Le dichiarazioni di ieri del Presidente dell’UEFA Ceferin hanno sancito la scarsa utilità del VAR, che non verrà dunque applicato nella prossima Champions League. Si tratta naturalmente di una questione di tempo, perché l’utilizzo della moviola nella gran parte degli sport e la popolarità del mezzo presso il grande pubblico televisivo ne imporranno, prima o poi, l’adozione anche nel mondo del calcio che conta.

Quella che però è partita in Italia (e in forma leggermente diversa in qualche altra competizione europea) è infatti una sperimentazione incomprensibile, largamente insufficiente e pilatesca. Insomma: la classica soluzione politica all’italiana. Nel tentativo infatti di non urtare la suscettibilità degli arbitri – in un periodo di elezioni sportive e non qualsiasi corporazione è utile più come alleata che come nemica – si è conferito il potere di chiedere la verifica video soltanto ai direttori di gara, ormai numerosissimi in campo e a bordo campo.
Questa scelta ha consentito la moltiplicazione dei ricchi gettoni di presenza a vantaggio della classe arbitrale, che ha compensato la fastidiosa possibilità di essere smentiti dalle immagini, come effettivamente è stato. Il che indubbiamente ha incrinato l’autorità e il potere degli arbitri, dimostrandone, semmai ve ne fosse stato bisogno, la fallibilità al pari di qualsiasi essere umano. In più, vi sono stati errori talmente grossolani e interpretazioni così grottesche da sollevare più di un dubbio in merito (quantomeno) allo stato di forma di qualche appartenente alla classe arbitrale.

Come al solito, infatti, in un paese corporativo e pigramente resistente all’innovazione come è l’Italia, si è depotenziata l’unica vera arma in mano al VAR: ovvero la possibilità che siano i primi protagonisti dello spettacolo (giocatori o allenatori, al massimo) a poter richiedere la verifica video. Sicuramente per un numero limitato di volte, come accade in altri sport, e lasciando sempre ai direttori di gara la possibilità di richiederla a loro discrezione o nel caso di errori madornali.

In assenza di tuto ciò, l’utilizzo accentrato del VAR che si è visto sino ad ora non ha fatto altro che dimostrare i due pesi e le due misure che accompagnano ogni giudizio umano: forte con i deboli e debole con i forti. Chiedere a Crotone, Cagliari o Benevento, per dirne alcune. O alla Lazio, che tra quelle di testa è sicuramente la squadra con meno investimenti da proteggere. Togliamo dunque al più presto questa foglia di fico: il Re VAR è già nudo.