotto e affineremo schemi e tecniche.

Stasera, però, sarà festa anche per noi. Ci vediamo dopo cena al concerto, ok?”

“Va benissimo! A dopo.”

Avevamo un accordo. Finalmente, le cose si facevano interessanti.

“Ambra, sei sicura che abbiamo fatto la scelta giusta?”

“Giò, è la cosa migliore che ci sia capitata nelle prime settimane di scuola. Adesso, dobbiamo solo metterci sotto. Soprattutto tu, in fase di marcatura, devi cercare di dribblare… mi stai ascoltando?”

Ambra…”

“Che c’è?”

Ambra, non può essere che sta venendo qui…”

“Ma cosa…”

Ambra…”

“Ciao ragazze, posso sedermi? Domanda retorica, ovvio che sì. Piacere, Carlo. Carlo Lesky. Vi va di unirvi a me e ai miei amici per il concerto?”

 

LORIS

“Ma che ha da ridere, questa?”

“E’ il capitano della mia squadra. E le altre due sono delle mie compagne. Staranno sicuramente parlando della partita contro quelle di terza.”

“Non avete scampo. Lo sapete, vero?”

“Ma piantala!”

“A, ecco che arriva il ritardatario. Noi abbiamo finito di cenare, esimio signor Casacca. Lei è atteso da una cena di lavoro?”

“Perché?”

“Stiamo andando a una serata musicale, non alla premiazione dei giovani talenti. Sei troppo elegante.”

“Veramente, pensavo…”

“Non dargli ascolto, Loris. Stai benissimo con la camicia.”

Bevi acqua. Distogli lo sguardo, non farti beccare. Ecco, bravo, fingi disinteresse, fai finta che questo complimento non abbia effetto su di te. Tu sei un duro, ti scivola tutto addosso.

Agata, cre-credi davvero che… che… che…”

“Si, perché non balbetti ancora un altro po'?”

Mi sa che non aveva funzionato. O forse sì, perché lei rideva. E non c’era cosa più bella al mondo di lei che rideva. Più bella anche del poker in finale di Coppa Campioni del 1960 di Ferenc Puskas.

“Ragazzi, allora, andiamo a ‘sto concerto?”

 

CONCERTO

“All you need is love. All you need is love. All you need is love, love. Love is all you need”

 

Il ragazzo con la chitarra che avevo visto il primo giorno ci sapeva proprio fare.

“Ti piacciono i Beatles, Loris?”

“Sai, diciamo che hanno segnato la musica in modo trasversale. Hanno un sound che, volendo, potremmo definirlo “pop” ma non nel senso dispregiativo del termine con cui ormai si etichetta chiunque non proponga una musica “aggressiva”. E poi, l’utilizzo del La6 come accordo mi ha sempre fatto impazzir…”

“Ma ‘sta zitto!”

Le sue labbra. Non… Non… io sono qui per un altro motivo. Non credo sia il caso di… va bè, domani interrogazione e doppia sessione di allenamento.

Adesso, Loris, baciala fino a domani mattina!

 

“All you need is love. All you need is love. All you need is love, love. Love is all you need”