Full Milan Jacket-  6° giornata della fase a gironi di Champions League  

Milan Liverpool 1-2 (Tomori 29', Salah 36', Origi 55')  

Sono amareggiato.  

Telecamere su San Siro ad introdurre lo show serale: Milan - Liverpool, sentiero obbligatorio per superare il girone di Champions League. Ora, non pensate di vedere San Siro per le riprese. Fate che l' orizzonte ripreso dalle telecamere sfoca ed arriva la mia sagoma in primo piano, anzi su un piano all'americana che mi riprende dal ginocchio alla testa. Improvvisamente si interrompono suoni e movimenti, sono solo io: un po' come la scena finale di Ray Liotta in tribunale in "Quei bravi ragazzi", quando lui spiega le dinamiche conclusive del film ed avviene la rottura della quarta parete. Va bene, io vi riporto alle parole del mister Stefano Pioli nel pre-partita di Milan Liverpool: "Ci è mancata personalità nei primi minuti ad Anfield, dovremo superare la loro prima pressione. In quegli spazi possiamo far male."  

 

E che partita è stata? Il Milan non ha spaventato minimamente il Liverpool. E non era un Liverpool versione Liverpool, ma un Liverpool Salah-Manè-Alisson ed 8 riserve special version. Un Liverpool con Klopp che ha approfittato della gara di poco valore per porre come titolari alcuni dei Reds più fuori dalle rotazioni. Ma Klopp non era venuto per perdere e, brutta notizia, Klopp non tifa neppure Milan. Se vincere aiuta a vincere, il Liverpool non aveva attraversato la Manica per non voler vincere. Non c'erano buone ragioni per non vincere. E non si dia per vero che il Liverpool dei tre astri ed otto riserve fosse una poltiglia di consonanti ammassate e sconosciute, belli e contenti di consegnare un passe-partout verso i sedicesimi di finale ai Ragazzi. Riserve o All-Star, quelli d'Inghilterra sono avanti nella preparazione fisica al caro Milan. A chi dà dello "zero" al Milan, sostenendo che il Diavolo non è alla pari di un Liverpool più tenerone, rispondo che un pensiero simile è irrispettoso. Perchè, comunque, ieri non era tanto il Milan, ma potrei definire il tutto come "quel che restava del Milan". Nessun cambio valido dalla panchina per raddrizzare i binari verso la stazione di Yuma, la recente mancanza sonora e semi-eterna di Kjaer, il mancante Calabria e Rafa Leao che più di tutti determina l'acquisizione dei feudi più profondi nelle terre avversarie. Il portoghese sarebbe stato l'Assente numero uno.  

E che partita è stata? (Ora sì che ve lo rivelo) Il piano partita, già dal primo tempo, si è schiantato su Salah. Tutto quello che aveva detto Pioli nell'intervista pre-partita. Schiantato, mal funzionante, inespresso. Il guaio nel Milan, un Milan che poi sarebbe dovuto essere intraprendente e ardito quanto Goffredo di Buglione in cammino verso Gerusalemme nella prima crociata, è stato non riuscire ad ottenere metri. Infatti, ibrahimović ha sofferto le marcature dinamiche ed affaticanti del gigante Red Konatè, Brahim Díaz tentava di spostare palla ma, in corridoi stretti e sorvegliati dagli araldi inglesi, andava incontro a palle perse o spallate. Nel secondo caso, anche frequente, si presentava l'ostacolo Makkelie, arbitro con una direzione di gara impeccabile sì questa volta, ma negazionista di ogni contatto e di tendenze favorevoli a mantenere il suo fischietto a riposo. Díaz è un talentino che non può agire tanto avanzato e nemmeno isolato come lapislazzuli nella sabbia, altrimenti finisce per rimanere abbandonato e diventa solo una ​​zavorra, ahimè. Nella gara di ieri Pioli chiedeva a Díaz di tagliare profondamente, di sfruttare la rapidità, ma Alegría non ha forza nelle gambe che gli permetta coast-to-coast feroci. Forse, bisognava sostituire Díaz anche prima del 60'.  

Il Milan era un cubo di Rubik dato in mano ad un bambino inesperto: il Diavolo è rimasto ancorato più volte sulle zone mediane di campo con il suo 4-4-1-1 bloccato. ​​​Il Re Leone Ibra e Díaz disinnescati, l'altro che aveva licenza di uccidere sarebbe dovuto essere Arroz e Pedras Messias. Il brasiliano non è mai davvero entrato nelle piaghe della partita, ha faticato. Ma non sarebbe responsabilità di un Messias arrangiatosi, porsi la squadra sulle spalle. Le spalle di Messias, un tipo che ha solo qualche partita giocata con il Milan, chiaramente spalle che non sono ampie come la cucina del Re nella reggia di Versailles.

E, proprio come un cubo di Rubik bloccato, che tu hai timore a girare le tessere perchè temi di perdere un paio di quadrati appena allineati, il Milan rimaneva agganciato senza riuscire a sgraffignare la profondità fondamentale per bussare alla porta di Alisson. Il guantone brasiliano così, affacciandosi allo spioncino, vedeva polvere all'orizzonte ma non scorgeva le sagome di avversari vicini. Perchè infatti erano lontanissimi, altrove, non nelle sue zone.

Il piano di Pioli si è schiantato su Salah, perchè, una volta che il Milan, forse sorpreso del mancante turnover dell'egiziano, si è trovato il fuoriclasse sulla fascia, allora ha rinunciato a muoversi in armi con tanti uomini. Il Diavolo è rimasto intimorito, Pioli stesso ha predicato prudenza. Chiaramente, lo stesso è accaduto sull'altra fascia con Manè e Cloruro Kalulu a fare un ottima guardia. Piuttosto che Díaz, gli scatti profondi e feroci sarebbero proprietà intellettuale di Theo Hernández. Non è che il francese non riuscisse a compierli perchè fosse arginato dalla psicopolizia orwelliana. Ripeto: c'era Salah che lo teneva fissato e timoroso. E poi, Salah o non Salah, Theo Van Gogh era ingiustificatamente immerso fuori dalla gara, dunque sbagliava appoggi e controlli di palla di quelli proprio fattibili, rimaneva pure congelato in occasione del pareggio di Salah.  

Il Milan segnava al 29' con l'unica vera occasione di tutto il primo tempo: un mucchiaccio confuso di maglie obbligano Alisson a respingere malamente una palla comparsa improvvisamente, come se la sfera facesse un cameo di fretta, Tomoei approfittava della marcatura a zona dei Reds e cambiava tre marcatori differenti sul corner, allora si avventava come un gipeto con ali aperte sulla sfera ribattuta, insaccava. Big Tomatoe, sempre in anticipo su Origi nel primo tempo, era particolarmente autoritario e logicamente più motivato delle solite domeniche, si appropriava delle proprietà altrui e, forse, disputa i suoi migliori 45 minuti in maglia Milan, nel primo tempo di ieri. E sul gol era lestissimo. Per il pareggio del Liverpool, era bastato ai Reds premere con un piede sull'acceleratore per 5 minuti, infatti dopo qualche paio di fiocine potenti lanciate verso Maignan, al minuto 36' Oxlade-Chamberlain si presentava all'​​​​ Ape Legnaiola Maignan con un tiro potente, non prima di aver superato seccamente un Kessiè impantanato e che nessuno gli fosse andato ragionevolmente incontro. Allora Maignan respingeva un po' corto, del resto il portiere francese ci ha abituato a questo tipo di riflessi fulminei, eppure nessuno dopo riusciva a muoversi, specialmente Theo Hernández fissava la palla rimbalzare come già espresso, Salah si avventava sulla sfera, scandendo il pari.

Per il terzo gol in ribattuta del giorno è necessario attendere la seconda frazione, un Tomori finora galattico si lasciava mestamente la palla alla destra, non agganciata. Manè scippava in motorino e cercava la porta, Maignan con una mano respingeva sulla testa di Origi che insaccava. Doccia fredda. Errore grave, ma giù le mani da Tomori! Primo errore della stagione, momento delicato ma... davvero, ce l'avete con Tomori?  

Il pressing alto del Liverpool era sempre presente, ma non era feroce come da tradizione. Non era un Liverpool che si addannava per recuperare palla. Anche perchè chi era alla costante ricerca del pallone, specialmente nel secondo tempo era il Diavolo. Ognuno tentava di mantenere la marcatura, ma tra sovrapposizioni e raddoppi necessari, spesso tutto saltava. Il Milan pressava meno forte degli avversari, ma soprattutto non gli stava dietro. Tonali si alzava spesso sul primo portatore di palla, Kessiè rimaneva più indietro e spesso finiva per marcare porzioni di campo vuote, dunque i palleggiatori avversari non tremavano più di una corda appena pizzicata di un quarto violino.  

Nonostante un Oxlade-Chamberlain con una mira particolarmente ispirata, al 65' uscivano Manè e Salah. Il Milan ha ragionato, ancora sballottato, su cosa fare. E da Madrid arrivavano notizie di un vantaggio degli uomini di Simeone sul Porto. Il tempo scorre, il Milan deve fare due gol ad un avversario che pare decisamente superiore. Poco importa che Kessiè si fa ipnotizzare da un Alisson che serra benissimo lo specchio di porta, o che Ibra non indirizza una rovesciata delle sue. Senza i suoi due astri d'esterni il Liverpool mette meno paura, ma il Milan non metterà mai davvero paura al Liverpool. Ed io avrei immaginato più spinta offensiva, onestamente.  

Non è bastato un Romagnoli per questa volta molto attento. Non è bastato il miglior Krunić della stagione, probabilmente anche delle ultime due, poiché ha mostrato spirito di sacrificio ed ha vinto numerosi duelli per il campo, completando un buon numero di passaggi. Non è bastato che un Milan tristemente decimato incontrasse un Liverpool in fase di turn-over. Non è bastata l'acclamazione costante dei tifosi da Milano. Non è nemmeno tutta colpa di Tomori che manda in porta il casus belli del secondo gol, Manè. È colpa del fatto che dovevi vincere. Invece hai giocato ad accontentarti di non subire rischi eccessivi, non indichiamo a gran voce gli errori nei gol. Il Milan non meritava di vincere. E non è disperato davanti ad una qualificazione da rincorrere. Avrei immaginato dalle strisce di colore sulle guance, come gli indiani d'America, perchè i nostri dovessero essere coraggiosi. Invece ci siamo preoccupati di non subire eccessivamente gli avversari. E quando giochi con Salah e Manè, e giochi sperando di limitare i danni, allora loro hanno tante occasioni e ti puniscono. Forse questo Milan davvero, non era abbastanza... ma, dovendo vincere assolutamente, si può essere contenti di un cubo di Rubik bloccato?

Ma perlomeno niente impegni per marzo. Niente Europa League...  

 

Damiano Fallerini