Tre punti d’oro quelli della Viola sul campo del Benevento. Che permettono di tirare una bocca d’ossigeno ad una classifica che si faceva sempre più deficitaria dopo una serie di risultati deludenti, non ultimo il 3-3 casalingo contro il Parma.

Con tutto il rispetto per i sanniti, ma presentarsi al Ciro Vigorito con l’acqua alla gola come appuntamento da non fallire per evitare di essere risucchiati nel vortice della retrocessione, rappresenta un'ingiustizia per una città come Firenze e la sua tifoseria tra le più passionali del panorama calcistico nostrano.
A fare da mattatore del mach è stato Dušan Vlahović. Il giovane arciere serbo che ha soli ventuno anni sta dimostrando di avere delle qualità enormi da futuro top player. È vero a Prandelli va dato il merito di averci creduto, quando il suo predecessore spesso lo metteva in ballottaggio con Cutrone o Kouame, ma il 3-5-2disegnato del tecnico di Orzinuovi non ne facilità certo le caratteristiche, lasciandolo spesso solo in balia delle difese avversarie.
Se la retroguardia gigliata appare abbastanza solida grazie ad interpreti di spessore come Pezzella e Milencović e non ultima la crescita esponenziale di  Martinez Quarta, che sembra aver superato ormai il periodo di ambientamento. Il centrocampo è troppo compassato a partire dagli esterni che oltre a fare il loro compitino di affondare e ripiegare sulla fascia mancano di imprevedibilità. In mezzo non se ne salva uno da Amrabat e Pulgar, che vanno troppo ad intermittenza a Bonaventura  troppo avanti con gli anni e fisicamente non sempre al meglio. Merita un discorso a parte Castrovilli che dopo il bel fatto della passata stagione ed una partenza super ha avuto una involuzione tattica notevole, cominciando a far dubitare sulle sue innate qualità. Tanto è vero che nelle ultime partite con buoni risultati è stato riproposto il francese Eyesseric, che era finito nel dimenticatoio da diverso tempo.
Il terzo goal di sabato sul finire del primo tempo, con lancio del portiere Dragowsky a scavalcare tutta la mediana ed il numero 9 gigliato a raccogliere ed involarsi di prepotenza verso la porta di Montipò è la riprova di tutto ciò.

Per quest’anno il dado sembra ormai tratto, ma se si vuol provare a salvare almeno il salvabile e togliersi qualche soddisfazione, non si può solo aspettare che si accenda il genio di Ribery, anch’esso un giocatore ormai sulla via del tramonto, ma bisogna essere più spregiudicati.
Giocatori di qualità bene o male ci sono e schierare a supporto del attaccante Serbo più uomini: magari Callejon insieme al ex Bayern, rispolverare Kouame oppure avanzado di qualche metro Castrovilli ed Eysseric non relegandoli al solito compito d’inserimento una tantum, potrebbe essere molto più di un azzardo.