Si è aggiunto un altro nome alla lista dei morti ammazzati per 'questioni sportive', che però 'sportivo' non hanno niente, a parte la localizzazione fisica (la vicinanza a uno stadio) e la collocazione temporale (prima, durante o dopo una partita di calcio).

Quando ci scappa il morto, i tifosi (?) responsabili dei fatti vengono giustamente chiamati con nomi più adeguati al loro comportamento, e 'delinquenti' mi sembra il nome perfetto, specie quando si leggono i dettagli degli agguati o si vedono le armi abbandonate durante la fuga. Però ogni domenica ci sono atti di delinquenza (lanci di oggetti, bengala e bombe carta tra settori 'avversari') ed è solo per caso che non ci siano vittime dirette o indirette di questi comportamenti, ma di questo ce ne accorgiamo solo leggendo le ammende del Giudice Sportivo alle società di calcio.

Purtroppo quelli che fanno casino dentro (e fuori) lo stadio, hanno dalla loro la logica del branco: siamo in tanti = siamo inattaccabili, e purtroppo questa logica viene confermata nei fatti.

Se ne fregano (direi giustamente, dal loro punto di vista) della giustizia sportiva, tanto cosa ci rimettono? Niente, loro fanno i 'delinquenti' (delinquente = è una persona che commette un atto anti-sociale ritenuto reato dalla legge penale), la società di calcio paga di tasca sua a causa della 'responsabilità oggettiva', e le persone che subiscono eventuali danni... si arrangiano (e magari non vanno più allo stadio). Come non bastasse, più fanno danni, più aumenta il loro potere ricattatorio nei confronti delle società calcistiche. Tessera del tifoso, biglietti nominativi, DASPO, ecc. si sono rivelati assolutamente inutili.

Il circolo vizioso deve essere interrotto in un altro modo, ma come?
Una soluzione da bacchetta magica potrebbe essere questa.
Punto uno: eliminare la responsabilità oggettiva delle società di calcio per i 'non tesserati'.
Le società non possono essere responsabili per le persone che non sono direttamente a libro paga. Chi va allo stadio (luogo aperto al pubblico) deve rispettare le leggi dello Stato, e lo Stato non deve delegare alle società (e quindi agli steward) la responsabilità di garantire l'ordine pubblico.

Punto due: gli stadi devono essere dotati di sistemi di controllo tecnologicamente avanzati.
Il proprietario di uno stadio 'omologato' deve avere un sistema che permetta di monitorare gli spalti e le aree di accesso, con telecamere controllate a distanza che permettano di arrivare a identificare ogni spettatore in ogni zona dello stadio, e di registrare le immagini.
I costi di questo sistema di sorveglianza devono essere a carico dei proprietari degli stadi che, nel caso degli stadi comunali, verrebbero girati alle società sportive quali affittuarie dello stadio.

Punto tre: il servizio di videosorveglianza durante le partite deve essere presidiato da personale della Pubblica Sicurezza.
Solo la PS ha il compito di garantire la sicurezza dei cittadini e può portare alla identificazione di chi commette reati e all'arresto in flagranza di reato. E dopo l'arresto in flagranza di reato, processo per direttissima, convalida dell'arresto e giudizio entro quarantotto ore dall'arresto. E poi, senza sconti di pena, chi ha sbagliato paga! 
I costi del personale di Pubblica Sicurezza impiegato devono essere a carico delle società di calcio, ma tra multe da non pagare per le intemperanze dei 'tifosi' e il possibile aumento di spettatori che oggi non si sentono sicuri per andare allo stadio, probabilmente le società ci dovrebbero guadagnare rispetto alla situazione di oggi.  

Pensare di risolvere un problema di 'cultura e rispetto degli altri' con la chiusura delle curve, qualche decina di DASPO e con multe alle società è una pura illusione ( o una volontaria bugia).

Un problema come questo, che può sfociare in casi di guerriglia urbana deve essere affrontato dallo Stato, studiando il caso dell'Inghilterra e del modo in cui ha combattuto (e vinto) la battaglia contro gli hooligans.

Tutti i discorsi che parlano di educare i giovani partendo dalle scuole saranno anche giusti e corretti per obiettivi a medio e lungo termine, ma oggi siamo di fronte a una vera emergenza, e come tale deve essere affrontata.